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Biuso
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Inserito il - 13/07/2008 : 16:25:21
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Ricevo e inoltro. L'attacco è rivolto contro l'insegnamento, contro i docenti, contro l'Università pubblica e dunque è diretto anche e soprattutto contro di voi che nell'Università vi formate. (Ciliberto è il massimo studioso italiano del pensiero di Giordano Bruno)
=================== ANDU - Associazione Nazionale Docenti Universitari
MICHELE CILIBERTO: "LA LIBERTA' DI INSEGNAMENTO"
Riportiamo in calce il testo dell'intervento di Michele Ciliberto "La fine dello stupore e la fine dell'Università", apparso sull'Unità del 12 luglio 2008.
Sulla parte dell'intervento di Ciliberto riguardante l'Universita' - in gran parte condivisibile - vogliamo fare una precisazione e una sottolineatura.
== La precisazione. Michele Ciliberto nel suo intervento sostiene che "il mondo universitario è rimasto silenzioso e seduto". In realta' da tempo molti Organi collegiali e la stessa CRUI hanno analizzato e denunciato i gravissimi contenuti del Decreto-Legge. In questi giorni stanno crescendo le prese di posizione e le iniziative di protesta in quasi tutti gli Atenei. Inoltre la maggior parte delle Organizzazioni della docenza ha tempestivamente e duramente criticato il Decreto-Legge. In particolare l'ANDU gia' il 26 giugno 2008 ha diffuso un documento la cui prima parte qui riproponiamo anche per evitare che la protesta, che certamente crescera' in quantita' e qualita', sia strumentalizzata, come e' gia' in parte accaduto in occasione della mobilitazione contro la Legge Moratti. Del documento dell'ANDU riportiamo anche il commento all'art. 17 del Decreto-Legge, riguardante l'IIT di Genova, la cui portata e il cui significato non sembrano siano state ancora sufficientemente 'apprezzati' nel mondo universitario. Dal documento dell'ANDU del 26 giugno 2008: "Con il Decreto-Legge 112/08 pubblicato sulla G.U. del 25 giugno 2008 si accelera il 'lavoro' di demolizione dell'Universita' statale, condotto da decenni da un potente gruppo accademico-politico-confindustriale, che ha 'utilizzato' tutti i Ministri, tutti i Governi e tutti i Parlamenti succedutisi. In tutti questi anni, la devastante attivita' di questa oligarchia e' stata puntualmente documentata e denunciata dall'ANDU, senza pero' ottenere un'adeguata reazione da quella parte del mondo universitario che ritiene fondamentale per il Paese e per la sua stessa democrazia una Universita' statale, democratica, autonoma, di massa e di qualita'. Per realizzare e difendere questo tipo di Universita', l'ANDU ha da anni elaborato e proposto un progetto di radicale riforma dell'Universita', complessiva e dettagliata. I contenuti del DL non sono nuovi: essi sono stati 'auspicati' e/o 'tentati' e/o 'praticati' nel corso degli ultimi decenni, in maniera assolutamente trasversale, sulla base di una 'ideologia' italo-anglo-americana che in realta' aveva e ha come vero obiettivo (gia' in parte realizzato) quello di dirottare le risorse pubbliche per l'Alta formazione e la Ricerca verso auto-proclamati centri di eccellenza. Lo strumento principale per imporre questo progetto e' stato il Ministero dell'Economia, che ha di fatto avocato a se' poteri propri dei Ministri formalmente competenti per l'Universita' e la Ricerca. I contenuti degli articoli del DL (che qui si riportano) riguardanti l'Universita' e la Ricerca comprovano quello che ormai si configura come un vero e proprio commissariamento dell'Universita' da parte degli economisti del Ministero dell'Economia e dei loro 'interlocutori' accademici e imprenditoriali. "
"IIT (art. 17 del DL, in calce riportato) Le Universita', specie quelle statali, - si sa - sprecano le risorse pubbliche e per questo e' bene tagliare loro i finanziamenti e puntare su centri di eccellenza da inventare e da finanziare abbondantemente a parte (IIT di Genova, SUM di Firenze, IMT di Lucca). E all'IIT, centro che per eccellenza e' il piu' eccellente, presieduto dal Direttore Generale del Ministero dell'Economia e delle Finanze, si destinano ulteriori Fondi, devolvendogli "le dotazioni patrimoniali" della Fondazione IRI, con un articolo del DL il cui titolo non lascia alcun dubbio sul fatto che l'IIT sia 'depositario' esclusivo dei "progetti di ricerca di eccellenza". Il Ministero dell'Economia continua a strangolare finanziariamente l'Universita' statale e lo stesso Ministero continua a iperfinanziare una struttura presieduta dal suo Direttore generale!"
