Autore |
Discussione |
|
Biuso
Amministratore
Città: Catania/Milano
2900 Messaggi |
Inserito il - 04/05/2005 : 20:30:46
|
Su Repubblica di oggi vengono citati dei brani tratti dalla relazione di uno psicologo che non solo autorizzava ma chiedeva esplicitamente ai magistrati la concessione della semilibertà ad Angelo Izzo, sostenendo che ormai il massacratore del Circeo fosse diventato un uomo nuovo.
Ecco alcune delle affermazioni di questo professionista della psiche umana:
«Ritengo che il superiore organo giudicante possa a questo punto prendere in esame senza timore l'ipotesi della concessione di un permesso premio di riapertura a questo detenuto. (…) Oggi egli chiede, fiducioso, la riammissione al regime dei permessi premiali, consapevole di essere un individuo ormai completamente rinnovato e, in aggiunta, animato da una costruttiva volontà realizzativa pensando al suo futuro. (…) L'ho sentito del tutto sincero, nonché soprendentemente sereno, in questo suo aperto riconoscimento della tardiva acquisizione del senso di umanità e quindi dell'atteggiamento di accoglienza, di amicizia, di comprensione dei bisogni e di mutuo sostegno sul piano delle relazioni interpersonali. Del resto, nel caso in cui avessi dubitato della sua autenticità, le sue lacrime, alcune volte proprio non contenute nonostante lo sforzo di autocontrollo da parte sua, sarebbero valse a smentirmi". (…) Mi ha ringraziato affermando che, prima di me, mai uno psicologo carcerario, fra i tanti dai quali egli sarebbe stato seguito in quasi 26 anni di reclusione, anni trascorsi in molteplici istituti di pena, si era mostrato cosi rigoroso e circostanziato»
Quest’ultima frase indica dunque che una delle prove della radicale trasformazione del detenuto sono stati gli elogi rivolti allo psicologo, il cui parere Izzo sapeva essere decisivo per ottenere la (semi)libertà…
E spero che adesso i miei studenti capiscano meglio alcune delle ragioni del mio profondo disprezzo per la psicologia e soprattutto verso gli psicologi, i quali (con le debite eccezioni) costituiscono un gruppo di sedicenti "scienziati", la cui grottesca pretesa di scientificità fu conseguenza del più rozzo positivismo, un gruppo che alligna dappertutto condizionando in negativo le attività scolastiche, la vita delle famiglie, le speranze di tanti soggetti in difficoltà; un gruppo che ha da offrire solo la propria arroganza umana, ignoranza filosofica, la propria abissale lontananza dalla comprensione dell’enigma difficile che la mente umana è da sempre.
agb Sono figlio della Terra e del Cielo stellato (Lamina orfica di Hipponion)
|
|
grillo_pensante
Nuovo Utente
Regione: Italia
Città: Macerata
21 Messaggi |
Inserito il - 09/05/2005 : 15:11:26
|
Gli animali pazzi non durano molto. Non hanno alcuna possibilità di sopravvivena. Muoiono molto giovani, non hanno la possibilità di avere discendenza. Fra gli animali delle razze umane le cose sono molto diverse da quello che avviene in natura. Poichè i pazzi vengono avvevati normalmente e vi sono da sempre precauzioni di vario genere familiari e sociali, perchè possano raggiungere la maturità e procreare. Inoltre gli uomini pazzi hanno diverse possibilità di mimetizzarsi. Alcuni intraprendono la carriera artistica e generalmente le loro opere vengono ammirate soprattutto dalle persone sane di mente. Altri approfittano delle possibilità della politica e la loro particolare attitudine a muoversi oltre gli schemi li fa ritenere geniali dai sani di mente. Alcuni pazzi hanno avuto in tutte le epoche storiche la possibilità di divenire capi di Stato senza che le folle dei sani di mente avessero sospettato la loro situazione "disassata" e disastrata. Con l'avvento dei professionisti in psicologia e psichiatria si è raggiunto l'ottimo per i pazzi. In quanto queste fortunate categorie di pazzi scatenati, debitamente acculturati con pessimo investimento di risorse da parte delle famiglie d'origine, riescono a formare mafie potentissime. Al punto che sono i pazzi, pscicologi e psichiatri, che danno i "punti" agli uomini sani, e stabiliscono i pazzi quanto sono sani, i sani. Così, riproducendosi nell'agiatezza, modificando le strutture sociali a loro immagine e somiglianza, conquistando sempre maggiori spazi nell'intellighenzia, nel potere politico, nelle religioni, nella gestione dell'economia delle varie nazioni i pazzi risolveranno alla fine il loro conflitto con il resto dell'ambiente naturale. Suicidandosi insieme alle loro razze umane. I grilli non possono fare altro che aspettare. Mentre i grilli cantano alla Luna i pazzi stanno lavorando silenziosamente per loro. Prima o poi i pesticidi non saranno più un problema per noi grilli. Per questo cantiamo alla Luna e abbiamo fede. I vostri psicologi e psichiatri pazzi ci libereranno della vostra scomoda, nefasta e irragionevole esistenza.
