V I S U A L I Z Z A D I S C U S S I O N E |
sostieneoz |
Inserito il - 18/11/2006 : 09:41:16 Aspettiamo il terzo episodio di una trilogia che sto inventando su due piedi. Dopo questo "Le conseguenze dell'amore" atto secondo. Per Sorrentino abbiamo tutti le pupille trasparenti. Riesce a capire cosa nascondiamo sotto gli occhi e di quale materia informe siamo fatti. Questo "L'amico di famiglia" il palato lo soddisfa, lo stile è quello degli altri due film precedenti, l'ironia dissacrante, la battuta fulminea. MA. Ma non è ammaliante e spiazzante come "Le conseguenze". Forse Sorrentino non avrà fatto un passo indietro, ma in alcune cose non convince. Principalmente nel finale. Che mi è sembrato raffazzonato e affrettato. La storia è una non-storia come quella di Titta di Girolamo, è il personaggio che regge le fila. Rizzo ci riesce alla grande ed è perfettamente mostruoso, mentre la Chiatti dovrebbe continuare a girare spot per la Omnitel, e il mai del tutto risorto Bentivoglio è bravo, anche se il personaggio che interpreta è un pò troppo sfumato. Rizzo è uno strozzino. Ma non solo. Anche un sarto. (come corregge lui le spalline degli abiti da sposa...). Rizzo é un mostro. Chissà se più fuori che dentro. Rizzo ambisce. A farsi volere bene. Ingurgitando gianduiotti e cercando di essere per tutti l'amico di famiglia. Ma ambisce anche a fare il passo più lungo della gamba ( soldi e amore, il binomio vincente delle "Conseguenze" di Sorrentino ) come un Malavoglia qualsiasi. Alla fine, il colpevole è sempre l'amore con l' A maiuscola. Per Servillo come per Rizzo, è quando ci si innamora che tutto va a puttane. Consiglio: Fate lo sforzo di memorizzarvi una delle tante icastiche frasi memorabili disseminate durante il film.
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1 U L T I M E R I S P O S T E (in alto le più recenti) |
Biuso |
Inserito il - 22/11/2006 : 08:32:38
Geremia è un sarto. È una creatura bruttissima. È un bambino che vive con la mamma malata, enorme, sempre a letto e col televisore acceso su immagini di rettili; un’autentica divinità degli Inferi. È avarissimo, fino a rubare cioccolatini e caramelle nei supermercati. È un uomo che cammina rasentando i muri e portando spesso con sé un marchingegno col quale rileva la presenza di oggetti metallici -qualche moneta, preziosi e orologi smarriti… È ricchissimo. È un pezzente. Geremia è un usuraio implacabile, che chiama le sue vittime «fratello e sorella cara». Geremia è «un topo», come lo definisce la figlia di un suo debitore, della quale quest’uomo si innamora «completamente»
Ma chi sono le sue vittime? Dei quasi-proletari che vogliono riscattare una vita di umiliazioni regalando matrimoni fastosi ai figli; una giocatrice d’azzardo che si finge malata grave per ottenere il prestito; il figlio naturale di un nobile che aspira a comprare il titolo paterno; una donna che vuole ringiovanire facendosi operare da un chirurgo plastico. Le vittime di Geremia sono delle nullità come lui. Il solo amico, forse, che ha è un tipo fissato col country, che lo aiuta a riscuotere i crediti e che nutre l’unico sogno di andare nel Tennessee. Quando la cattiveria di Geremia oltrepassa il limite che gli dèi gli hanno fissato, arriverà –inevitabile- la rovina.
Concordo con sostieneoz: il film ha un limite strutturale che è il brusco salto nel ritmo narrativo fra i primi due terzi –lenti e meditati- e l’ultima parte chiaramente troppo veloce e confusa. Il lavoro di Sorrentino sul corpo dell’attore è, invece, ancora una volta magistrale. I paesaggi e le città dell’Agro Pontino vengono dipinti con inquadrature raffinatissime. Soprattutto emerge in modo assolutamente plastico ed evidente l’irredimibile squallore della vita di molti esseri umani. E dietro tutto questo si intravedono le forze oscure che la madre infera muove e delle quali è parte.
agb «Il tempo sembra essere presente in ogni cosa, sulla terra e nel mare e nel cielo» (Aristotele)
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