== La sottolineatura. Michele Ciliberto nel suo intervento evidenzia un contenuto del Decreto-Legge la cui portata devastante per la liberta' di insegnamento non e' stata finora adeguatamente valutata e denunciata. Ci riferiamo a quanto previsto dal comma 11 dell'art. 72 del Decreto-Legge: "Nel caso di compimento dell'anzianita' massima contributiva di 40 anni del personale dipendente, le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 possono risolvere, fermo restando quanto previsto dalla disciplina vigente in materia di decorrenze dei trattamenti pensionistici, il rapporto lavoro con un preavviso di sei mesi."
13 luglio 2008
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Testo dell'intervento di Michele Ciliberto comparso sull'Unita' del 12 luglio 2008:
"La fine dello stupore e la fine dell'Universita'
Se un filosofo dovesse dire quale e' uno dei segni piu' tipici della crisi che sta attraversando il nostro paese potrebbe dire, a mio giudizio, che e' la fine dello stupore, della capacita' di sorprendersi, che come e' noto e' la prima sorgente della filosofia. In Italia, oggi tutto e' ricondotto nei parametri dell'ordinario, del quotidiano, del feriale: anche le cose piu' inconcepibili, fino a poco tempo fa, sono digerite, assorbite, metabolizzate senza alcuna difficolta'. Si e' persa l'abitudine a dire di no, ad alzarsi in piedi: e di questo e' una paradossale conferma il fatto che quando si protesta si usano toni esagitati, addirittura volgari, proprio perche' protestare - dire no - e' diventata un'eccezione, non piu' la norma di un comune vivere civile. Questo accade anche quando si tratta delle regole che devono strutturare la vita istituzionale politica e sociale del paese. E' un altro segno della crisi profonda che attraversa l'Italia: le regole appaiono una sorta di optional che il potere puo' trasformare come meglio gli conviene, a seconda della situazione e perfino dei propri interessi privati. Si tratta di un tratto tipico del dispotismo, quale e' gia' delineato in pagine straordinarie di Tocqueville nella Democrazia in America: il dispotismo si esprime attraverso una prevaricazione dell'esecutivo sugli altri poteri e con un ruolo sempre piu' ampio assunto dall'amministrazione, che diventa il principale motore dell'intera vita di un popolo. Le strutture dispotiche, infatti sono incontrollabili: una volta messe in movimento invadono progressivamente tutte le sfere della vita sociale ed intellettuale, compresa ovviamente l'alta cultura e le istituzioni attraverso cui essa si organizza. E' precisamente quello che e' accaduto in queste ultime settimane con il decreto del 25 giugno del 2008: "Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione Tributaria". In esso e' compresa una serie di disposizioni che muta profondamente l'assetto della Universita' pubblica italiana accelerandone la crisi e la definitiva decadenza. Si tratta, dunque, di disposizioni che avrebbero dovuto sollevare, se non uno scandalo, una discussione assai vivace; mentre invece, a conferma di quanto sopra dicevo, con poche eccezioni, il mondo dell'Universita' e' rimasto silenzioso e seduto. Solo in questi ultimi giorni stanno cominciando ad affiorare prese di posizione piu' nette come quella del rettore dell'Universita' di Ferrara o del Preside della Facolta' di Scienze dell'Universita' di Pisa, il quale ha rotto il muro del silenzio scrivendo una lettera aperta dal titolo: "L'universita' non e' in svendita". Qualche