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martedì 26 novembre 2024 ore 14:23:08
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laura
Nuovo Utente


Regione: Italia
Città: paternò


7 Messaggi

Inserito il - 03/02/2007 : 00:26:14  Mostra Profilo Invia a laura un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Ho appena sentito la notizia della morte di un commissario di polizia, in seguito all'esplosione di una bombacarta, lanciategli da qualche "tifoso", al termine della partita Catania-Palermo, nello stadio Cibali di Catania.Domenica un presidente di una squadra di calcio di terza categoria è stato calpestato da tifosi della squadra avversaria. In questo momento in tv politici e giornalisti stanno parlando della violenza negli stadi.Mi sono rifiutata di ascoltarli, di chiacchere ne ho sentite fin troppo,e per di più le loro sono totalmente sterili.Vorrei solo aprire una riflessione sulla violenza ,la violenza dell'uomo in generale.

Biuso
Amministratore

Città: Catania/Milano


2900 Messaggi

Inserito il - 03/02/2007 : 10:00:35  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Biuso Invia a Biuso un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Questione decisiva, quella posta da Laura.

Su quanto accaduto dentro e intorno allo stadio di Catania, dico solo che da ragazzo sono stato un tifoso accesissimo del Milan, una vera fede che però è crollata quando mi accorsi dell’uso politico che il nuovo padrone della squadra –Berlusconi- faceva dello sport. La corruzione nel mondo del calcio è diventata totale e pervasiva perché al suo interno gira una quantità enorme di danaro. Che un personaggio come Moggi venga invitato a tenere lezione in una scuola di Salerno è per me il segno pressoché definitivo della fine di ogni senso civico in Italia. A tutto questo si aggiunge la violenza sfrenata di soggetti criminali e teppisti che vengono tollerati –quando non incoraggiati- dalle dirigenze calcistiche. La prima cosa da fare è secondo me far pagare alle società i costi che la gestione dell’ordine pubblico comporta per le partite di calcio. Finché a pagare saremo io e voi –con le nostre tasse- le società non agiranno e anche questa ondata di indignazione passerà come tutte le altre. I dirigenti del calcio sono sensibili solo ai soldi. Ed è lì che bisogna colpirli: se pagheranno in solido, le società metteranno un argine ai cosiddetti ultras. In caso contrario, non faranno nulla.

Sulla questione della violenza cercherò di essere quanto più sintetico possibile, anche se è difficile! Perché la violenza dell’uomo contro altri uomini, contro le cose, contro la natura è così costante nel tempo, così presente nei contesti storici più diversi, così pervasiva della condizione umana? A una domanda tanto diretta e centrale molte etiche e antropologie della modernità rispondono con le varie forme del riduzionismo storico. Per esse, infatti, il male è qualcosa di contingente, nato nel tempo storico e quindi nel tempo storico superabile. E invece «la violenza è il destino della nostra specie. Ciò che cambia sono le forme, i luoghi e i tempi, l’efficienza tecnica, la cornice istituzionale e lo scopo legittimante» (W.Sofsky, Saggio sulla violenza, p. 193).
Se vogliamo capire, dobbiamo partire dalla corporeità che tutti ci accomuna, al di là delle differenze nello spazio, nel tempo, nella ricchezza e nell’intelligenza. La stessa società si fonda sui corpi e sul loro bisogno di nutrirsi e di difendersi. Il corpo è sempre sottoposto al rischio di diventare vittima della violenza altrui ma può trasformarsi esso stesso in un’arma tesa a distruggere gli altri. In effetti, chi volesse eliminare tutte le armi dal mondo, non dovrebbe svuotarlo solo di ogni oggetto ma dovrebbe trasfigurare l’uomo stesso in un ente incorporeo.
L’insieme dei corpi uniti alla difesa forma la società. Essa nasce insieme ai tabù, ai divieti, alle leggi tese a salvaguardare la comunità umana, a impedire la violenza della condizione di natura. E tuttavia la società genera un ordine che implica anch’esso l’utilizzo sistematico della violenza: «la violenza crea caos e l’ordine crea violenza. Questo dilemma è irrisolvibile» (Ivi, p. 5). Lo stesso potere nato per limitare la violenza, la innalza poi a livelli assoluti. Sta anche qui il vicolo cieco della storia umana.
L’insieme delle tecniche giuridiche, etiche, sociali, religiose tese a tenere la violenza sotto controllo è ciò che chiamiamo cultura/civiltà. In nome di valori come lo stato, la sicurezza, il dio, la violenza tuttavia si moltiplica, si radicalizza, giustifica se stessa come strumento del Bene, dell’Unità, della Giustizia. Dove dominano dei valori assoluti altrettanto assoluta si fa la violenza. La difesa del Valore sacrifica senz’altro le Vite e le immola a un principio più importante.