|
|
|
grillo_pensante
Nuovo Utente
Regione: Italia
Città: Macerata
21 Messaggi |
Inserito il - 11/05/2005 : 23:13:17
|
Quanto leggo mi piace. Mi piace il coraggio. Il coraggio di dire e di esprsi. Per noi animali il coraggio non è una virtù eccezionale. Gli animali sono tutti coraggiosi. Hanno diverse strategie di sopravvivenza ma il coraggio è una componente essenziale sempre. Un animale senza coraggio muore. Diverso è il mondo degli uomini. Dove sopravvivono e fanno fortuna i vigliacchi. Fra gli uomini è diverso, sono i coraggiosi che hanno problemi. La loro società è impostata sulla menzogna, sull'appiattimento bigotto, o per lo meno sulla "prudenza". Per questo mi piace il prof. Biuso, non tanto perchè persona di cultura, non tanto perchè ripete in un sito aperto ai suoi discepoli i fasti delle scuole peripatetiche dell'antica Grande Grecia, non per questo, ma perchè è persona che dice. Dice ai suoi studenti, dice anche a me che non sono studente, dice di stare in guardia, di stare in guardia dalle mode, dalla pubblicità, dalla menzogna. .............. "E spero che adesso i miei studenti capiscano meglio alcune delle ragioni del mio profondo disprezzo per la psicologia e soprattutto verso gli psicologi, i quali (con le debite eccezioni) costituiscono un gruppo di sedicenti "scienziati", la cui grottesca pretesa di scientificità fu conseguenza del più rozzo positivismo, un gruppo che alligna dappertutto condizionando in negativo le attività scolastiche, la vita delle famiglie, le speranze di tanti soggetti in difficoltà; un gruppo che ha da offrire solo la propria arroganza umana, ignoranza filosofica, la propria abissale lontananza dalla comprensione dell’enigma difficile che la mente umana è da sempre." ............. Grazie prof Biuso. Grazie. Lei sa molto bene che per dire ci vuole coraggio, grazie per l'insegnamento. Al coraggio!
|
|
|
Biuso
Amministratore
Città: Catania/Milano
2900 Messaggi |
Inserito il - 28/09/2005 : 23:09:13
|
Solo oggi sono venuto a conoscenza di un articolo dello scorso luglio nel quale Galimberti descrive e critica ciò che chiama «etica terapeutica», e cioè il dominio degli psicologi e di una psicologia diventata strumento tanto pervasivo quanto potente di controllo sociale e culturale. =============================
Va via psicologia di Umberto Galimberti la repubblica - 2 luglio 2005
Dopo aver allentato i legami sociali e i vincoli affettivi,per l'esasperato individualismo ed egoismo che si va diffondendo nella nostra cultura, oggi incominciamo a pagarne i costi in termini di tragedie umane e di inutile dispendio economico. Se un bambino è un po' vivace e turbolento, magari perché è chiuso in casa e non ha spazi di gioco dove sfogarsi, o perché è bloccato in un'aula di scuola cinque ore al giorno con spazi ricreativi che si riducono a dieci minuti di pausa, invece di creare strutture dove possa esprimere il suo bisogno di muoversi, gareggiare, primeggiare, viene etichettato come affetto da un "disturbo da deficit di attenzione con iperattività" e, con questa diagnosi, inviato da uno psicologo o curato con farmaci. Se una mamma non ce la fa più a seguire i suoi bambini nel chiuso di un appartamento, dove il vicino è uno sconosciuto,in quella solitudine che le sequestra e le allena il suo corpo,il suo tempo, il suo spazio, il suo sonno, la sua vita sociale,e a un certo punto arriva, se non ad ammazzare il figlio,a crescerlo con aggressività o profonda stanchezza e demotivazione, invece di creare strutture educatlve, nidi,asili, scuole a tempo pieno, le si appioppa una diagnosi di "depressione" e la si manda da uno psicoterapeuta cui versa l'equivalente in denaro della retta di una struttura educativa, che consentirebbe al figlio di crescere bene socializzando, e alla madre di non perdere la stima di sé.