protesta, in verita' c'era stata gia' prima, ma aveva riguardato il fatto che il decreto interviene sugli scatti di carriera di tutti i docenti trasformandoli da biennali in triennali. Il problema e' pero' ben piu' vasto e riguarda direttamente la costituzione interiore della Universita' italiana ponendo anche delicati problemi di ordine costituzionale. Mi limito a segnalare quelli che a mio giudizio sono i punti piu' importanti. Le Universita' possono costituirsi, su base volontaria, come fondazioni di diritto privato, si dice nel Decreto, venendo incontro sul piano legislativo a un'istanza proveniente gia' da molto tempo soprattutto da settori industriali. Su Il Sole 24 Ore il provvedimento e' stato infatti presentato da Giovanni Toniolo come "un'ottima notizia, la migliore che abbia sentito in quarant'anni di vita accademica". Personalmente, non ho dubbi che sul tema delle fondazioni si debba discutere ed aprire un forte dibattito, ma sapendo che - se non ben governata - questa e' la via dell'integrale privatizzazione dell'Universita' italiana, con il rischio effettivo sia di ledere il principio della liberta' dell'insegnamento sia di ritrovarsi in una situazione come quella americana nella quale accanto alle top ten esistono migliaia di universita' di livello inferiore ai nostri licei. Ma che l'Universita' pubblica sia al centro di un vero e proprio attacco in queste disposizioni e' dimostrato anche da altri elementi. E' bloccato il turn over: si prevedono infatti assunzioni nei limiti del 20% per il triennio 2009-2011 e del 50% a partire dal 2012. Ne' e' difficile anche in questo caso immaginare gli effetti di questa disposizione sull'Universita' in generale, specie su quelle medio - piccole e anche su quelle scuole di eccellenza che si giovano di un corpo di docenti limitato. Privatizzazione, da un lato; ricostituzione di una forte dimensione centralistica ,dall'altro: all'Universita' infatti restera' in cassa soltanto il 20% delle "quote" dei docenti andati in pensione, tutto il resto andra' all'amministrazione centrale la quale ha gia' tagliato il finanziamento di Euro 500.000.000 in tre anni. Privatizzazione, centralizzazione (nonostante tutta la retorica sul federalismo) e, infine, colpi durissimi al personale docente per il quale si prevede una sorta di vera e propria rottamazione. La questione dello stato giuridico dei professori universitari e' annosa; il Ministro Mussi era intervenuto su questa delicata questione riducendo, e di fatto avviando alla fine, il fuori ruolo, - decisione che si puo' anche comprendere se si tiene conto che si tratta di una vecchia disposizione, risalente a tutt'altra situazione, la quale consentiva ai professori di continuare a godere del proprio stipendio, pure essendo fuori dai ruoli dell'insegnamento. Ma queste disposizioni si muovono su ben altro piano colpendo sia la possibilita' che i professori universitari, come ogni altro dipendente dello Stato, hanno di poter continuare a lavorare- cioe' insegnare - due anni dopo l'eta' pensionabile (a insegnare, sottolineo); sia la stessa possibilita' che possano continuare a restare nei ruoli qualora abbiano compiuto quaranta anni di insegnamento, qualunque sia la loro eta' (compresi dunque quelli che sono andati presto in cattedra). Ad essere sintetici: prima il biennio era una scelta del docente; ora diventa una concessione dell'amministrazione da cui dipende. Allo stesso modo e' l'amministrazione che decide se rottamare un professore, oppure