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rosy
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Inserito il - 03/06/2006 : 19:27:51
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Nel libro di Marchesini "post-human",mi ha colpito la questione della conoscenza intesa come potatura e non addizione di sapere,ovvero non come aggiungere quantità di conoscenza.Tutto quello di cui abbiamo bisogno,sembra ci sia già.Ora in ricordo del seminario tenutosi a Bari,credo il passato inverno,mi tornano in mente soprattutto i discorsi finali di questo,quando ci si è confrontati con gli studenti.C'era un atteggiamento ostile nei confronti della religione in quanto ha fortemente contribuito alla visione dualistica-cartesiana della vita a scapito di un approccio olistico.In proposito,oltre le accuse giuste per quel che riguarda gli estremismi della stessa religione,credo che la visione olistica dell'esistente non sia tanto stridente(perdonatemi la rima)con l'esperienza religiosa.Nel vangelo di Giovanni compare la questione del "mondare",ovvero potare,anche se è relativa al rapporto di dipendenza con Dio (Giovanni 15).La mondatura o potatura è un lavoro di Dio-uomo che richiede la predisposizione di quest'ultimo e che come tale è un movimento che l'uomo deve compiere su se stesso,un movimento fenomenologico-cibernetico in retroazione con Dio e col mondo.Mi chiedo,in questa retroazione ibridativa dell'uomo,perchè va esclusa l'esperienza religiosa?Al di là di ogni antropomorfismo.Il sacro,nel senso più generale,non fa anch'esso parte dell'ibridazione dell'uomo con l'alterità indefinibile?Non è anch'essa un'esperienza importante e reale nell'evoluzione dell'uomo,un uomo che è ancora in progressione anche quindi nell'esperienza religiosa?
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giofilo
2° Livello
Regione: Jamaica
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Inserito il - 03/06/2006 : 20:24:56
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Secondo me hai pienamente ragione...ma il tipo di esperienza religiosa di cui parli sembra tutto, tranne quella cristiano-cattolica (almeno quello che oggi è diventata). Ti riferisci a qualche religione in particolare? Se, come penso, non ti riferisci a nessun credo religioso, allora hai ancora più ragione: l'esperire l'alterità, il "radicalmente Altro", è qualcosa che è insito all'uomo, anche se è diventata un'esperienza più unica che rara. Ed è ciò che, a mio parere, sta alla base della filosofia. E' attinente a ciò che dici (mi correga prof. se sbaglio) il saggio di Roberto Mancini in programma nel corso di fdm di quest'anno...
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Biuso
Amministratore
Città: Catania/Milano
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Inserito il - 04/06/2006 : 18:14:57
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Anzitutto, cara Rosy, sia la benvenuta! Che lei si ricordi in questo modo di quel seminario barese, di Marchesini e di me, è davvero ragione di gratitudine.
Venendo alla questione che pone, in parte ha già risposto il suo collega giofilo. Io posso aggiungere che, almeno da parte mia, non c'era in quanto detto durante quel seminario la minima intenzione di sottovalutare (tantomeno disprezzare!) la dimensione religiosa della vita e dell'essere.
Se, come è giusto, il religioso non coincide e non si risolve nell'una o nell'altra confessione o Chiesa ma si esprime nella sacralità che tutto permea, io credo che nessuna dimensione sia più importante e pervasiva del Sacro.
E una delle tesi di fondo di Marchesini -il superamento della contrapposizione fra l'antroposfera e la zoosfera- è proprio espressione della unitarietà panteistica della Natura e della Materia.
Da parte mia, alle dimensioni dell'antroposfera, della zoosfera, della tecnosfera, aggiungo sempre quella della teosfera, la dimensione divina che permea le cose e che si epsrime in una ricca molteplicità di forme.