Ho letto recentemente sul Daily Telegraph che in America l'80 per cento della popolazione usufruisce di cure psicoterapeutiche (contro il 14 per cento negli anni '60) mentre il sociologo John Nolan, nel suo recente libro The Therapeutic State, ci informa che: "Negli Stati Uniti ci sono più psicoterapeuti che librai, pompieri, postini,e addirittura due volte più che dentisti e farmacisti. Gli psicologi sono battuti numericamente solo dai poliziotti e dagli avvcati". Società d'avanguardia come Whitbread Cable and Wireless hanno inserito l'offerta terapeutica nel contratto dei dipendenti, mentre altre forniscono ai propri licenziati assistenza psicologica, quando invece costoro avrebbero bisogno semplicemente di un nuovo posto di lavoro. Che significa tutto questo? Che le carenze oggettive (come quelle di spazi ricreativi per i bambini, di possibilità occupazionali per i carcerati, di un po' di tempo libero per le madri relegate in casa, di nuovi lavori per i cassintegrati e i licenziati) non sono più percepite come problemi cui dare risposta sul piano di realtà, ma, per le conseguenze dolorose che determinano, sono lette come disagi psichici da affidare alle cure degli psicoterapeuti o degli psichiatri. In questo modo si diffonde un' "etica terapeutica" che promuove non tanto l'autoreallizzazione degli individui, quanto la loro autolimitazione, perché, postulando un sé fragile, debole e in ogni suo aspetto vulnerabile, favorisce la gestione delle esistenze e delle singole soggettività. Queste, a poco a poco, si persuadono che i loro problemi non sono reali, e tali da poter trovare una soluzione in una diversa organizzazione della società, ma sono psicologici, e quindi da risolvere nel chiuso della loro soggettività. Il risultato è che i legami sociali, dove queste difficoltà potrebbero trovare soluzione, non vengono neppure presi in considerazione e, con una lettura perversa che induce a considerare le conseguenze dolorose di un disagio reale come problemi psichici dell'individuo,si favorisce la frammentazione sociale del singoli, sempre più isolati e chiusi nelle loro problematiche, da oggettive a soggettive, attraverso un tortuoso percorso che non porta alla guarigione ma all'alienazione.
Infatti, una volta persuaso di avere un sé fragile e vulnerabile, quindi bisognoso di un supporto, l'individuo finisce con il desiderare l'autorità terapeutica, che agisce in base alla premessa di essere la sola a sapere quali sono i suoi problemi e come si possono risolvere. Il vissuto di dipendenza che così si diffonde crea una società acquiescente e conformista: quanto di più desiderabile possa attendersi chi esercita il potere. Che sia questo lo scopo finale cui tende questa impropria diffusione dell'etica terapeutica? lo penso di sì. Non basta infatti il "pensiero unico" a creare omologazione e conformismo, occorre anche un "sentire unico", E cosa, meglio dell'intervento psicoterapeutico, è capace di persuadere che, siccome la società non si può cambiare, come recita quel pessimo vangelo che porta il nome di "sano realismo", a cambiare devi essere tu, con il sacrificio delle tue aspirazioni e dei tuoi desideri di autorealizzazione, perché più sei conforme e meno sei individuato, tutto funziona meglio, e non occorre investire per promuovere quelle strutture che favorirebbero la tua autorealizzazione, di cui nessuno ne sente la necessità?