Corporeità, società/Stato, Kultur e utopia sono -quindi- intessuti di violenza. Una tale pervasività non può essere compresa né spiegata con motivazioni soltanto economicistiche, sociologiche, contingenti. La violenza, infatti, soddisfa alcuni dei desideri più specifici e profondi dell’essere umano. Ciò che di solito viene letto come espressione di patologie individuali, di fanatismo collettivo, di arretratezza storica, di lotta ideologica, ha alla sua radice l’illusione di onnipotenza che nasce dal dare la morte, dal sopravvivere agli altri. Lo scopo della violenza umana è in realtà la perpetuazione dell’atto di dominio con il quale il sopravvissuto gioisce dell’esserci ancora, esulta del potere assoluto che gli conferisce il dare la morte. L’abitare degli uomini fra bellezza e violenza, fra amicizia e ferocia, fra conoscenza e abbrutimento spinge a riconoscere che nella natura umana è presente qualcosa come uno scarto e una caduta.

L’universalità dei conflitti fra gli esseri umani è data soprattutto da tre fattori: lo spacing o mantenimento delle distanze tra gruppi culturali, il reperimento delle risorse necessarie alla sopravvivenza, il rafforzamento dell’identità tribale. Territorialismi, tecnologie belliche, diplomazie sono delle strutture funzionali a questi scopi. Sapere che alla base delle nostre emozioni ci sono dei programmi di comportamento innati, comuni a tutti gli uomini, costituisce una delle condizioni essenziali per comprendere fin dove e come sia possibile agire, senza inutili appelli moralistici come anche senza cinismi autodistruttivi. La violenza –difensiva e d’attacco- è contenuta nei programmi genetici di molte specie, comprese le scimmie antropomorfe e l’Homo sapiens. Ma anche l’arte, la curiosità, il gioco sono inscritti nei nostri geni. Noi possiamo tentare di diminuire il peso e la funzione della violenza gratuita a favore del gratuito gioco della conoscenza.

Il rifiuto della dimensione biologica si rivela solo un grave pregiudizio. Esso ostacola la comprensione dei fenomeni umani e impedisce la soluzione di molti problemi. E tutto a causa della «paura che ciò che è determinato per via biologica sia anche invariabile, incoercibile e incontrollabile» (I. Eibl-Eibesfeldt, Etologia della guerra, p. 169). Si tratta della «fallacia moralistica» di cui parla Steven Pinker – ed evidenziata da Davide Dell’Ombra in una sua bella recensione pubblicata su Sitosophia- per la quale «se si spiega qualcosa in termini biologici, lo si “legittima” (…) se si afferma che qualcosa è adattivo, lo si “nobilita”» (Tabula rasa. Perché non è vero che gli uomini nascono tutti uguali, Mondadori, p. 202). Sottolineando la culturalità della guerra e l’istintività della pace, Eibl-Eibesfeldt sfata questo pregiudizio e mostra la violenza per quello che è: un impulso innato ma funzionale e orientabile verso la creazione come verso l’autodistruttività. La scelta dipende da noi, dal coraggio della cultura.