tenerlo in servizio fino al raggiungimento dell'eta' della pensione stabilita della legge, che il decreto tende invece ,surrettiziamente,ad anticipare anche di parecchi anni con una chiara lesione dei diritti costituzionali dei docenti. In entrambi i casi c'e' una totale prevaricazione sulla figura dei professori da parte dell'amministrazione locale e soprattutto di quella centrale che diventa il vero arbitro della situazione. Infatti, se anche l'amministrazione universitaria locale fosse orientata a concedere il biennio o a rinviare la rottamazione, l'amministrazione centrale potrebbe costringerla a procedere in questa direzione con ulteriori, drastiche riduzioni del fondo di finanziamento ordinario. Non si tratta di questioni sindacali, o di interesse puramente corporativo: in ballo c'e' ben altro. Se queste disposizioni vanno avanti ne discendera' un controllo dispotico, e col tempo totale, dell'amministrazione centrale sulle carriere dei professori universitari e di conseguenza sull'Universita' italiana. Quella che dovrebbe essere il centro della liberta' intellettuale e di ricerca del paese, costituzionalmente garantita, corre dunque il rischio di essere controllata e irreggimentata a tutto vantaggio delle universita' private che potranno darsi gli statuti piu' adeguati al loro sviluppo, attraendo tutti i professori che non vogliono essere sottoposti a forme di controllo centralistico destinate ad assumere - non e' difficile prevederlo - connotati ideologici e politici assai precisi. Mentre nelle Universita' pubbliche diventera' fortissima, temo, una spinta in direzione del conformismo, della passivita', dell'autocensura dei professori universitari con un colpo assai grave per quella autonomia e liberta' dell'insegnamento che e' esplicitamente prevista dall'art. 33 della Costituzione. In ultima istanza, questo - la liberta' di insegnamento e le forme in cui essa puo' e deve esplicarsi - e' dunque il vero problema che il Decreto del 25 giugno 2008 pone all'Universita' italiana: che di fronte a tutto questo -e alla stessa forma del decreto,cosi' impropria per decisioni di tale rilievo-non si sia ancora accesa una discussione critica e che siano pochissimi quelli che hanno deciso di alzarsi in piedi puo' certamente sorprendere; ma sorprende meno se si tiene conto di quello che dicevo all'inizio: il nostro paese e' pronto a tutto, anche ad inghiottire in silenzio la fine dell'Universita' pubblica e della liberta' di insegnamento."
========================== = per ricevere notizie dall'ANDU: inviare una e-mail ad anduesec@tin.it con oggetto "notizie ANDU" = per non ricevere piu' notizie dall'ANDU: inviare una e-mail ad anduesec@tin.it con oggetto "rimuovi" = per leggere i documenti dell'ANDU: www.bur.it/sezioni/sez_andu.php oppure http://www.orizzontescuola.it/orizzonte/modules.php?name=News&file=categorie s&op=newindex&catid=66 oppure http://unimoreinform.blogspot.com/search?q=andu = per iscriversi all'ANDU: http://www.bur.it/sezioni/moduliandu.rtf == I documenti dell'ANDU sono inviati a circa 15.000 Professori, Ricercatori, Dottori e Dottorandi di ricerca, Studenti, ai Presidi, ai Rettori, al Ministero, ai Parlamentari e agli Organi di informazione.
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Biuso
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Inserito il - 16/07/2008 : 14:00:05
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Copio il duro e necessario intervento di Fulvio Tessitore.
