Cateno
2° Livello
Città: Regalbuto
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Inserito il - 24/04/2004 : 19:48:00
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Cose c’è di più triste, divertente, piacevole, di una coincidenza? In fondo, a ben rifletterci, sono solo avvenimenti quotidiani che si incrociano come tanti altri e cui noi, e questo dovrebbe farci riflettere ampliando l’ambito ad ogni nostra attribuzione di senso, assegniamo un particolare e tutto nostro significato. Un vecchio amore che per caso incontriamo in una vacanza, che so, in Cina; una foratura che costringe a piedi e magari poi scopriamo che a causa di un mega-ingorgo facciamo più lestamente da pedoni; un amico che ci dà da pensare e telefona proprio in quel momento e così via all’infinito come infiniti sono i casi della vita. Ma la coincidenza è senza dubbio un’arma comica sì di vecchia data, ma che se utilizzata con originalità ed intelligenza riserba sorprese e godimenti ilari difficilmente eguagliabili soprattutto perché apprezzabili senza particolari sforzi intellettuali (almeno dove non è riscontrabile un senso o anche un senso secondario, indiretto, perfino simbolico) e quindi fruibili anche a chi non ha grosse pretese. Tralasciando i criticabili casi di coincidenze abusate e prevedibili, giungo a parlare del mio oggetto: lui, dove la coincidenza si fa imprevedibile o, dove prevedibile, dalle conseguenze bizzarre e paradossali, dove l’ingenuità diviene pretesto per convergenze critiche inaspettate ed acute, dove una banana è lucida e forse non subito apprezzabile metafora di un dissanguarsi ed abbrutirsi per un nonnulla futile ed altrimenti raggiungibile, dove il riso, come avviene sempre nella grande comicità, si mesce al sorriso amaro ed a volte alla tragedia: parlo di Roberto Benigni. Le storie di Benigni sono storie semplici di individui quotidianamente straordinari: prendiamo Jhonny Stecchino ed il sosia Dante. Il sempliciotto Dante che, prima banale coincidenza, è identico, a parte il neo, al mafioso palermitano il quale si ostina a sostenere: “Nun me somiglia per niente”, prima di concedere: “Forse quaccosina, qua e là”; Dante, individuo normale ed eccezionale, che gioca alla “moglie del ministro” con gli amici, che frega l’assicuratore con la mano “dello zabaione”, che conosce quella donna di cui si innamora a prima vista. Dante ruba le banane, con un ingegnoso stratagemma; Dante arriva a Palermo e ruba una banana e giù che gli sparano con le mitraglie! E scappa dai carabinieri e si pente e gli restituisce il maltolto. Esce, incontra il giudice che lo rimprovera di essersi pentito e di aver restituito la banana perché lì “è un magna-magna generale”. E quello ritorna e trova il maresciallo che mangia la banana! Geniale! E poi va teatro e vuol comperare una banana e vuole pagarla, poveretto, e tiene in alto le cinquemila lire; ma non c’è tempo ed allora pensa di pagarla alla fine del primo atto. Si accomodo e allora tutti si sentono indignati dalla presenza del presunto mafioso ed allora cominciano ad urlare: “Lo abbiamo visto tutti, non fate finta di non averlo visto” e lui: “Va bene, volevo pagarla alla fine del primo atto ma se volete la pago subito!” e getta le cinquemila lire scatenando il panico! Ma vi rendete conto di cosa riesce a fare? Fa scappare la gente lanciando dei soldi! Cambiamo film: Il Mostro. Qui la coincidenza è perenne, tutto il film, forse come e più del precedente, è una coincidenza, anche se là è più palese. Ma chi c’è un’enorme ambiguità semantica, resa tale dalle coincidenza: se il vero mostro, innegabile, è il serial killer, il professore di cinese, Benigni incarna la “mostruosità” quotidiana di chi nulla fa e nulla vuol fare e si arrangia come può per campare, mentre le coincidenza aizzano la “mostruosa” folla assetata di vendetta. Sono le innumerevole e stavolta davvero tutto inaspettate coincidenze (che permettono al criminologo di definire il personaggio di Benigni “il Mozart del vizio”) che rendono l’innocuo ladro del nano Mammolo (straordinaria la vicenda di Mammolo!) un mostro agli occhi della polizia e delle masse. Ma dove l’arte della coincidenza raggiunge il culmine, dove la coincidenza è sempre delicata senza perdere di efficacia, dove la coincidenza spesso sposa la realtà crudele e terribile mostrando che al di là di casuali concatenamenti la vita è estremamente fragile e preziosa (forse sono quegli avvenimenti che dovrebbero ricordarcelo), è “La vita è bella”. La coincidenza è sempre lieve, perché lieve è l’amore che congiungerà l’amore dei protagonisti e perché lieve deve essere la vita di un bambino anche in mezzo al terribile sterminio. Benigni con le sue coincidenze recupera ciò che ogni giorno tendiamo a smarrire: la semplicità. La semplicità che non è riduzione spoglia e vuota, ma che è un sentimento genuino, è ciò che ha permesso a quell’anonimo che Benigni indica come il poeta più grande di tutti i tempi di dire: “I tuoi occhi sono delle stelle.” La semplicità, paradossalmente, a volte viene raggiunta dopo anni e anni di studi e riflessione; la semplicità è ciò che permette il complesso che non sia confuso e contorto. La semplicità è quella che Benigni accarezza quando qualcuno, come egli dice, gli fa il più bel complimento che egli voglio sentirsi dire: “O Benigni, quanto m’è piaciuto! Mi sono divertito: ho pianto tutto il film!”
Modificato da - biuso il 24/04/2004 20:30:33
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