Se vuole, può leggere un breve articolo su questo tema che ho già segnalato e che ho scritto ieri. Lo può trovare qui: www.girodivite.it/Il-Serpente-e-il-Sacro.html
Grazie per il suo contributo!
agb «Nec ridere, nec lugere, neque detestari, sed intelligere» (Spinoza)
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rosy
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Inserito il - 04/06/2006 : 21:55:02
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Mi riferisco ad una religiosità non specifica,infatti uso spesso il termine esperienza religiosa.Quello della teosfera è una questione particolare e allo stesso tempo molto complessa,ma sembra che condividiamo l'idea di ibridazione anche con l'esperienza sacrale-religiosa.Lancio pacificamente una provocazione,ma l'uomo se continua nel perseguimento della valorizzazione di questa esperienza,nel tempo e nel corso della sua evoluzione diventerà un dio? Ho risposto al messaggio di JoeSerpe su "il serpente e il sacro" in "girodivite" e in un certo senso anche al rispettivo messaggio del prof. Biuso.Ringrazio di cuore il prof.Biuso per avermi segnalato a suo tempo questo sito e avermi accolta in questa "famiglia".Ho un ricordo molto vivo di quel seminario per la semplice ragione che è stato tra i più belli,se non il più bello,a cui ho assistito durante la mia frequenza della facoltà di filosofia di Bari.Non nascondo la speranza di rivederla per stringerle di nuovo la mano e assistere ad un seminario come quello passato. Grazie ancora
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quark
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Regione: Sicilia
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Inserito il - 06/06/2006 : 15:00:54
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A proposito di questo argomento, a me molto caro, segnalerei il saggio di Vincent Kenny, http://www.oikos.org/vincsacro.htm.
Propongo la lettura dell'ultima parte, apparentemente semplicistica ma a mio parere molto interessante.
"Questa estate ero in una spiaggia quasi deserta della Sardegna. Davanti a me c’era una piccola bambina che aveva appena imparato che poteva ‘camminare’ se, alzandosi in piedi, si buttava in avanti e con questo impeto iniziale poteva fare quattro o cinque passi prima di perdere velocità e cadere giù di nuovo. Era totalmente immersa in questa nuova scoperta del libero movimento. Continuava in questo ciclo di alzarsi, muoversi in avanti, correre e cadere di nuovo per alcuni minuti. Ad un certo punto la sua attenzione si spostò alle impronte nella sabbia lasciate dalle sue mani quando cadeva. Aveva fatto un’altra scoperta! Scoprì che battendo la sabbia con le mani poteva fare tanti tipi di affascinanti buchi e segni. Mentre era occupata con questa sua nuova scoperta, le onde arrivarono fino a dove lei era seduta e cancellarono tutti i segni. Un’altra scoperta!!! Di cosa era stata testimone?! Allora ripeté tutta la sequenza - correre, cadere, fare le impronte delle mani sulla sabbia - restando a vedere subito dopo l’acqua che arrivava e cancellava tutto. Meraviglioso!!! Corse ancora per alcuni passi e fece altri buchi. Di nuovo l’onda cancellò via tutti i suoi segni sulla terra. Corse di nuovo al punto precedente, facendo buchi, guardando l’acqua che cancellava tutto. Poi si mise a correre avanti e indietro tra i punti dove lasciava le impronte - come per cercare di conservare alcune impronte dalla cancellazione da parte dell’acqua. Continuò questo esperimento per alcuni minuti. Poi ecco qualcosa di nuovo!! Un pezzo di alga marina fu lasciata dalle onde. Lei lo prese in mano, guardando fissamente i suoi colori scintillanti e lucenti - dondolandolo avanti e indietro, catturando i riflessi del sole. Questo era troppo emozionante! Corse e cadde di nuovo sulla spiaggia dove erano i suoi genitori. Mostrò la sua emozionante scoperta, gridando dalla gioia, e facendola dondolare alla luce - ma sembrava che il padre avesse già visto alghe marine. Gliela prese dalle mani e la buttò sulla sabbia. Quindi la sollevò, la mise nel suo nuovo e coloratissimo salvagente, e la spinse nell’acqua per una attività balneare più appropriata. Quando smise di spingere, la bambina si rigirò nel salvagente verso la spiaggia, e spostandosi in avanti con grande sforzo, arrivò di nuovo sulla sabbia, si lanciò fuori dal salvagente, e corse dove l’alga marina era stata buttata. La riprese in mano, e questa volta andò da sua madre per condividere la sua emozionante scoperta. Questa volta la madre prese sul serio il coinvolgimento della figlia e si affascinò immediatamente della sua straordinaria scoperta. Più tardi io chiesi quanti anni aveva, e i genitori mi dissero che aveva appena 13 mesi.