Ma c'è davvero un futuro per società conformi e omologate che si dicono "libere", mentre all'autorealizzazione degli individui preferiscono la loro autolimitazione? lo penso di no. ==========================
agb Sono figlio della Terra e del Cielo stellato (Lamina orfica di Hipponion)
|
|
|
utente non registrato
Nuovo Utente
-410 Messaggi |
Inserito il - 07/12/2005 : 10:16:56
|
Gentile Prof. Biuso
Mi chiamo Gino, sulla rete Vertigo [ www.vertigo-ai.tk ], sono arrivato al suo sito tramite il link letto nel forum del portale del mio amico Alfa62 [ http://www.ultimo.135.it/ ]. Ho letto la sua "posizione" in relazione agli psicologi e vorrei dire un paio di cose. Dico subito che sono laureato in psicologia e, a volte mi occupo o "faccio" della psicologia ... dico "faccio della psicologia" e non "sono" uno psicologo perchè ritengo ci sia una differenza non da poco ... sono un essere umano (con tutto quello che questo può significare) che, tra le molte cose bellissime ed affascinanti che si possono fare su questa terra, si interessa anche di psicologia. Mi sbrigo anche a precisare che non mi sento e non mi sonoi mai sentito parte di una categoria, in generale, meno che mai di quella degli psicologi. Alla psicologia sono arrivato in qualche modo ... un po' per caso un po' per forza ... studiavo fisica all'università ... la fisica, il mio grande amore "intellettuale/culturale" dall'età di 15 anni ... poi però mi è toccato cambiare facoltà perchè la mia famiglia non Gentile Prof. Biuso
Mi chiamo Gino, sulla rete Vertigo [ www.vertigo-ai.tk ], sono arrivato al suo sito tramite il link letto nel forum del portale del mio amico Alfa62 [ http://www.ultimo.135.it/ ]. Ho letto la sua "posizione" in relazione agli psicologi e vorrei dire un paio di cose.
Dico subito che sono laureato in psicologia e, a volte mi occupo o "faccio" della psicologia ... dico "faccio della psicologia" e non "sono" uno psicologo perchè ritengo ci sia una differenza non da poco ... sono un essere umano (con tutto quello che questo può significare) che, tra le molte cose bellissime ed affascinanti che si possono fare su questa terra, si interessa anche di psicologia. Mi sbrigo anche a precisare che non mi sento e non mi sono mai sentito parte di una categoria, in generale, meno che mai di quella degli psicologi.
Alla psicologia sono arrivato in qualche modo ... un po' per caso un po' per forza ... studiavo fisica all'università ... la fisica, il mio grande amore "intellettuale/culturale" dall'età di 15 anni ... poi però mi è toccato cambiare facoltà perchè la mia famiglia non poteva mantenermi agli studi e fisica era troppo impegnativa nei corsi per essere seguita lavorando (all'epoca quando era ancora una facoltà seria a Roma). Così mi toccò cambiare facoltà se non volevo rinunciare completamente agli studi ... ero indeciso tra filosofia (l'altra mia passione) e psicologia ... scelsi la seconda anche perchè volevo mantenere un contatto con la parte "sperimentale" ... è così accaduto che mi sono laureato in psicologia ad indirizzo sperimentale e specializzato in intelligenza artificiale ... hanno fatto seguito alcuni anni di ricerca ecc... Scrivo queste brevi note introduttive solo per meglio contestualizzare ciò che ho da dire.
La psicologia, in particolare poi la psicologia italiana, ha tante di quelle incompiutezze e distorsioni che potremmo stare qui per un intero anno accademico ad organizzare conferenze, convegni e persino azioni di protesta ... in Italia gli psicologi sono stati capaci di mettere su un ordinamento tanto ridicolo quanto vergognoso con la sola reale e palese motivazione di creare l'ennesima lobby in un paese che, dal tempo del rinascimento, è abituato a strutturare il lavoro attraverso le corporazioni ... oggi poi c'è anche il neoliberismo e allora ... allora "ci si pari il sedere come si può" sembra essere diventato il motto della categoria degli psicologi :) Sarebbe però alla fine un gioco facile e forse abbastanza inutile perchè nessun campo del sapere (neanche la fisica) può pretendere di avere l'ultima parola da dire sulla conoscenza (scientifica e non) e sulla vita.
Le parla uno "psciologo" che ha fatto resistenza ad oltranza nella psicologia e di fatto (grazie a Dio e a me) campa di altro che di psicologia ... uno di quelli che con anni di tirocinio che non si è fatto mai riconoscere "formalmente" e pubblicazioni scintifiche non ha ancora deciso di sottomettersi al rito mafioso dell'esame di stato ... può quindi immaginare quante cose avrei da dire sugli psicologi e sul fare della psicologia ...
