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 Il DNA e l'intuizione di Platone
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Stanley
2° Livello


Regione: Italia
Città: Valguarnera


184 Messaggi

Inserito il - 09/12/2006 : 16:39:38  Mostra Profilo Invia a Stanley un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Qualche giorno fa su "La Sicilia" il prof. Giorgio Montaudo ha scritto un interessante articolo di cui riporto i passi fondamentali:

Il DNA e l'intuizione di Platone

La genetica e le scoperte sui meccanismi della conoscenza



(...)ci sono due funzioni essenziali del DNA,non una soltanto.La prima,meglio conosciuta e universalmente accettata,è il trasferimento dell'informazione genetica attraverso le generazioni,per cui la specie diventa la protagonista della vita,a spese dell'importanza del singolo individuo.La seconda funzione(molto meno enfatizzata),riguarda il trasferimento della conoscenza acquisita dalla specie ai singoli individui.E' proprio il localizzare questa funzione(trasferimento della conoscnea)ne DNA,che ci permette di formulare una nuova teoria della conoscenza,di confrontarla con la speculazione filosofica precedemte e risalire alla brillante intuizione di Platone,all'anima greca.(...)L'aver stabilito che il trasferimento dell'informazione genetica avviene tramite il DNA,ci permette di postulare che lo stesso DNA venga utilizzato anche per il trasferimento delle nozioni acquisite dalle singole specie.A stretto rigore di logica,per poter postulare che il DNA sia il responsabile della trasmissione delle conoscenze,dobbiamo assumere che,tra le molecole coinviolte nel processo di riproduzione sessuale delle cellule(meiosi),il DNA sia la sola capace di codificare informazioni cognitive.In linea di principio,altre molecole potrebbero assumere questo ruolo,per esempio la membrana o gli enzimi cellulari,ma il DNA è di gran lunga il più probabile vettore per il trasferimento della conoscenza.Tuttavia i meccanismi reali del processo di trasferimento della conoscenza attraverso le generazioni,ci sono ignoti.Il luogo del DNA in cui sono depositate le informazioni,e soprattutto il "codice cognitivo"(come si passa da una informazione contenuta in un pezzo di DNA ad uno stimolo di pensiero)saranno i formidabili problemi di ricerca del futuro.(...)Il mondo non si può comprendere se ci si limita a considerare il singolo individuo.E' la specie che impara e trasmette l'informazione e la cultura al singolo.Questi la riceve in dono come conoscenza a priori.La vita è un processo cognitivo in cui la specie è impara e l'individuo eredita e beneficia.I singoli individui ereditano ciò che la specie ha appreso dacchè essa esiste.
Ciascuno di noi nasce con una scienza infusa,scritta nei geni.L'individuo si ritrova ad avere strutture mentali,nozioni ed istinti ereditati dai predecessori.Il meccanismo che mette in sintonia il nostro pensiero ed il mondo esterno,è il prodotto della selezione naturale.Ciò che per secoli è stato creduto un a priori metafisico si rivela un a posteriori filogenetico,frutto cioè della specie e dell'esperienza.La trasmissione dei caratteri erditari si estende fino ai prodotti della mente.Spazio e tempo,le strutture mentali che permettono l'accumulo della conoscenza,appaiono innati al singolo individuo,ma sono a posteriori per la specie.E' il DNA il vero protagonista della vita.Trasmesso attraverso le generazioni,coinvolto in una serie di rinascite senza fine,ospitato in ciascuno di noi,immortale fra noi mortali.Finchè la specie umana sopravviverà.


Ridurre l'a priori ad un'esperienza filogentica mi sembra abbastanza azzardato,e per quanto sia plausibile lo scenario proposto, mi sembra che l'autore si sia immesso in un circolo vizioso che non spiega l'a priori stesso della specie.Senza contare l'inutile(a mio parere) sacrificio dell'individuo sull'altare della specie.

