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Inserito il - 18/11/2007 : 20:04:45
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Antonello da Messina. L’Annunciata Milano – Museo Diocesano Fino al 25 novembre 2007
È una bella idea quella del Museo Diocesano di Milano che periodicamente ospita un capolavoro dell'arte europea, lo presenta storicamente e tecnicamente, ne permette la fruizione a tante persone.
L’Annunciata di Palazzo Abatellis (Palermo) è uno di quei dipinti che sembra provengano da una sapienza altra, nascosta. Certo, Antonello deve moltissimo ai fiamminghi (che furono grandi davvero); le analisi mostrano la stratificazione del quadro, con numerosi ripensamenti e modifiche anche radicali (dallo sguardo della Donna, assai triste in una prima versione al mignolo della mano destra, in origine troppo lungo) e il rapporto con le altre opere di Antonello di soggetto analogo. Il risultato che possiamo guardare è, comunque, davvero fuori dell’ordinario e coniuga elementi apparentemente opposti: la fissità di uno spazio assoluto e la torsione della Donna, che sembra spostarsi di un moto lento e perpetuo; la perfezione geometrica delle ellissi e dei triangoli con il calore di questo sguardo sin troppo consapevole e sicuro di sé; il vento delle pagine sul leggio mosse dalle ali dell’Angelo e la tensione verso un altrove metafisico. Verità e illusione si intrecciano a dire che cosa sia l’arte, il puro prodotto della mente, un artificio che appaga il bisogno umano di vedersi specchiati nelle proprie opere.
Il Museo che ospita questa tavola è stato creato negli ultimi anni, dopo decenni di abbandono del luogo –tra le Basiliche di Sant’Eustorgio e San Lorenzo alle colonne- che aveva subito notevoli danni dai bombardamenti alleati. Adesso è diventato uno spazio di conoscenza soprattutto religiosa, con le raccolte di alcuni arcivescovi collezionisti del Sei e Settecento. Ma si può ammirare anche una dolente Via Crucis simbolista di Gaetano Previati e le opere della Collezione Pozzobonelli, un Settecento arcadico, ricco di magnifici paesaggi romani e con altri soggetti profani.
agb «Non avevo una grande idea dell’uomo io» (Céline)
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