Vi racconto questa storia perché voglio lasciarvi un’immagine del Sacro in azione. Questa bambina era in uno stato di Sacralità, essendo in grado di vivere spontaneamente la sua meraviglia di essere - al - mondo, scoprendo connessioni emozionanti tra sé stessa e tutto il mondo intorno a sé. Ognuno di noi aveva questa capacità di vivere nel Sacro prima che il linguaggio ci trasformò in umani - con - intenzionalità. Dopodiché siamo diventati ciechi all’opera del Sacro dentro il nostro essere. Se siamo fortunati, manteniamo la capacità di essere occasionalmente meravigliati e stupiti, dall’intero sistema in cui il nostro vivere è incastonato. La bambina che ancora non è entrata nel linguaggio, è libera di essere nel sacro spontaneamente. Noi, dall’altra parte della barriera linguistica, non siamo più liberi di fare questo - a meno che non siamo molto fortunati, e ci troviamo stupiti di fronte a qualsiasi fenomeno della natura. Dobbiamo fare sforzi impossibili per liberarci dalla morsa del linguaggio in modo da poter sentire la complessità sistemica del nostro vivere."
So di non sapere. |
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quark
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rosy
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Inserito il - 06/06/2006 : 22:32:24
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Quark, mi hai fatto tornare in mente un seminario autogestito da studenti dove un professore africano a interloquì con gli stessi.Egli disse che nel linguaggio della sua tribù,credo,o una cosa simile,il verbo essere e avere non esistono.Ti faccio un esempio,se vogliono esprimere l'dea che una certa "Maria è bella",non lo dicono in questo modo,ma dicono invece "Maria bella",il verbo non viene utilizzato,perchè vuol dire che la bellezza che si sta indicando non è dipendente dal mio giudizio.Se Maria è bella,lo è per se stessa in quanto sua qualità intrinseca e questa qualità non può essere rimessa ad un mio giudizio soggettivo.E' quindi nel linguaggio che avviene un'esperienza,in questo caso estetica,desoggettivante e nello stesso tempo essenziale.La sostanza della bellezza di Maria può essere espressa senza essere assoggettata al mio giudizio che pretende di dire ciò che è,e ciò che non è,invece in questo modo si riconosce una qualità,non dominandola nello stesso giudizio(di gusto in questo caso),ma lasciandola essere.
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Stanley
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Inserito il - 07/06/2006 : 15:52:02
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Secondo me la soggettività è implicita in ogni cosa che facciamo.Non dipende o meno dalla presenza di un verbo.Il corpo gronda di vissuto e permea ogni sua azione della succulenta erlebnis.Non sfugge a questa legge nemmeno il linguaggio che anzi ne risente in maniera notevole.
Stanley |
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quark
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Regione: Sicilia
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14 Messaggi |
Inserito il - 07/06/2006 : 21:37:30
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Concordo con Stanley riguardo il fatto che non è la presenza o meno di un verbo a rendere soggettivo il senso. Tuttavia "essere" e "avere" sono due concetti che condizionano fortemente l'erlebnis. In particolare, "avere" nella cultura occidentale odierna sembra essersi trasformato in sinonimo di "essere": io sono quel che ho. Credo che il giudizio estetico (Maria è bella, in questo caso) assuma una valenza soggettiva di per sè poichè il bello è l'oggetto del gusto e il gusto è principio di conoscenza sensibile. Omettere il verbo "essere" all'interno di un giudizio estetico significa negarne la predicabilità, la processualità ( essere come divenire), la comunicabilità e pertanto il rapporto tra chi percepisce e la cosa percepita. Credo comunque che le culture africane o tribali in genere, abbiano un'immediatezza, un contatto con il mondo che sa di terra, di nudità, di salutare povertà, tali da ricreare quell'armonia primordiale tra l'uomo e la natura in grado di permettersi d'annullare anche degli ausiliari grammaticali. Lo sviluppo dell'arte da noi ha reso il gusto più sofisticato, relativo. Ha capovolto l'idea stessa di bello (l'arte del brutto), rendendo tutto quasi incestuoso e per questo linguisticamente complicato.
So di non sapere. |
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Stanley
2° Livello
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184 Messaggi |
Inserito il - 08/06/2006 : 15:10:31
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Non sono del tutto d'accordo per quanto riguarda il concetto della "nostra" arte.A mio parere infatti essa ha sublimato il bello creandolo in forme differenti e nuove,e questo,sempre secondo me,è ben valso il rischio della relatività,perchè ha comunque garantito un rapporto simbiotico con le opere;rapporto di natura certamente differente rispetto a quello africano,ma non meno potente.Insomma ha creato una sorta di sacralità parallela che si situa al limite tra la trascendenza e l'immanenza.