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Da Repubblica di Napoli del 14 luglio 2008
La distruzione dell' universita' pubblica di FULVIO TESSITORE
Devo iniziare con qualche premessa, onde evitare qualche malevola valutazione di quanto mi accingo a osservare. Ricordo, quindi, che sono un vecchio professore, che puo' vantare quasi cinquant' anni di insegnamento ed e' in procinto di andare in pensione (per di piu' anticipata di un paio d' anni, grazie a un demagogico provvedimento del ministro Mussi, che puo' vantarsi di aver aperto la strada a quella che ormai viene comunemente indicata come l' Universita' di Tremonti). In sostanza non ho interessi personali da difendere. Posso sbagliare (e spero che qualcuno me lo dimostri, per restituirmi serenita' e fiducia), ma parlo solo in difesa di cio' che resta della nostra gloriosa universita' e dei giovani, i quali - se ne dica quel che si vuole da parte di disinformati o frustrati - hanno sempre e solo trovato nelle universita' il luogo della loro formazione culturale e preparazione professionale. Il decreto 112 del 25 giugno scorso, collegato alla manovra finanziaria, prevede una serie di norme destinate a cambiare radicalmente, a mio credere a stravolgere definitivamente il nostro sistema di formazione e istruzione superiore, in assoluto dispregio della Carta costituzionale. Secondo una tecnica e una vocazione consolidata delle forze di destra, anche questo provvedimento (come la immonda legge elettorale che ci governa) se non incostituzionale, certamente e' anticostituzionale, nel senso che, forse, non viola il dettato formale della legge costituzionale, ma certamente ne viola e offende lo spirito costituente. Di che cosa si tratta? Detto in breve della privatizzazione del sistema universitario. Non mi fermo su norme che pur metteranno in condizione di non operare le nostre universita', perche' prevedono (articolo 66) la riduzione in tre anni del fondo di finanziamento ordinario (Ffo) di 500 milioni; la drastica limitazione del turnover, in misura pari al 20 per cento del personale cessato; la trasformazione degli scatti biennali in triennali, ossia della sola forma di aumento delle retribuzioni, in tal modo ridotte (si badi non solo bloccate) per circa 500 milioni, destinati a un non meglio precisato fondo del bilancio statale, da utilizzare, se del caso, per placare i camionisti e per tenere in vita artificialmente l' Alitalia, dopo averne impedita la vendita ad Air France (come si vede il mercato e' bello e buono quando risponde agli interessi di qualcuno, non in tutte le occasioni in cui puo' agire da riparatore di un disastro finanziario dell' allegra finanza pubblica); il taglio (articolo 74) delle piante organiche nella misura del 10 per cento; la rottamazione (si' "rottamazione") dei docenti anziani, che l' amministrazione, puo', a suo libito, congedare e via di questo passo. Naturalmente, in controtendenza, l' Istituto italiano di tecnologia di Genova, costituito nel quinquennio di governo 2001-2006 della destra, viene impinguato dei fondi e delle dotazioni patrimoniali della soppressa Fondazione Iri. E sara' bene ricordare che questo istituto - che avrebbe dovuto costituire il corrispondente italiano del Mit americano, secondo quanto sostenuto dai soliti corifei provinciali nostrani - per quanto ben dotato finanziariamente con un milione all' anno, finora non ha fatto altro che il restauro degli edifici assegnatigli per sede. Lo ripeto, non voglio fermarmi su questi punti allarmanti. Credo sia oggi indispensabile fare un altro discorso, molto semplicemente e, se possibile, pacatamente, non prima di aver detto che non mi curo dell' accusa che potra' essermi fatta di conservatorismo, di incapacita' di cogliere i processi di modernizzazione, di incapacita' di capire i processi di omogeneizzazione del nostro Paese alle grandi democrazie occidentali. E non mi curo di queste accuse perche' la piu' parte di quelli che possono pronunciarle e che le hanno pronunciate in passato godono della mia disistima, siano di destra o di sinistra. Sono dei provinciali alla rovescia, che parlano senza sapere cio' di cui parlano. E torno a domandarmi, di che si tratta? Semplicemente di una rozza, ottusa, criminale rottura della nostra identita' nazionale, che e' fatta di cultura, quella cultura di cui le universita' e gli enti di ricerca sono stati fino a oggi gli artefici e i garanti. Quali le conseguenze di queste norme sciagurate e ipocrite? Semplice, la drastica riduzione del nostro sistema universitario a 13/14 