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giovanni scalia
Nuovo Utente
Regione: Italia
Città: giarre
1 Messaggi |
Inserito il - 12/04/2004 : 14:27:28
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Si usa ancora distinguere tra "fisico" e "mentale": fino a che punto è legittima siffatta distinzione? Qual è lo specifico della filosofia della mente, se non è prima definita la mente stessa? Non credo che la mente sia qualcosa di ontologicamente definito. Non potrebbe la parola "mente" indicare semplicemente alcuni meccanismi del funzionamento cerebrale che danno luogo a connessioni neuronali che producono ciò che indichiamo come pensiero, logica, coscienza, emotività ecc.? Non farebbero bene i filosofi se con umiltà aspettassero gli esiti, se e quando ci saranno, degli studi delle neuroscienze e, in particolare, della neurofisiologia che sta muovendo ancora i primi passi? Quando avremo scoperto i segreti della fisiologia del cervello, "il problema del rapporto tra mente e corpo si scioglierà come neve al sole" (Searle).
giovanni scalia
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Biuso
Amministratore
Città: Catania/Milano
2900 Messaggi |
Inserito il - 13/04/2004 : 10:25:55
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Mente e cervello costituiscono una realtà unitaria ma questo non vuol dire che la mente non abbia una propria autonomia, sia ontologica che –soprattutto- epistemologica. Nel primo senso, lo specifico del mentale è costituito dalla coscienza e dall'intenzionalità: direzione dell’io verso i contenuti a esso esterni. L’intenzionalità caratterizza non solo l’agire cosciente, razionale e insieme emotivo, dell’uomo ma -come sostiene Brentano- «è la caratteristica fondamentale che separa tutti i fenomeni mentali da quelli fisici. Solo i primi hanno un "contenuto" come oggetto proprio». Questo contenuto fa, in gran parte, la coscienza. Essa è quindi il luogo in cui la realtà conosce se stessa, l’insieme delle relazioni intenzionali, lo spazio proprio dei qualia e cioè delle esperienze fenomeniche, soggettive, interiori che sono irriducibili alla dimensione quantitativa e misurabile tipica dei fenomeni fisici.
Lo scoglio su cui si infrange ogni forma di riduzionismo che cerca di risolvere il mentale nel cerebrale è l’impossibilità di spiegare come dalle variazioni di voltaggio delle sinapsi si possano generare il dolore, la gioia, la malinconia, le attese o –assai più semplicemente- la percezione dei colori, dei suoni, degli odori. L’esperimento mentale della neuroscienziata Mary -ideato da Jackson- è in questo senso molto chiaro, così come la questione posta da Nagel su che cosa si prova a essere un pipistrello (http://members.aol.com/NeoNoetics/Nagel_Bat.html).
La mente è, poi, epistemologicamente autonoma anche perché i suoi contenuti possono essere indagati con un linguaggio e con dei metodi diversi rispetto a quelli delle scienze dure. Lo stesso Searle, peraltro, adotta una forma di monismo non fisicalistico e questo implica di per sé il riconoscimento di uno spazio autonomo per la coscienza rispetto al cerebrale. Antonio Damasio, che è un neurologo, va riconoscendo sempre più e sempre meglio l’apporto decisivo dato dalla filosofia (addirittura da un metafisico come Spinoza!) alla comprensione del mentale. Il fatto decisivo è che la mente è qualcosa di assai più vasto rispetto al contenuto cerebrale presente nella scatola cranica, proprio perché vivere da umani significa in realtà essere continuamente immersi nel mondo come i pesci lo sono nel mare.
La mente, quindi, non è una sostanza separata dal corpo ma neppure coincide con il cervello, non è una costruzione sociale o un’invenzione linguistica. La mente è intenzionalità-coscienza: è la funzione del cervello-corpo consapevole di sé, della propria continuità e della differenza rispetto a ogni altra entità. La mente è l’unione di cervello, corporeità, mondo, memoria, temporalità. Tutto questo forma le nostre coscienze e ci permette di stare qui a comunicare sapendo ciò che facciamo.
agb È una vela la mia mente, prua verso l'altra gente, vento, magica corrente... (Battisti-Mogol) |
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