Stanley
Edited by - Stanley on 08/06/2006 15:39:34 |
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rosy
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Inserito il - 08/06/2006 : 22:32:51
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Il linguaggio è sicuramente frutto di convenzione,ma credo che dietro a questa ci sia in realtà una verità di vissuto umano più autentico che è ben oltre le convenzioni linguistiche,cioè oltre le costruzioni del linguaggio. L'estetica moderna,iniziata principalmente con l'illuminismo,con quel rapporto parallelo tra trascendenza e immanenza che Stanley tu dici,ha portato a una disgregazione e decentramento del soggetto, perchè quest'ultimo avendo radicalizzato lo scarto,ha perso strada facendo il trascendente.L'uomo moderno ha ucciso Dio,e questo ci richiama al nostro Nietzsche,e così ha dato il benvenuto alla lunga notte del mondo.
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utente non registrato
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-410 Messaggi |
Inserito il - 09/06/2006 : 13:08:30
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D'accordo con rosy riguardo al "Maria bella". In due parole, (scusate ma ho fretta) giudicate altre culture, quindi altri modi di percepire la realtà e di rapportarsi con questa, secondo parametri occidentali che hanno ben poco a che fare con una cultura "primitiva"....e poi che c'entra l'estetica con argomenti che riguardano semmai l'antropologia?
______ dorotek82@hotmail.it |
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rosy
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Inserito il - 09/06/2006 : 23:51:47
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Per godot,non si giudica,ma si osserva e ci si confronta(leggi il mio penultimo post sopra scritto e ti renderai conto).Comunque anche il rapporto estetico non è derivante da una osservazione antropologica?
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utente non registrato
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-410 Messaggi |
Inserito il - 12/06/2006 : 11:21:56
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Mi riferivo precisamente a
Secondo me la soggettività è implicita in ogni cosa che facciamo.Non dipende o meno dalla presenza di un verbo.Il corpo gronda di vissuto e permea ogni sua azione della succulenta erlebnis.Non sfugge a questa legge nemmeno il linguaggio che anzi ne risente in maniera notevole.....
bè considerare il proprio vissuto e la propria esperienza come universale è un pò da ingenui, ...io voglio solo dire che non è impossibile che altre culture abbiano e facciano delle esperienze de-soggettivizzanti... per quanto riguarda l'estetica, mi è sembrato che non si sia parlato della cultura di quella tribù, ma con un salto si discuteva della Estetica occidentale moderna quindi....
cmq...una cosa che forse non c'entra....non vi sembra che nel nostro corso di laurea ci siano pochissime materie, anzi forse nessuna, che trattano filosofie "non-occidentali".... mi piacerebbe studiare qualcosa della filosofia orientale o che sò, restando in tema, il modo di esperire la realtà di altre culture....bè si parla da un secolo di de-etnocentrismo e noi studiamo solo pensatori occidentali.... che palle sto occidente!!!!!!!!!!! e la sua mania di onnipotenza
______ dorotek82@hotmail.it |
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Stanley
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184 Messaggi |
Inserito il - 12/06/2006 : 13:10:57
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Considerare la propria esperienza come universale è un paradosso,e nn intendevo dire questo.Mi trovi cmq d'accordo sul fatto che bisognerebbe approfondire lo studio delle culture orientali,snobbate da troppo tempo.
Stanley |
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rosy
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Inserito il - 13/06/2006 : 22:02:09
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Concordo l'idea che si debba dare spazio alle altre culture Orientali,ma visto i tempi(scusatemi il gioco di parole)sembra sia solo questione di tempo.Con questa globalizzazione infine si studierà,fra qualche generazione,nelle università Occidentali,ad esempio il cinese,e la cultura di questi paesi.Però pensandoci se c'è una cosa con cui possiamo "competere",competere si fa per dire,è proprio la stessa cultura Occidentale,intendo dire che in tutta questa omologazione l'unica cosa che non può essere replicata è la cultura e la storia individuale di ognuna di queste.L'unicità è nel sapere,nella nostra storia e forse,e ripeto forse,nell'esperienza religiosa,o l'esperienza religiosa in quanto esperienza,è comune fra tutti gli uomini?
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