Inserisco, infine, una sintetica bibliografia su questi temi:

E. Canetti, Massa e Potere, Adelphi 1981

K. Lorenz, L’aggressività, Mondadori 1990

I. Eibl-Eibesfeldt, Etologia della guerra, Bollati Boringhieri 1990

W. Sofsky, Saggio sulla violenza, Einaudi 1998

J. Diamond, Armi, acciaio e malattie. Breve storia del mondo negli ultimi tredicimila anni, Einaudi 1998

A.G. Biuso, Antropologia e filosofia (dal quale ho tratto alcune parti di questo intervento), Guida 2000

J. Hillman, Un terribile amore per la guerra, Adelphi 2005

Sono stato lungo –ahimé- ma vorrei che anche altri rispondessero alla domanda posta da Laura.

agb
«La Luce splende nelle tenebre ma le tenebre non l'hanno accolta»
(Jeshu-ha-Notzri. Gv, 1,5; 3,19)
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dval
Nuovo Utente



Regione: Sicilia
Prov.: Catania
Città: Catania - Milano


43 Messaggi

Inserito il - 03/02/2007 : 12:08:10  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di dval Invia a dval un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Se devo parlare di violenza il mio primo pensiero non va al calcio, al bullismo od alla guerra, il mio primo pensiero corre verso me stesso. Rammento molto bene quando alle scuole elementari un mio compagno, Mirko, iniziava, per motivi che ormai sfuggono al ricordo, la lite con gli altri bambini. Quelle liti finivano in un tutti contro Mirko a cui partecipavo anche io, e ho ben presente la sensazione di forza, di potere e di vita che provavo nel prenderlo a calci insieme agli altri. Vivido è anche il senso di umiliazione, debolezza e morte di quando fui io a prenderle, la voglia di rivalsa e il piacere di un cazzotto ben assestato.
Quelle stesse sensazioni però le ho provate anche giocando a calcio, vincendo le partite, o con la casuale riuscita di un bel gesto tecnico o ancora dopo essere stato vittima di una serie di tunnel mortificanti. Lo sport, con la sua corporeità, è forse l'attività umana (ma non dimenticherei il rapporto di coppia, con il suo continuo gioco di equilibrio e sopraffazione) che maggiormente permette di avvertire emozioni e sensazioni simili a quelle che provoca il commettere o subire atti di violenza, ma, e il prof. Biuso ha tracciato una mappa perfetta della natura umana, "anche l’arte, la curiosità, il gioco sono inscritti nei nostri geni. Noi possiamo tentare di diminuire il peso e la funzione della violenza gratuita a favore del gratuito gioco della conoscenza"


La democrazia dà la sensazione di poter scegliere. (Gore Vidal)

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Stanley
2° Livello


Regione: Italia
Città: Valguarnera


184 Messaggi

Inserito il - 03/02/2007 : 13:44:58  Mostra Profilo Invia a Stanley un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
La vera violenza è dimenticare, far finta di nulla o approfittare di una tragedia per il proprio tornaconto. Questa mattina a Piazza Spedini il mercato si è svolto regolarmente, forse con più interesse. Sul posto ancora caldo di sangue, saturo di vergogna e dolore, una "lapa" che vende verdure. A Catania il prezzo di un sacrifico vale una cassetta di cicoria

Stanley
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Stanley
2° Livello


Regione: Italia
Città: Valguarnera


184 Messaggi

Inserito il - 03/02/2007 : 14:30:42  Mostra Profilo Invia a Stanley un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Questa è violenza