sedi in grado di trasformarsi in fondazioni di diritto privato, lasciando tutte le altre a vivacchiare, finche' potranno (ecco l' ipocrisia), perche' nessuno le obbliga a trasformarsi in fondazioni. Questo non e' il peggio della situazione, Prescrivere quanto s' e' detto senza tener conto delle diverse condizioni socio-economiche del Paese significa provocare una doppia discriminazione. Una discriminazione tra le parti ricche e quelle povere del Paese. Una discriminazione tra giovani ricchi e giovani poveri. Le zone ricche potranno garantire le condizioni di vita delle universita'-fondazione, quelle povere no e si badi che cio' potra' riguardare anche una universita' antica e gloriosa, come ad esempio la Federico II. I giovani ricchi potranno accedere alle universita' private, che potranno garantirsi l' autofinanziamento piu' o meno agevolmente, senza piu' temere la contestazione giovanili, tanto i contestatori potranno sempre accedere alle universita' di serie B, dove si paga poco, si studia meno e peggio, si ha piu' tempo per il tempo libero. E non e' tutto cio' un profilo esaltante e liberatorio del privato contro l' oppressione conservatrice del pubblico? Di certo ci penseranno i patrocinatori della "societa' civile" (che rispetto molto piu' io che loro) a metterlo in evidenza. Che cosa significa tutto questo, facendo un piccolo passo avanti? Significa mettere in discussione la identita' statale del nostro Paese, privata dell' alimento che le viene dalla identita' nazionale, che e' fatto di cultura. Vuol dire tutto questo che nulla va mutato nel nostro sistema universitario? e' vero proprio il contrario. Ma riformare, trasformare radicalmente si puo' a condizione di sapere qual e' il passato da modificare, qual e' il presente che si vive e il futuro che si deve vivere. E si tratta di questioni di cultura, non di economia e neppure di politica, o meglio, di economia e di politica in quanto queste siano non fini a se stesse ma strumenti di evoluzione e di progresso culturale e civile. Significa smetterla di crogiolarsi da provinciali con il vezzo di raccattare le idee che non si hanno, la conoscenza di cui non si dispone da qui e da li'. Il modello che sta dietro al decreto sullodato, se modello e', e' una incolta utilizzazione del modello americano, applicato a una struttura sociale, culturale, economica del tutto diversa da quella americana (e non dico nulla sul vero e proprio incubo che per le famiglie americane sono i costi della formazione nelle grandi e vere universita', che si traducono in debiti, spesso da saldare in anni e anni, se si ha fortuna professionale). Sono convinto che le nostre universita', i nostri docenti, i nostri studenti debbono insorgere, si' insorgere e far sentire la propria voce. e' il momento di azioni drastiche e decise. Perche' la Conferenza dei rettori non propone alle sedi la chiusura, con il blocco delle attivita'? Si vedra' allora se le universita' contano qualcosa in piu' dei camionisti, se un ministro tracotante vale piu' di una intera classe di scienziati ed educatori, che all' universita' hanno dedicato la vita. Non c' e' piu' tempo. Bisogna agire."
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Biuso
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Inserito il - 03/08/2008 : 09:25:05
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Resoconto stenografico dell'intervento al Senato di Pancho Pardi sui tagli alla scuola e all'università previsti dalla manovra finanziaria.
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"Signor Presidente, onorevoli colleghi, è in discussione una legge che presenta larghi profili d'incostituzionalità nel metodo e nel merito. È antifederalista, perché storpia la potestà delle autonomie locali, produce ingiustizia e avvia un generale processo di degradazione delle strutture pubbliche.
Io mi soffermerò qui solo sulle questioni di scuola, università e ricerca. La riduzione di spesa, che si annuncia impressionante, diminuirà in modo pesantissimo le risorse e peggiorerà lo stato complessivo della scuola. Hanno parlato prima di me tre componenti del Partito Democratico, i senatori Mercatali, Bastico e Rusconi, che hanno svolto degli interventi analitici e mi sollevano quindi dal peso di fornire delle cifre. Il confronto europeo, però, dà un ritratto impietoso. Appare chiara, per esempio, la carenza di conoscenze in matematica negli studenti delle scuole medie superiori e si manifestano diffuse difficoltà espressive e una certa difficoltà a ragionare sulla base dell'italiano.
