digiu
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Inserito il - 10/11/2005 : 00:11:42
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Un vecchio vive da oltre dieci anni su una barca ancorata a largo e si guadagna da vivere affittandone le postazioni da pesca agli appassionati della domenica e leggendo loro il futuro per mezzo del suo arco. Con lui, a bordo, vive una sedicenne ch'egli ha trovato ancora infante e portato con sé; il vecchio infatti coltiva il proposito di prenderla in moglie al compiersi del suo diciassettesimo anno d'età. A pochi mesi dal fatidico giorno però, la ragazza s'invaghisce di un coetaneo che la esorta a tornare sulla terraferma per vivere quella vita alla quale essa ha tacitamente rinunciato restando sulla barca. In un bilico delicato di affetti e gelosie la ragazza saprà imboccare il cammino dell'equilibrio dei sensi, comunque non prima d'aver compiuto l'ultimo passo della sua formazione adolescenziale.
Ancora una volta il cinema di Kim Ki Duk si distingue per la completa adesione alla metafora come espediente narrativo, per la consueta unità di luogo e soprattutto per il costante e pervicace anelito dei protagonisti ad un'esistenza spiritualmente più alta rispetto a quella ch'essi semplicemente vivono nel silenzio delle parole e nell'eloquenza dei loro più piccoli gesti. L'arco del titolo altro non è che lo strumento simbolico in grado (non solo metaforicamente) di scandire la partitura della vita: arma di difesa oppure oggetto ludico e musicale, mezzo di conversazione che cambia di mano e quindi capace di stabilire un dialogo tra due generazioni che nell'intrico delle parole avrebbero potuto perdersi. In conclusione il film è ben lontano dallo splendore di Ferro3 e tuttavia al regista coreano occorre riconoscere, ancora una volta, un'abilità profonda nel dipanare matasse di sensazioni e stati d'animo con l'essenzialità di immagini e sguardi e con la parsimonia verbale: perfino l'amplesso e la deflorazione vengono rappresentati in chiave allegorica, esprimendo così "l'energia e il suono meraviglioso come il tendersi di un arco".
digiu.
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