Biuso
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Inserito il - 29/03/2007 : 13:47:09
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L’unità psicosomatica che siamo ha una manifestazione tra le più potenti nella…pelle. Questa parte assolutamente fondamentale della nostra corporeità si sviluppa dallo stesso foglietto embrionale –l’ectoderma- «da cui si differenzia il tessuto cerebrale». Proprio perché «il corpo si comporta come se fosse un “cervello diffuso” (…) sono moltissimi gli eventi non patologici che hanno origine nel profondo della mente ma si manifestano sulla superficie della pelle». Il dermatologo Torello Lotti definisce la pelle come «il palcoscenico preferito della mente».
Molti articoli di questo numero della Rivista sono dedicati a questioni psicosociali come la centralità dell’abitare nella vita umana e la conseguente responsabilità di molta architettura contemporanea nel degrado sociale che infesta troppe zone delle metropoli contemporanee; il fenomeno non solo giapponese degli Otaku –adolescenti che si identificano totalmente con gli eroi dei fumetti manga- e degli Hikikomori –persone che si rinchiudono per mesi e anni nelle loro stanze comunicando solo tramite computer, una vera e propria epidemia di isolamento; la sindrome di burnout, e cioè il non riuscire più a reggere l’ambiente di lavoro; immigrazione e salute mentale…
Una forma gravemente patologica di relazione interpersonale è lo stalking e cioè il comportamento che consiste nel tentare di entrare in tutti i modi in contatto con le vittime delle proprie follie: che siano ex amanti mariti o mogli, divi del cinema e della canzone, persone dalle quali si crede di aver subito dei torti. Una vera e propria persecuzione che ha come obiettivo il sesso, la vendetta, l’entrare nell’orizzonte dell’altro. In realtà, già Apollo inseguiva Dafne con la motivazione che amor est mihi causa seguendi e «questi comportamenti irrazionali non sono insoliti negli amanti delusi» ma durano poco tempo; nello stalker –invece- diventano un’ossessione che distrugge la propria vita e soprattutto quella della sua vittima.
Un ampio testo è dedicato alle credenze nella vita dopo la morte. Jesse M. Bering ritiene che la mente umana sia «geneticamente predisposta a credere nel soprannaturale», che «la tendenza a credere in una vita dopo la morte è un nostro stato mentale di base, e che invece sia controintuitivo negarla». Una caratteristica che sarebbe da collegare alla nostra capacità innata –e alla nostra assoluta necessità!- di interpretare la mente degli altri e quindi di attribuire una qualche forma cosciente ai morti e di prevedere e prevenire i sentimenti delle potenze divine nei nostri confronti. Quanto a fantasmi, spettri ed ectoplasmi vari, una possibile spiegazione consisterebbe in variazioni piccolissime –ma rilevabili- di campi elettromagnetici sia naturali che artificiali, le quali «indurrebbero allucinazioni e, specificamente, la sensazione di presenze invisibili».
agb «Per realitatem et perfectionem idem intelligo» (Spinoza, Ethica, parte seconda, VI definizione)
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