Credo però che il suo post ... con il suo "profondo disprezzo per gli psicologi" contenga parecchio astio che non contribuisce in nessun modo a comprendere come veramente stanno le cose ... ho sentito fare gli stessi apprezzamenti verso i "filosofi" da fisici e matematici ...
La cultura, il fare scientifico ... si portano avanti muovendo obiezioni su contenuti specifici (e ne avrebbe a non finire) e non con delle posizioni che suonano più come dei problemi di posizione personali che come delle posizioni intellettuali ... chiunque potrebbe assumere la sua stessa posizione nei confronti di qualsiasi altra "categoria" di iintellettuali, professionisti ecc... e così diamogli giù con i pregiudizi sugli avvocati, sui medici che lucrano sulle spalle della sofferenza, sui filosofi che riescono a dire tutto ed il contrario di tutto, sui fisici che hanno tolto ogni poesia e ricchezza alla vita ed alla natura (Feyerabend) ... dagli all'untore di turno.
Queste attività servono forse a passare il tempo o a gridare al mondo che "il mio è meglio" che non a fare luce e comprendere meglio come vanno le "cose".
Lei è un docente universitario e credo ha più di ogni altro la possibilità di esprimersi in "positivo" e di dire la sua ... in modo costruttivo. Il perchè sceglie di farlo in modo così inutile e distruttivo è qualcosa che può sapere soltanto lei.
Un saluto da un non-psicologo
Vertigo
______ gino.martorelli@learning-path.it |
|
|
nuit
Moderatore
Regione: Egypt
14 Messaggi |
Inserito il - 08/12/2005 : 20:55:03
|
Trovo questo scambio di opinioni interessante e potenzialmente costruttivo. Premetto che non ho una soluzione, e nemmeno opinioni decisive in merito. Ho notato negli anni, che la soluzione proposta (attivamente, e lo dico per esperienza personale) da alcuni psicologi e psichiatri a problemi di disagio sociale-personale, legato alla crescita, alla maturità, all'invecchiamento, è quella della pillola della felicità, perchè probabilmente stare ad ascoltare per 10 minuti i problemi di una persona e scrivere una ricetta medica su un pezzo di carta, costa menoche non iniziare una psicoterapia (a spese dello Stato) per gente che non ha mezzi per pagarsi lo psicologo (o la psicologa che sia). E ho notato che la classe medica si giustifica in tutti i modi possibili, tirando in ballo teorie che hanno dell'impossibile, per mantenere questo status quo della 'pillola della felicità'. Ho sentito perfino parlare di geni della depressione perchè se hai il gene malato tu produci poca serotonina e quindi sei depresso (un cane terribile che si morde la coda!), e non hai via di scampo senza medicinale (che, però, ti addormenta il cervello). Ho sentito fare questo discorso anche per le donne che hanno appena partorito (pillola anche a loro) e che allattano perchè la prolattina 'mangia' la serotonina e la donna vive quindi la depressione post-parto con pericolo di suicidarsi. Io mi dico: si sarebbero allora dovute tutte suicidare, le donne che hanno partorito? E mi rassicuro della forza insita nel mio essere potenziale partoriente pensando: ma se fino a 100 anni fa si tagliavano il cordone ombelicale con i denti! (Il fatto drammatico è, però, che io non vorrei vivere dovendo immaginare me stessa novella Rambo, per superare le contraddizioni della società in cui vivo, ma desidererei un ambiente circostante più tollerante, equilibrato, 'a misura'). Conseguenza è che la donna partorisce, ma per prevenire il male di vivere, le si somministra subito dopo la serotonina, così lei smette pure di allattare dato che non fa certo bene al bambino il latte+. In tutto questo voglio sottolineare come la depressione è una 'malattia' (che poi, ne sento parlare da 15 anni, e non ho ancora capito COS' E') se parli con un medico, è una possibilità di parlare dei tuoi problemi (se incontri uno/a psicologo/a bravo/a), e come essa diventa una questione anche ambientale per cui il lavoro per riprendersi dal dolore è lungo e non coinvolge solo noi come monade senza finestre, se incontri un illuminato/a. Il problema è che la casalinga depressa, la