La carenza in matematica prepara ad un futuro scoraggiante, perché c'è chi ha fatto la previsione che in futuro dovremo ricorrere agli indiani, che sono bravissimi in matematica, per avere dei professori di matematica. Il problema dell'italiano, invece, è cosa che si commenta da sé. Di fronte a queste carenze, non vi è stata nessuna iniziativa riformistica, ma si sono ridotti il personale e la dotazione finanziaria. Chi mi ha preceduto ha parlato di 200.000 addetti in meno nel futuro.
La condizione dell'università attuale è molto critica, non vale nascondercelo, ed è appesantita in modo idropico dalla proliferazione di sedi e corsi di laurea, prodotti forse in modo insensato. L'università è anche in difficoltà nell'interpretare, sia con efficacia che con efficienza, la riforma del cosiddetto "3 più 2". L'università non sta bene, ma proprio per questo necessitava di un'iniziativa riformistica, che invece non c'è. L'unica riforma è che a cinque professori che andranno in pensione se ne sostituirà uno solo e ci saranno, perciò, conseguenze gravissime sia sulla didattica che sulla ricerca.
Sulla didattica, è ovvio, si aggrava all'istante il già difficilissimo rapporto tra docenti e studenti che, dal punto di vista statistico, è tra i peggiori in Europa. Dal punto di vista della ricerca è ancora peggio, perché questo restringimento dell'imbuto determina una sorta di stroncatura delle prospettive di migliaia di ricercatori, ricerche interrotte ed abbandonate. Si apre, perciò, un vuoto di proporzioni incalcolabili. Vorrei che si riflettesse su questo fatto: cosa vuol dire abbandonare a metà strada una ricerca iniziata e non avere la possibilità di continuarla? Professori che fanno i senatori avranno il loro problema a garantire un perseguimento di carriera ai loro allievi, e qui non vi è un richiamo alla solidarietà corporativa ma, soprattutto, una valutazione delle speranze frustrate e l'osservazione della dissipazione di un largo patrimonio culturale, in quanto i nostri ricercatori giovani sono generalmente bravi e apprezzati. È la dissipazione di un patrimonio culturale, di un vero patrimonio comune che noi rischiamo di dilapidare.
Arrivano poi le fondazioni private, cioè le università sono invitate o portate a diventare fondazioni private. Qui si possono immaginare con facilità due conseguenze: è facile prevedere un restringimento selettivo del finanziamento agli studi e alla ricerca. Infatti, cosa pensate che finanzieranno i soggetti privati? L'economia, l'ingegneria, la chimica e la giurisprudenza, con agganci limitati al campo del falso in bilancio e dei reati corruttivi commessi dai potenti. Perfino la fisica potrebbe essere disertata, a causa dell'incertezza dell'efficacia applicativa e del ritorno di risultati in tempi utili. E le discipline cosiddette disinteressate? Ricordiamo, tra parentesi, che spesso sono state le discipline cosiddette disinteressate ad aver fatto scoperte fondamentali applicate in seguito. Che fine farà la letteratura greca, la storia medievale, la geomorfologia e perfino il diritto costituzionale, dato l'uso che se ne fa in questo Parlamento? La geomorfologia, per esempio, è già ignorata con crassa ignoranza dal progetto di trivellare il Nord dell'Adriatico, dove è facilissimo prevedere processi di subsidenza, dato che quella pianura è già subsidente di suo. Ma che ce ne importa? Che ce ne importa di leggere il greco? Il greco a cosa serve? Il greco serve a leggere Antigone e a scoprire dentro Antigone la differenza che c'è tra la volontà del monarca e il diritto del singolo o, se preferite, la differenza tra la ragion di Stato e il diritto consuetudinario.
