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Inserito il - 05/12/2007 : 10:39:05
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Più musica in Ateneo | Venerdì ai Benedettini concerto del flautista Stefano Zorzanello
Prosegue il calendario di appuntamenti “Più musica in ateneo” organizzato dall’Ame in collaborazione con l’Università di Catania e aperto agli studenti universitari e delle scuole dell'obbligo. L’appuntamento è per venerdì 7 dicembre alle 11, all’auditorium “Giancarlo De Carlo” del Monastero dei Benedettini con il concerto del flautista Stefano Zorzanello, dal titolo “Introduzione al paesaggio sonoro”.
Musicista, compositore e studioso Stefano Zorzanello, vicentino, è molto legato alla Sicilia, nel 2004 ha fondato infatti a Catania, dove attualmente vive e lavora, il gruppo di ricerca “Sicilian Soundscape Reaserch Group”, con il quale ha iniziato un programma di ricerca dedicato al territorio siciliano oltre a collaborare con il Centro Culture Contemporanee Zo, dove ha allestito uno studio di post-produzione audio (Log-A-Rhythm Studio); mentre a Palermo collabora con l’associazione culturale Curva Minore per progetti di attività didattica e formativa.
______ circuiticulturali@unict.it
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Inserito il - 09/12/2007 : 10:52:10
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Non so se l'evento sia stato pubblicizzato adeguatamente, ma gli studenti universitari presenti si riducevano al numero di (indovinate quanti?) uno. Cioè me medesimo in mente e ossa (e orecchie). Gli altri erano tutti scolari di elementari e media inferiore e superiore. Pare strano che i filosofi non si interessino alla musica; soprattutto alla teoria musicologica, giacché alla fine questo incontro è stato un meraviglioso panorama su alcuni aspetti teorici, filosofici e pratici di certe esperienze della musica colta contemporanea. Zorzanello è stato chiaro, comprensibile anche per i bambini e tuttavia non ha rinunciato alla precisione del linguaggio (sia parlato che musicale) ed alla coltezza dei riferimenti e degli ascolti. Il paesaggio sonoro non è altro che tutto il suono che ci circonda nella quotidianità; dai trapani, all'acqua che scorre, alla musica nei supermercati e al canto degli uccelli. Un compositore, Shafer, ebbe l'intuizione di potere accordare questi suoni e renderli armonici, un po' come se si potassero delle aiuole o si mettesse in opera in piano regolatore. Ci sono culture che vivono costantemente questa integrazione sonora tra natura e cultura: Zorzanello ci ha fatto ascoltare delle registrazioni di una popolazione della Papua Nuova Guinea che ai colpi dell'attrezzo di lavoro col quale estraevano la farina dal tronco della palma fa alternare il canto delle donne che si modula sulla tonalità e sulla melodia del fischio di un uccello che si ode lì vicino. Meraviglioso! Ad un certo punto sembrava che le donne e l'uccello duettassero! Comunque, una bella occasione anche per ascoltare dal vivo un po' di musica contemporanea, dato che Zorzanello ci ha suonato un pezzo alla fine col suo flauto. I bambini hanno fatto un sacco di domande, alcune anche interessanti. Ho anche scoperto che la fontana di Piazza Duomo a Catania è stata realizzata anche come barriera acustica per le voci della pescheria! (Non lo sapevo, caspita!). Davvero ci vorrebbe più musica in ateneo. La filosofia non può mancare il duetto con la musica, duetto che dev'essere come la simbiosi miracolosa tra il canto della donna ed il fischio del pennuto.
Finché non lo fai tuo,/ questo "muori e diventa",/ non sei che uno straniero ottenebrato/ sopra la terra scura. (J. W. Goethe) |
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Inserito il - 14/12/2007 : 14:19:45
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Alcune brevi note sull’integrazione sonora tra il paesaggio sonoro e la musica creata dall’uomo. La musica ha sempre cercato il dialogo con i suoni che ci circondano; lo ha fatto tramite l’utilizzo dell’onomatopea o, più esplicitamente, inserendo suoni e rumori frammezzo le composizioni. Uno dei casi più interessanti è sicuramente Claudio Monteverdi. Nel suo Combattimento di Clorinda e Tancredi più volte la musica richiama non solo i moventi ed sottolinea i sentimenti; ma alcune volte mima il rumore delle spade (odi le spade orribilmente urtarsi) o degli scudi (cozzan con gli elmi insieme e con gli scudi). Qui siamo ancora nell’imitazione, neanche nella piena onomatopea. Cosa che invece sarà raggiunta da Beethoven nella sesta sinfonia, detta Pastorale e da Hector Berlioz nella Sinfonia Fantastica ove, nel terzo movimento possiamo ben distinguere i tuoni dell’approssimarsi di un temporale. Ma siamo ancora fermi alla riproduzione imitativa di suono, ad una sorta di onomatopea che ricalca il suono, come si farebbe in una poesia. Così sarà pure per Mahler in alcuni Lieder de Il corno magico del fanciullo e per talune composizioni degli Strauss (Il pipistrello è meramente mimetica; qualcosa in più v’è in Nel bosco di Krapfen). Un po’ diverso, per esempio, il caso di Gershwin che in Un americano a Parigi prescrive degli strombazzamenti automobilistici che ben si annodano alla melodia. Le vette più incredibili, tuttavia, sono raggiunte dai futuristi col loro “Intonarumori”. Godibili composizioni fatte di rumori che imitano alla perfezione suoni di macchine (automobili, treni, trasporti pubblici): queste composizioni hanno dell’incredibile. Infine giungiamo alla musica che più programmaticamente si propone l’integrazione sonora; ho già citato nel post precedente Shafer. Tuttavia, anche nella musica cosiddetta leggera vi sono magnifici esempi: su tutti l’incipit della splendida Money dei Pink Floyd. Sulla capacità mimetica, si pensi all’assolo sulle note dell’inno statunitense che Jimi Hendrix fece a Woodstock. Insomma, sembra vero che ormai la musica sia diventata tutto ciò che si ascolta con l’intento di ascoltare musica. Arriviamo così ai “terribili” rumori di talune correnti contemporanee, come l’industrial; i Nine Inch Nails distorcono, mischiano, inserisco colpi di tosse, di pistole, suoni distorti all’inverosimile. Insomma, è vero che i rumori danno fastidio. Pensate a cosa avrebbe detto il povero Schopenhauer che diceva di dover «denunciare come il rumore più imperdonabile e infame lo schioccare veramente infernale delle fruste nelle vie rumorose della città, che toglie alla vita ogni quiete e ogni raccoglimento» (A. Schopenhauer, L’arte di insultare, Adelphi, Milano 1999, pag. 36); e poi giunge addirittura a dire: «vorrei sapere quanti grandi e bei pensieri abbiano già schiacciato via dal mondo queste fruste con il loro schioccare» (ivi, pag. 38). Però l’orecchio umano probabilmente s’è dovuto adattare ai suoni ed ai rumori che sempre più pressantemente e sconclusionatamente ci circondano (pensa solo alla televisione quanto chiasso fa!). Allora l’integrazione sonora mi pare un tentativo di riappropriarci musicalmente di rumori che altrimenti farebbero fuggire ogni pensiero dalla nostra mente. La musica, sonoramente integrata, può ancora restituirci qualche pensiero.
Finché non lo fai tuo,/ questo "muori e diventa",/ non sei che uno straniero ottenebrato/ sopra la terra scura. (J. W. Goethe) |
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