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 La rabbia di Pasolini
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Biuso
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Inserito il - 30/09/2008 : 13:53:27  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Biuso Invia a Biuso un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Pier Paolo Pasolini – Giuseppe Bertolucci
La rabbia di Pasolini
Italia, 2008




Nel 1963 Pasolini ricevette l'incarico di trarre un film dalle migliaia di edizioni di Mondo libero, un cinegiornale dell'epoca che spesso lo attaccava per la sua “immoralità”. Il produttore Gastone Ferranti gli volle poi affiancare un'analoga operazione affidata a Giovannino Guareschi. Pasolini non gradì ma portò a termine il proprio compito. Ben presto dimenticato, questo film torna ora in circolazione per merito della Cineteca di Bologna e del suo presidente Bertolucci.

Il risultato è straordinario e tragico. Dagli anni Cinquanta e Sessanta il mondo è infatti cambiato e di molto, non foss'altro per la scomparsa dell'Unione Sovietica, ma sembrano identiche le paure, le guerre imperialiste, la piccola politica italiana. Pasolini afferra i materiali di questi cinegiornali –da lui definiti “moralisti e qualunquisti”- e li trasforma dal di dentro tramite un diverso montaggio e un commento affidato alla lettura di Giorgio Bassani nelle sue parti in versi e di Renato Guttuso in quelle in prosa. Tutta la capacità di aruspice (come lo ha definito Giuseppe Bertolucci presentando il film a Milano) di Pasolini emerge nella intuizione di quello che stavano diventando il mondo e l'Italia, sottoposti a un potere mediatico invasivo e alla televisione “che ti ruba l'anima” (e siamo nel 1963!).
Assai dolce l'omaggio a Marylin Monroe, “sorellina dalla bellezza d'oro”, e lucidissima l'intervista finale allo stesso Pasolini, nel quale il poeta parla della mancanza di vera rabbia tra gli intellettuali e nella società civile del nostro Paese, “perché ci vuole una vera borghesia per una grande rabbia e l'Italia è terra di piccoli borghesi dove non possono nascere che piccole rabbie”. Rabbia intesa, chiarisce Pasolini, nel senso del Socrate che non lascia mai in pace Atene. Un film “da far vedere nelle scuole”, come si diceva una volta. Sempre che ancora scuole e università rimangano luoghi di comprensione critica dell'esistente e non soltanto di pasoliniana «omologazione».



agb
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