pensionata che ha perso la voglia di vivere, magari non hanno gli strumenti culturali o l'esperienza o la forza per scegliere, ma si mettono nelle mani del primo 'esperto' che capita. E se capita il medico che somministra prozac a go-go? Io per queste riflessioni sostengo l'importanza dell'informazione, e della cultura. E condivido per questo la fermezza della critica su un fatto di cronaca nera cui ci sono davvero pochi commenti da fare. Non solo nelle operazioni a cuore aperto, un medico ha la vita di una persona nelle mani. Questa responsabilità (sovrumana forse, e non tutti sono portati per sostenerne il peso) è anche degli psicologi, come è di chi ha il compito di educare altri a crescere, a pensare, e a realizzarsi il più possibile in armonia con se stessi e con l'ambiente circostante (qualsiasi esso sia). Lo psicologo ha strumenti (se è bravo) importanti e perchè no, potenti, entra nelle teste delle persone, e ha il potere di consigliare, di suggerire, di intravedere, di tacere. Anche in questo caso la vocazione deve quindi essere fortissima, decisiva, e l'etica personale e professionale, ineccepibile. Potenzialmente è un mestiere risolutivo, quello dello psicologo, e penso che potrebbe essere utilissimo. Se scisso dalle logiche di dominio, di potere, economiche. Ad esempio, tempo fa ho conosciuto un circolo di psicologi, che fanno il loro mestiere dialogando e parlando con le persone, e che come compenso vogliono pochissimi soldi, perchè nella vita hanno scelto di mantenersi facendo altri lavori, e lasciando la libertà (dalla contingenza materiale) alla loro amata professione. Si tratta di un'altra prospettiva, ma pur sempre possibile. Stesso discorso vale per il medico che va a curare le persone senza ricevere compenso. E' pur sempre l'uomo che fa la professione, e non viceversa.
Concludo con una citazione:
L'arte è lunga, la vita breve, il giudizio difficile, l'occasione buona passeggera (Johann Wolfgang Goethe)
nuit
|
|
|
V3RT1G0
Nuovo Utente
Regione: Italia
3 Messaggi |
Inserito il - 09/12/2005 : 10:44:32
|
Carissima Nuit
l'argomento è piuttosto complesso perchè ai problemi che la psicologia si porta dietro si aggiungono quelli di un neoliberismo che sta avendo delle ripercussioni pesanti su quasi tutti gli aspetti della nostra vita ... a proposito, consiglio qui a chi fosse interessato un libro molto bello scritto a due mani da un filosofo ed uno psichiatra, il titolo è "L'epoca delle Passioni Tristi" di Miguel Benasayag e Gérard Schmit (Feltrinelli).
In qualsiasi campo si esprima la nostra cultura e la nostra professionalità è evidente quanto sia fondamentale un'etica ed il riferimento a valori e motivazioni profonde ... credo sia piuttosto facile per chiunque pescare in giro abberrazioni dovute proprio ad una mancanza di riferimento a ciò che trascende tecniche e nozioni ... politica, salute, informazione, religione ... non esiste ambito della nostra società che non presenti dei fatti e degli episodi che a volte sanno dell'incredibile ... in comune, sempre, esseri umani incapaci di esprimersi per il bene collettivo oltre che personale.
Detto questo, per quanto riguarda la "depressione", come per qualsiasi altro fenomeno che si esprime attraverso il comportamento e lo gli stati mentali, è evidente che possiamo trovare diversi correlati fisiologici e chimici ... anche la depressione ha un suo quadro preciso di sostanze chimiche, attivazioni corticali e nervose ... da qui a dire che sia solo un problema di tipo "chimico-fisico" o un problema ti tipo "esistenziale" ce ne passa.
Bisogna poi dire subito che non esiste una "depressione" ma diverse "depressioni" ... a volte il trattamento farmacologico, se accompagnato da un buon lavoro su se stessi con qualcuno che può facilitarci la cosa, può essere una soluzione e portare ottimi risultati ... altre volte la cosiddetta "depressione" è solo il sintomo di un comune e sempre più frequente (basta vedere le statistiche) "male di vivere" ... e non vedo come potrebbe essere diversamente considerato il mondo e le società nelle quali viviamo.
