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 Ragione e sentimento
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Biuso
Amministratore

Città: Catania/Milano


2900 Messaggi

Inserito il - 04/05/2004 : 13:36:46  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Biuso Invia a Biuso un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Ormai mi sembra di aver capito che avremo fatto un grosso passo avanti nella comprensione della mente quando accetteremo che i sentimenti siano parte assolutamente integrante della ragione. I livelli fisiologici di base, quelli apparentemente più modesti, del nostro organismo hanno una parte decisiva nella elaborazione delle decisioni e quindi della razionalità in atto. Affinché la razionalità possa operare nel concreto del quotidiano, è probabile che sia necessario il sostrato delle pulsioni biologiche, dei sentimenti interiori, delle emozioni corporee che tali sentimenti esprimono all’esterno. Anche quando compie le sue operazioni più formali, alte, specifiche, la ragione –insomma- non è mai pura.

La capacità di comprendere un evento, di collegarlo al più ampio contesto in cui accade, valutarlo e assumere delle decisioni, richiede la partecipazione attiva di tutte le facoltà psichiche -anche di quelle che definiamo sentimenti- e della loro base neurologica. (Ed è anche per questo motivo che l’Intelligenza Artificiale non è ancora riuscita a raggiungere l’obiettivo di far pensare le macchine, poiché tali macchine dovrebbero avere un corpo, sentire la vita, provare una qualche forma di emozione).
Ma in che cosa consiste –esattamente- la differenza fra emozioni e sentimenti? Le emozioni, -l’impallidire, l’arrossire, il battito cardiaco accelerato, l’immobilità prodotta dal panico e tanti altri fenomeni analoghi- costituiscono tutti dei segnali che il corpo invia alla mente. Con una bella ed efficace formula, Damasio scrive: «emotions play out in the theather of the body. Feelings play out in the theather of the mind » (Looking for Spinoza. Joy, Sorrow, and the Feeling Brain, Harcourt 2003, pag. 28.).

La passione per la ragione, che ci costituisce in quanto umani, ha dunque un fondamento biologico molto forte, che si origina nel cervello, si estende agli altri elementi dell’organismo, emerge in forma di inclinazioni e sentimenti, ci consente di adattarci all’ambiente e adattare l’ambiente a noi. L’insieme di queste strutture e di tali attività –esteriori e interiori, biologiche e comportamentali- è la mente. L’unione profonda di cervello, di corpo e di mente si situa, in ogni caso, sotto il segno di un limite inoltrepassabile, di una finitudine dalla quale siamo intessuti come lo è ogni altro ente che viva nello spazio-tempo.
Vi ho convinti? :-)


agb
È una vela la mia mente, prua verso l'altra gente, vento, magica corrente... (Battisti-Mogol)

Cateno
2° Livello

Città: Regalbuto


169 Messaggi

Inserito il - 08/05/2004 : 10:03:03  Mostra Profilo Invia a Cateno un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Be’, se devo essere sincero non mi ha convinto. Ma per un semplice motivo: è una cosa che ho sempre pensato! E precisamente perché consideravo questo: 1) personalmente non riesco e pensarmi in un qualunque momento presente, passato o futuro (a parte forse la morte) spoglio di qualche sentimento o emozione; 2) col variare di tali “affezioni” corporali o mentali cambia anche il nostro modo di vedere le cose o ragionare, un esempio su tutti: quando si è innamorati ogni cosa ci appare diversa; 3) in preda a stress o ansia o panico (pensate ad un esame quando dite: “non ricordo più niente!” oppure quando incespicate o non trovate le parole) la ragione è in qualche modo alterata; 4) quando, per esempio, di una materia diciamo che “ci piace” e ne proviamo gusto a studiarla la apprendiamo con più facilità. Non so, però, esattamente, cosa sono le emozioni o cosa i sentimenti; le emozioni, non vorrei aver frainteso il prof, ma se lo ho frainteso so che con la consueta e rara chiarezza mi correggerà, parrebbero dunque essere la coscienza che abbiamo delle modificazioni corporali, mentre i sentimenti sarebbero ciò che originandosi dal cervello si estende agli altri elementi dell’organismo. Oddio, spero di non aver combinato un patatrac! Stando a quanto ho capito, per esempio (e chissà perché prendo sempre questo come esempio) consideriamo un innamoramento. Io, come mi è capitato, vedo da lontano una leggiadra fanciulla e praticamente ho un colpo di fulmine. Ho scelto un colpo di fulmine da lontano così evito cause innamoranti strettamente biologiche quali odori e contatti. Comunque, me ne innamoro e questo sentimento, che plays out in the theather of the mind, provoca una serie di emozioni quali accelerazioni del battito cardiaco, rossore in viso e così via, che play out in the theather of the body. Ovviamente può accadere anche il contrario: cioè io parlo con una dolce pulzella e ne sento l’odore, poi magari le do la mano ecc, e tali emozioni mi provocano il sentimento dell’innamoramento. Spero di aver ben capito e che il mio sia un esempio pertinente!
Ad ogni modo, forse occorrerebbe una definizione di quella che chiamiamo ragione. Perché qualcuno potrebbe estremizzare questo coinvolgimento tra affetti e razionalità giungendo o forme di riduttivismo o eliminativismo razionale. I riduttivisti direbbero che la ragione non è altro che il concorrere di quegli affetti (per affetti intendo le emozioni ed i sentimenti senza distinguerli), siano essi passioni o sentimenti, di cui siamo coscienti e diremmo razionale solo ciò che risulti vantaggioso per chi, in balia di un sentimento o di una emozione preponderante, decide di agire in un determinato modo; costoro potrebbero, quindi, identificare del tutto la ragione con il vantaggio che ci procura un sentimento. Gli eliminativisti potrebbero dire che in realtà siamo sempre teatro di quegli affetti e che la nostra ragione non sarebbe altro che la coscienza di loro; di fatto, potrebbero affermare che un’azione sia solo il risultato di affetti senza interferenza di altro che non sia a sua volta un affetto e che l’unica cosa che presuntuosamente ci farebbe definire animali razionali sarebbe la pura ed in questo caso vuota coscienza; identificando razionalità e coscienza, la prima è una parola in più che dovrebbe essere evitata seguendo Okkam.
Il prof ha scritto: elaborazione delle decisioni e quindi della razionalità in atto. Trapela, sempre se non erro, la convinzione che la razionalità sia qualcosa di non totalmente identificabile con la “semplice” coscienza o con gli affetti. La razionalità mi appare come qualcosa di più di questo. Non voglio distinguere o separare nettamente razionalità e affetti, perché penso che non lo si possa fare ed altrimenti ciò che ho detto prima non avrebbe alcun senso. Però dobbiamo rendere conto del fatto che la capacità di reprimere, governare, capire (per quanto possibile) un affetto, di decidere azioni che per noi non sono vantaggiose, di avere qualcosa di più della nostra coscienza di qualche affezione, di calcolare un semplice due più due o l’intersezione della retta r con l’asse x, costituiscono la nostra ragione.