C'è una seconda conseguenza delle fondazioni. Ereditano un colossale patrimonio con esborsi, probabilmente, irrisori e forse addirittura finanziati da banche che saranno orientate politicamente. Una volta insediati, questi operatori privati chissà, potranno avere forse mano libera nell'adottare la prassi di natura putiniana di alienazione in mani amiche di beni assai preziosi. Si assisterà - temo - alla formazione di una nuova schiera di roditori privati avidi, capaci di aggredire, divorare, metabolizzare vasti beni pubblici. Fra parentesi (è solo una piccola notazione), si assiste al conferimento di vari lacerti della struttura pubblica all'Istituto italiano di tecnologia, piccolo mostro voluto a suo tempo dal ministro Tremonti e posto sotto il controllo, guarda caso, non del Ministero della ricerca e dell'università, ma del Tesoro: l'università privata di Tremonti.
Alla fine ci sono anche i tagli all'editoria, ma sulla questione ha già parlato benissimo il senatore Vita e non ripeterò le argomentazioni esposte. Sottolineo soltanto che la legge sull'editoria costituisce pressoché la fine del finanziamento e della vita per i piccoli giornali indipendenti. Ma chi se ne importa del finanziamento dei piccoli giornali indipendenti, quando si ha il monopolio dell'informazione e ce se ne può fregare anche e perfino della questione della Vigilanza RAI?
Finisco colloquiando con il collega Zanda, il quale ha stigmatizzato, secondo me giustamente, l'assenza del Ministro dell'economia a questo dibattito. Ma anche in questa assenza bisogna trovare una ratio. È un fattore che determina l'evanescenza della statura dei Ministri ed è esattamente la sopravvalutazione smisurata e insensata della figura dell'attuale Presidente del Consiglio, la riduzione della collegialità del Governo, che è una cosa nobile, al primato di un uomo solo, che è una cosa assai meno nobile: primato di un uomo solo rafforzato, per di più, da un potere extra istituzionale senza precedenti. Ma anche qui ci soccorre la letteratura greca: anche la rana di Fedro, a forza di gonfiarsi, alla fine scoppiò. (Applausi dai Gruppi IdV e PD)."
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agb «Io salgo dal mondo ctonio e discendo dal cielo stellato» (P.K. Dick)
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Biuso
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Inserito il - 05/09/2008 : 16:00:08
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Dal Prof. Dario Generali ricevo questa lucida lettera di commento alla politica scolastica e universitaria dell'attuale governo. Ne condivido integralmente il contenuto.
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Ho letto il decreto legge del 25 giugno e ne sono rimasto nauseato per toni e contenuti. Gli interventi sulla scuola, l'università e la ricerca hanno come unico fine quello di tagliare le spese, nella massima indifferenza per i risultati e l'efficienza delle istituzioni, che invece si continua a ripetere di voler valorizzare. Le continue minacce contro chi tentasse di boicottare il "cambiamento"; sono insopportabili e richiamano modelli di autoritarismo fascista. Prima, come ben ricordiamo, il pensiero unico berlingueriano, ora i decreti fascisti. A volte mi detesto per non aver mai avuto il coraggio di andarmene da un Paese come questo.
Lo stesso decreto legge del 1° settembre, che pur attua alcuni interventi che abbiamo sempre sostenuto, lo fa con evidenti finalità di risparmio e con un tono assolutamente irritante.
Dopo quello che ho visto ho capito perché come ministro della pubblica istruzione hanno preso una figura inesistente come Gelmini. Con un simile ministro Berlusconi è sicuro di poter far passare senza problemi i tagli voluti da Tremonti. Con un ministro diverso (vedi Moratti nell'altro governo Berlusconi) la cosa sarebbe stata molto più difficile, perché nessuno che abbia un briciolo di personalità vorrebbe passare alla storia come il ministro che ha smantellato il sistema pubblico di istruzione.
Sono davvero desolato per quello che ho letto e ho capito sino in fondo il degrado nel quale è caduto il nostro Paese con questa legislatura.
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agb «Senza la musica la vita sarebbe un errore» (Nietzsche) «La filosofia è la musica più grande» (Platone)
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