In ogni caso non dobbiamo commettere l'errore di pensare che sia un problema solo e necessariamente di tipo "psicologico" ... molte cosiddette "depressioni" spesso rientrano grazie a profondi cambiamenti nel modo di percepire se stessi e gli altri, cambiamenti scaturiti da una buona "sinergia" di eventi che non hanno nulla a che vedere con una psicoterapia o simili.
Altra cosa che occorre dire è che spesso il lavoro psicoterapico consente solo di dare una bella ripulita e generale "imbiancata" alla nostra prigione, senza peraltro cambiare la sostanza della situazione ... la condizione di chiunque non sia abituato a vivere superficialmente è strutturalmente delicata ... diciamo che è una conseguenza che dobbiamo accettare di vivere se veramente crediamo in ciò che facciamo e sentiamo. Non so quanti di voi hanno la passione per l'alpinismo, ma è come decidere di andare a scalare una montagna ... possiamo prepararci a dovere, scegliere i nostri migliori compagni di cordata, accertarci delle previsioni meteo ecc... ma nessuno può firmarci una carta con delle garanzie di arrivare in cima e, a volte, neanche quella di riuscire a tornare a casa. Siamo noi che decidiamo di metterci in quelle condizioni, in relazione con noi stessi ed un ambiente, senza maschere e altri fronzoli ... dobbiamo accettare le conseguenze. Una cosa è sicura, qualsiasi cosa accadrà, a qualsiasi quota riusciremo a portare noi stessi e gli altri ... elevati, scopriremo di essere qualcosa di diverso da ciò che eravamo alcune centinaia di metri sotto ... a qualcuno questo è più che sufficiente per continuare a "scalare montagne" ... ad "elevarsi" :) ... la paura di morire (che c'è sempre) o ri ferirsi non è evidentemente sufficiente a fermarci :)
Prima di lasciarvi vorrei comunque far notare che la psicologia cosiddetta "clinica" non è l'unica psicologia ... e questa è un'altra deformazione culturale che la nostra società a volte finisce per formattarci addosso .... esiste la psicolinguistica, l'etologia, la psicopedagogia e molte altre aree del sapere, non ultima l'intelligenza artificiale e la natural computation, dove troviamo il contributo della psicologia senza dover necessariamente scomodare Freud e la tradizione "clinica" ... a chi fosse interessato alla cibernetica e all'intelligenza artificiale segnalo qui il mio sito www.vertigo-ai.tk ... troverete non solo alcuni degli argomenti ai quali ho accennato ma anche codice di esempio e sistemi di simulazione di società virtuali con agenti artificiali ... studi e simulazioni sulla evoluzione dei comportamenti cooperativi (o competitivi) ... insomma tutto quello che non è "clinica" :))
Un saluto e a presto
Vertigo
"Tra le crepe del raziocinio umano si intravede l'azzurro dell'Eternità" [Pavel Florenskij] |
|
|
Biuso
Amministratore
Città: Catania/Milano
2900 Messaggi |
Inserito il - 28/06/2006 : 17:08:09
|
Ho letto di recente un libro di Rita D’Amico dal titolo Le relazioni di coppia. Potere, dipendenza, autonomia (Laterza 2006, pagine XIV-176). L’Autrice utilizza due leggi fondamentali, elaborate nella prima metà del Novecento. La prima fu formulata nel 1921 da E.A. Ross, la Legge dello sfruttamento personale, la quale afferma che «in ogni relazione, la persona che ama di meno ha il potere di sfruttare la persona che ama di più»; la seconda fu proposta nel 1951 da W.W. Willer e R. Hill, che la chiamarono Principio dell’interesse minimo: «in ogni relazione, ha più potere la persona che è meno interessata a continuare e a mantenere la relazione» (entrambe vengono citate nella Prefazione di S.S. Brehm, pag. V). Di fronte a queste evidenze presentate come delle autentiche novità, si possono fare due riflessioni.