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Biuso
Amministratore

Città: Catania/Milano


2900 Messaggi

Inserito il - 08/05/2004 : 12:11:17  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Biuso Invia a Biuso un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Mizzica come siete difficili! Dovrei chiedere io dei chiarimenti a Cateno…ma cercherò lo stesso di continuare il dialogo.

- I primi quattro esempi che hai formulato sono molto efficaci e testimoniano della interazione profonda fra la funzione vitale che chiamiamo ragione e la funzione che definiamo sentimento.

- Le emozioni non mi sembrano tanto “la coscienza che abbiamo delle modificazioni corporali”, quanto le modificazioni corporali stesse. I sentimenti, loro sì, costituiscono la percezione delle emozioni collegate a una determinata causa. La ragione, a questo punto, potremmo definirla come la consapevolezza dell’accadere e del significato sia delle emozioni che dei sentimenti, inseriti entrambi nel flusso di memoria (e quindi di tempo) da cui siamo costituiti.

- Ed è per questo –per la dipendenza strettissima dal tempo- che, se ci fate caso, tendiamo a ripetere sempre gli stessi comportamenti davanti a emozioni e sentimenti simili. E quindi, per riprendere l’esempio (che non mi sembra proprio…casuale!) di Cateno, ci innamoriamo di volta in volta di soggetti diversi ma tendiamo ad adottare gli stessi atteggiamenti, sia quelli che ci favoriscono come anche quelli che ci danneggiano. Insomma, sappiamo che “comportarsi in un certo modo non serve a niente, non si va da nessuna parte” e tuttavia lo stratificarsi delle emozioni e dei sentimenti già vissuti ci spinge come una vera e propria forza fisica alla ripetizione del già stato. Il tempo è davvero tutto per noi, tutto.

- Scrivi che “occorrerebbe una definizione di quella che chiamiamo ragione”, come se fosse una cosetta da nulla…Qui posso solo aggiungere che –esattamente al contrario di ogni ipotesi riduzionistica- una fdm all’altezza del suo oggetto dovrebbe prendere atto della complessità dei livelli dell’umano –dal carbonio che costituisce la nostra chimica alla capacità di formulare le più ardite teorie matematiche e metafisiche- e cercare di comprenderli tutti invece di ricondurre ogni volta questa ricchezza a pochi livelli o persino a uno solo. Secondo me, in tali casi opera un [inconscio? :-) ] senso di inferiorità epistemologica rispetto alle scienze dure.

- Per tornare alla “ragione”, io credo che la capacità di apprendere ed elaborare i contenuti più formali, di saperli argomentare, di porli in relazione con ogni altra dimensione della realtà (mi sembra che la ragione sia tutto questo) sia una delle strutture dell’umano, autonoma ma anche strettamente unita al corpo, ai sentimenti, all’azione, alla socialità, al tempo.

Spero di non essere stato troppo oscuro. Eventualmente, sono qua.


agb
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