Stanley

Cateno
2° Livello

Città: Regalbuto


169 Messaggi

Inserito il - 09/12/2006 : 19:25:46  Mostra Profilo Invia a Cateno un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Ma allora aveva ragione Borges!
"Ciò che fa un uomo, è come se lo facessero tutti gli uomini. Per questo non è ingiusto che una disobbedienza in un giardino contamini il genere umano; per questo non è ingiusto che la crocifissione di un solo giudeo basti a salvarlo. Forse Schopenhauer ha ragione; io sono gli altri, ogni uomo è tutti gli uomini"
(J. L. Borges, La forma della spada, in Opere, Mondadori, Milano 1984, pagg. 719-720).

Finché non lo fai tuo,/ questo "muori e diventa",/ non sei che uno straniero ottenebrato/ sopra la terra scura. (J. W. Goethe)
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Biuso
Amministratore

Città: Catania/Milano


2900 Messaggi

Inserito il - 10/12/2006 : 13:44:51  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Biuso Invia a Biuso un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Una delle probabili fonti di questo articolo è Konrad Lorenz. Per il grande biologo ed etologo, infatti, la percezione di sé, del corpo, dell’agire umano in un continuum spazio-temporale costituisce l’a priori di ogni comprensione del mondo e di ogni agire in esso. Con l’importante osservazione, però, che si tratta di un a priori per il singolo individuo ma di un dato evolutivo per la specie.

Lorenz definisce l’innato come un a-priori di tipo kantiano che rende possibile l’esistenza di tutte le modificazioni adattative a partire da strutture filogeneticamente adattate: «Per quanto si riferisce al comportamento, è innato non solo ciò che non è appreso, ma tutto ciò che deve già esistere prima di qualsiasi apprendimento individuale e che rende questo apprendimento possibile». (Evoluzione e modificazione del comportamento, Bollati Boringhieri 1994, pag. 64)

Riferendosi ancora a Kant e anche a David Campbell, Lorenz elabora una ipotesi gnoseologica che definisce realismo ipotetico e per la quale «tutto ciò che il nostro apparato conoscitivo ci comunica sulla realtà esteriore corrisponde a qualcosa di reale. Gli “occhiali” del nostro modo di pensare e di vedere, cioè i nessi di causalità e di sostanza, di spazio e di tempo, sono funzioni di un’organizzazione neurosensoriale sviluppatasi al servizio della conservazione della specie» (L’altra faccia dello specchio. Per una storia naturale della conoscenza, Adelphi 1996, pagg. 26-27).

Il comportamento umano come quello animale sarebbero quindi un’immagine dell’ambiente circostante proprio in quanto servono a vivere meglio (e a sopravvivere) in esso. I sensi e la ragione sarebbero il frutto dell’evoluzione filogenetica che le ha trasformate in un «apparato immagine del mondo» (pag. 29). Tutto il pensiero umano sarebbe, da questo punto di vista, un agire nello spazio immaginato all’interno del sistema nervoso centrale ma a questo spazio corrisponde poi di fatto la struttura spazio-temporale esterna e il pensiero prepara ad agire in essa con efficacia adattativa.
In questo modo, anche Lorenz contribuisce a superare il dualismo mente/mondo, soggetto/oggetto, a favore di una comprensione unitaria perché fondata sulla biologia, sulla profondità del corpo.

A proposito di geni e di costanti della natura umana, su girodivite.it ho inserito un articolo che affronta la questione delle cosiddette “unioni di fatto” da un punto di vista che utilizza concetti come desiderio, identità, tempo. Può quindi interessare in una prospettiva non soltanto politico-morale ma anche da quella (che qui più ci interessa) antropologica e mentale.
L’ho intitolato: «Ti amerò per sempre (ma non dipende da me) ».

agb
«Il tempo sembra essere presente in ogni cosa, sulla terra e nel mare e nel cielo»
(Aristotele)
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