Biuso
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Inserito il - 03/04/2008 : 12:13:26
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Copio parte di un testo di Vandana Shiva che mi sembra molto chiaro nell'indicare la sostanza dello sfruttamento dei popoli e della Terra, oggi, da parte dei grandi potentati economici.
Il primo contributo concreto che possiamo dare è non bere più CocaCola (se non lo evitiamo già per ragioni di salute...).
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L'appello di Vandana Shiva per il bene della terra di Ilaria Maccaroni - 31/03/2008 Fonte: Green Planet
Nel suo ultimo libro "Il bene comune della Terra", l'autrice indiana Vandana Shiva riprende nuovamente le sue tesi sui disastri economici, sociali ed ambientali prodotti dal neoliberismo e i suoi effetti devastanti sulle comunità rurali del pianeta. La novità stavolta è che di queste tematiche Vandana Shiva ne ha fatto un vero e proprio manifesto d'azione articolato in 11 punti intitolati "I Principi della democrazia sulla terra" da proporre a tutte le donne e gli uomini di buona volontà impegnati a scongiurare la guerra, a lavorare per la giustizia e lo sviluppo sostenibile.
(...)
La stessa politica è stata successivamente esportata nelle colonie, come ad esempio l'India. Qui l'agricoltura di sostentamento familiare o delle comunità locali ha subito lo stesso processo dei commons favorendo la divisione della terra e il suo impiego da parte delle multinazionali che hanno impiantato le monoculture sacrificando la biodiversità del territorio: è il caso della Monsanto, industria leader nella produzione degli OGM, Vivendi, Cola Cola e molte altre ancora.
Ed è proprio la Coca Cola l'esempio forse più paradossale. Le lattine della bibita più famosa del mondo vengono prodotte impiegando le fonti di approvvigionamento idrico delle comunità locali indiane e sottraendo a queste la maggior parte di tali risorse a livello locale. Mediante le licenze utilizzate dall'impresa, i pozzi d'acqua vengono progressivamente impiegati e prosciugati. Nella comunità di Kerala, famosa per la vittoria ottenuta dalle donne per lo smantellamento di uno stabilimento d'imbottigliamento di proprietà della multinazionale, le quantità d'acqua estratte erano così elevate al punto che il livello freatico del sottosuolo si era abbassato fino 150 metri sotto terra prosciugando i pozzi d'acqua presenti nelle vicinanze e consumando l'acqua potabile disponibile per l'uso domestico e l'irrigazione dei campi. Alcuni rifiuti abbandonati all'interno dello stabilimento avevano tra l'altro inquinato i campi coltivati circostanti, rovinando i raccolti e inquinando i corsi d'acqua. A quel punto, le autorità locali avevano dichiarato l'acqua di Kerala non potabile, cosa di cui le donne erano perfettamente a conoscenza ma ci vollero anni di manifestazioni, petizioni e sit in di protesta per autorizzare la chiusura dello stabilimento.
Quest'ultimo, dice Vandana Shiva, è solo uno dei 76 che la Coca Cola possiede disseminati in tutta l'India e chissà quanti altri ancora in giro per il mondo. L'esempio di Kerala è illustrativo degli effetti della globalizzazione: la trasformazione delle risorse e delle persone in mercanzia e il loro conseguente sfruttamento. Nella sua analisi l'autrice non tralascia neanche il genere, ponendolo anzi al centro del sistema di sfruttamento globalizzato. Così come le donne vengono asservite e rese dipendenti dagli uomini, allo stesso modo lavoratori, lavoratrici e risorse ambientali lo sono ad opera dei potenti. Il paradigma di assoggettamento donna-uomo non è niet'altro che l'anello originale di una catena che si perpetua al di fuori delle mura domestiche, investendo la sfera pubblica e, oggi, il pianeta intero.
da Rivistaonline.com
agb ««Per lætitiam...intelligam passionem qua mens ad majorem perfectionem transit» (Spinoza, Ethica, III, XI, Scholium)
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Cateno
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Inserito il - 03/04/2008 : 15:02:23
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E' sconcertante come per i nostri porci comodi calpestiamo, affamiamo e riduciamo alla sete chiunque non sia in grado di opporsi. Mi sa che da oggi in poi non berrò più CocaCola (per questioni di insalubrità già mi basta ubriacarmi ).
Finché non lo fai tuo,/ questo "muori e diventa",/ non sei che uno straniero ottenebrato/ sopra la terra scura. (J. W. Goethe) |
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