Stanley
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Cateno
2° Livello

Città: Regalbuto


169 Messaggi

Inserito il - 03/02/2007 : 14:49:44  Mostra Profilo Invia a Cateno un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
La questione della violenza è tanto ineludibile quanto ardua. La violenza accompagna la vita di ciascuno in un modo tale da apparire necessaria. Pure se si fosse totalmente remissivi e pacifici, la violenza sarebbe subita.
La religione cristiana o, correggiamo il tiro, il messaggio evangelico offre una delle poche prospettive in cui questa remissività è accostata alla beatitudine. Gesù, Francesco d’Assisi e pochi altri hanno mostrato la “perfetta letizia” del venire bastonati. Filosoficamente ci avviciniamo a questi assunti tramite figure che ne sembrano distanti: l’anarca, Hamann (debbo quest’ultima scoperta al prof. Giuseppe Raciti). Mi vengono in mente anche gli stoici.
Come noterete, l’assunzione di fondo è la datità della violenza: essa c’è. Bisogna farne i conti con e su noi stessi.
Si possono fare mille ipotesi sul perché l’uomo è violento e non è certamente neutrale pensare che sia una questione di natura, di società, di cultura o tutte assieme.
Tuttavia (nonostante io sia convinto che la violenza, l’aggressività e altro del genere siano connaturati all’uomo), possiamo porci un’altra domanda: chi è violento?
Sembra facile rispondere: l’uomo. Ma chi è questo uomo? Io? Tu? Tutti?
Si parla spesso (o forse se ne parla e basta) di banalità del male. Conosco amici di mio padre che sono sicuro mi denuncerebbero in un regime berlusconiano; eppure oggi mi salutano con tanto affetto! Conosco gente rispettabile, che lavora, ha moglie e figli; eppure in misere partitelle si trasforma, urla cose incredibili agli arbitri, lancia oggetti, diviene violenta.
Questa discussione è cominciata a seguito degli scontri dovuti ad una partita di calcio. In quel poco di televisione che ancora guardo ho sentito dire: «Questi episodi di violenza non c’entrano con lo sport, non c’entrano col calcio».
Uhm… Forse che c’entrano con la letteratura cristiana antica? O con la fisica quantistica? O forse, ah sì!, con quest’inverno particolarmente caldo!
Se avvengono durante delle partite di calcio, mi debbo porre il problema! Perché proprio nel calcio? Perché non nel ciclismo o nel rugby (ovviamente stiamo parlando dell’Italia) o nel baseball?
Nella mia vita solo una volta sono stato allo stadio, per guardare una partita della Nazionale; e due volte ho visto la nazionale di pallacanestro, dato che praticavo questo sport e mi piace più del calcio (anche se a dirla tutta mi piace ancor più il ciclismo). Ma non sono più voluto andare allo stadio e non guardo neanche le partite in televisione; non è che non mi piaccia, anzi spesso gioco a calcetto con amici. Non mi piace stare dove c’è tanta gente; mi dà fastidio.
Perché, dunque, la violenza negli stadi? O anche al bar la domenica e il lunedì mattina? Il calcio è essere abbagliati dalla televisione. (E vabbè, il prof Biuso sarà un’eccezione! )
Un periodo andavo spesso ripetendo ai miei amici: «Che vi lamentate! Tutto è a posto! Tutto va bene! Basta che non ci assegnino un rigore contro!» A gran parte della gente possono togliere il pane di bocca o la libertà di parola (come si è tentato di fare… ogni riferimento è voluto) e non agirebbero affatto; ma se perde la squadra del cuore!
Si diventa violenti per accrescere la propria potenza; è il calcio è potenza! È l’indicatore di benessere, di forza, di ricchezza, di bellezza; il bimbo calciatore, la bimba velina! E l’arbitro è un cieco, un cornuto, un venduto (vero o non vero non fa nessuna differenza; anche perché se è vero poi chi se ne frega! Le cose vanno così! Come si dice: “né abbu, né maravigghia!”)
Se ai bambini dico che non tifo per nessuna squadra, sapeste come si meravigliano! Per loro è una cosa che ha dell’incredibile! Si deve essere tifosi! E ci si deve arrabbiare se la squadra perde.
Io sono tifoso perché sono violento; io sono violento perché sono tifoso. È un circolo da cui non c’è via d’uscita. Oppure c’è! Ma a chi importa? Le cose andranno semi-pacificamente per uno o due anni; poi di nuovo giù a lanciare motorino o far “morire” (le virgolette in questo caso indicano la realtà) di spavento qualcuno.
Io non tifo; io non guardo il calcio; io non mi arrabbio con gli arbitri (neanche quando gioco). Eppure io gioisco se faccio un gol (non succede quasi mai! Sono “scecco”); mi diverto alle partitelle; rido se sbaglio. Io non tifo.
Io gioco.


Finché non lo fai tuo,/ questo "muori e diventa",/ non sei che uno straniero ottenebrato/ sopra la terra scura. (J. W. Goethe)
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filologo
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Regione: Italia
Città: gela


5 Messaggi

Inserito il - 08/02/2007 : 17:12:55  Mostra Profilo Invia a filologo un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
la guerriglia di catania è solamente la punta di un icesberg frutto della oggi mal funzionate società in cui viviamo.Non passa giorno che non si senta dire dai tg nazionali e non, che c'è stato un fatto di cronaca. oggi assistiamo ovunque soprattutto nelle stanze dei bottoni a violenti scontri verbali; tutto ciò non fa altro che alimentare forme di violenze inutili e gratutite.
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klaus
Nuovo Utente