La prima è che la psicologia più profonda è la grande letteratura. I due princìpi appena ricordati, infatti, si possono ritrovare non solo all’interno della trama della Recherche ma anche esplicitamente teorizzate e discusse da Proust sia nella sua opera principale che in altre. In un folgorante racconto del 1896, L’Indifférent, leggiamo l’icastica formula «Si je ne t’aime pas, tu m’aime» e nel VI volume della Recherche il Narratore afferma che «les deux plus grandes causes d’erreur dans nos rapports avec un autre être sont avoir soi bon coeur ou bien, cet autre être, l’aimer». Nel testo di D’Amico la stessa esperienza è così sintetizzata: «è fuori dubbio che amare può diventare una fonte inesauribile di pene e sofferenze (…) In questo modo, e paradossalmente, è la capacità di non amare a diventare una risorsa molto più efficace della capacità di amare» (34). Per chi conosce davvero l’animo umano, come Proust appunto, in tutto questo non c’è niente di “paradossale”…
La seconda osservazione da fare è che anche questo libro conferma che cosa sia la psicologia: una pseudo-scienza delle banalità. Qualche esempio? «Di solito, più un uomo ama una donna, più sente il bisogno di essere amato da lei» (33); «i coniugi che hanno poche alternative risultano più impegnati nel matrimonio e più dipendenti dal partner rispetto ai coniugi con un alto numero di alternative» (24); «il partner più coinvolto è disposto ad accettare anche una condizione in cui offre molto all’altro, in cambio di un po’ d’amore» (34); «se il denaro ci consente di comprare tante risorse, c’è una risorsa che non possiamo assolutamente comprare, vale a dire l’amore sincero» (36); «esiste un legame molto forte tra potere economico e distribuzione del potere all’interno della famiglia» (72 e XIII); «se si pensa che a uno dei partner la vita al di fuori della coppia va bene, mentre all’altro va abbastanza male, il primo guadagnerà potere, mentre l’altro lo perderà» (80); «per evitare un conflitto con successo è necessario l’impegno da parte di entrambi i partner, mentre per scatenarlo è sufficiente che uno dei due prenda l’iniziativa» (97); «le mogli che lavorano lasciano il marito molto più facilmente di quelle che sono disoccupate o casalinghe» (129).
Si potrebbe aggiungere: “essere felici, amati e ricchi è preferito all’essere infelici, soli e poveri”…Queste grandi scoperte non sono da attribuire alla sola Autrice, la quale in realtà stende un onesto resoconto della letteratura “scientifica” sull’argomento, composta da migliaia di seriosi articoli, saggi, libri, molti dei quali riportati nell’ampia bibliografia (pagg. 151-174). Il libro conferma dunque tutta la banalità delle “scienze della psiche”, mentre la vera psicologia, il vero sapere sulla psyché è costituito dalla grande letteratura e dalla filosofia (anche dalla Filosofia della mente), che di tali tematiche si sono occupate da sempre.
Certo, qualcosa di interessante si può comunque trarre anche da questo testo. La tesi, ad esempio, di alcuni studiosi secondo i quali «gli uomini sono molto più dipendenti affettivamente dalle mogli di quanto lo siano le donne dai rispettivi mariti», tesi che comunque non convince l’Autrice (10); la testarda e tragica ripetitività dei conflitti di coppia, sia nei contenuti che nelle forme; le diverse strategie di lotta che uomini e donne mettono in atto.
Una evidente verità -in ogni caso e qualunque siano il contesto, i generi, i luoghi e i tempi- è che pur di ottenere la presenza, i favori, le parole dell’oggetto amato, un umano è disponibile a pagare prezzi anche assai alti «dal momento che, quando si è molto innamorati, non si riescono a vedere alternative valide al nostro oggetto d’amore» (34). Una sorta di scotomizzazione, infatti, di restringimento del campo visivo, rende l’Altro quell’essere unico nell’universo la cui perdita rappresenterebbe la conferma della nostra pochezza e della meritata pena dell’esistere, e il cui possesso –invece- ci regala l’istante della gioia, che è l’istante del potere. Nell’uno e nell’altro caso si tratta, è assai probabile, di fantasmi partoriti dalla nostra mente feconda e dal suo desiderio senza requie d’esser felice. Anche questa è una banalità? Certo! Ma proprio per questo non è necessario mascherarla coi panni di una falsa scienza che nei laboratori, nei centri di ricerca, col camice più o meno bianco, afferma di “scoprire” quanto saggezze millenarie sanno da sempre.
agb «Nec ridere, nec lugere, neque detestari, sed intelligere» (Spinoza)
|
|
|
|
Discussione |
|
|
|