Regione: Sweden
Città: LIVORNO/STOCKHOLM


34 Messaggi

Inserito il - 09/05/2007 : 19:21:29  Mostra Profilo Invia a klaus un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
mi beccherò tantissime critiche ma ci passerò tranquillamente sopra.
per me l'episodio di catania merita ben altro che una sintesi di commenti come questi, però noi non siamo nella stanza dei bottoni e questo è tutto quello che possiamo fare!
secondo me la violenza DEVE ESSERE estinta col sangue di chi l'ha perpetrata! è il rimedio più antico, ma è sempre quello che funziona!

non vogliatemene. in realtà non ho mai avuto occasione di sperimentarlo e spero di non averne mai!


<< SANGUE CHIAMA SANGUE >>
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Cateno
2° Livello

Città: Regalbuto


169 Messaggi

Inserito il - 10/05/2007 : 15:47:31  Mostra Profilo Invia a Cateno un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
quote:
<< SANGUE CHIAMA SANGUE >>


Appunto...

Finché non lo fai tuo,/ questo "muori e diventa",/ non sei che uno straniero ottenebrato/ sopra la terra scura. (J. W. Goethe)
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bisca
Nuovo Utente


Regione: Italia
Città: Milano


20 Messaggi

Inserito il - 10/05/2007 : 17:45:17  Mostra Profilo Invia a bisca un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
klaus tu non pensi che se
quote:
<< SANGUE CHIAMA SANGUE >>

una 'soluzione' come quella da te consigliata non possa che incrementare il triste fenomeno della violenza vero?
e non credi neanche nella colpevolezza di che si abbassa al livello della persona che condanna?

"In questo era un genio, niente da dire. Sapeva ascoltare. E sapeva leggere. Non i libri, quelli son buoni tutti, sapeva leggere la gente." _da "Novecento" di ALessandro Baricco_
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klaus
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Regione: Sweden
Città: LIVORNO/STOCKHOLM


34 Messaggi

Inserito il - 12/05/2007 : 14:23:31  Mostra Profilo Invia a klaus un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
assolutamente NO mio caro Bisca!
vi ricordo che l'uomo è un organismo molto ben costruito, complesso, intelligente, sviluppato, ma resta pur sempre un animale (il peggiore degli animali perchè deteniene il potere della tecnologia)! e come tale continua ad avere dei comportamenti istintivi, dei bisogni primari e delle pulsioni (per usare un termine caro al nostro amico De Sade). queste pulsioni possono essere di vario tipo, ma io non ci vado nemmeno vicino ad essere uno psichiatra (anche se probabilmente dovrei consultarne uno negli ultimi periodi)perciò è inutile che parli di argomenti di competenza non mia. si parlava di VIOLENZA: io rimango dell'idea di prima. certo! la mia proposta è dichiaratamente sanguinaria ma io preferisco una nuda, cruda e mera realtà (nella quale comunque ci siamo già catapultati), ad una dimensione fintamente florida, ovattata che al suo interno nasconde mali ben peggiori di quelli del vaso di Pandora. Te Bisca che cosa avresti fatto all'assassino di tuo padre?? Voi che cosa avreste fatto all'assassino di un vostro caro????? Come avreste reagito?????????????

Personalmente non avrei fatto altro che applicare quella che si definisce LEX TALIONIS.

poi sarei finito internato da qualche parte,dopo però essermi liberato di un peso nella coscienza ed avere colmato almeno in parte quel vuoto (che in realtà resterà sempre incolmabile)nel mio animo.

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klaus
Nuovo Utente


Regione: Sweden
Città: LIVORNO/STOCKHOLM


34 Messaggi

Inserito il - 14/05/2007 : 16:18:15  Mostra Profilo Invia a klaus un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
...Bisca continuo ad attendere una tua risposta!









<< Se un Dio ha fatto questo mondo, non vorrei essere quel Dio: la miseria del mondo mi spezzerebbe il cuore >>
Arthur Schopenauer
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klaus
Nuovo Utente


Regione: Sweden
Città: LIVORNO/STOCKHOLM


34 Messaggi

Inserito il - 14/05/2007 : 21:40:33  Mostra Profilo Invia a klaus un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
...Bisca...LEX TALIONIS...
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