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Inserito il - 04/11/2007 : 12:35:22
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Teatro Strehler - Milano Vita di Galileo di Bertolt Brecht Traduzione di Emilio Castellani Regia di Antonio Calenda Con Franco Branciaroli, Giulia Beraldo, Lucia Ragni, Alessandro Albertin, Giorgio Lanza, Tommaso Cardarelli, Lello Abbate, Jacopo Venturiero Teatro Stabile del Friuli-Venezia-Giulia, Teatro degli Incamminati
Il teatro didascalico di Brecht ha in Vita di Galileo una delle sue espressioni più chiare. Quadri non troppo lunghi, introdotti dalla notizia della data e del luogo; spiegazioni semplici ma corrette delle principali tesi scientifiche; netta delineazione dei personaggi e delle loro posizioni; una premessa di carattere morale e le battute conclusive rivolte agli scienziati di ogni tempo sul senso e sulla funzione delle loro ricerche.
In questo schema abbastanza rigido, Brecht riesce sempre però a infondere la complessità delle società e delle relazioni umane, riesce a spaziare tra l’ironia e la tragedia. Qui il confronto serrato tra la fiducia galileiana nella razionalità presente in ogni uomo –in quel «buon senso» che secondo Descartes sarebbe «la cosa meglio distribuita al mondo»- e il pessimismo antropologico delle gerarchie ecclesiastiche si rovescia nell’antropocentrismo di chi difende il valore assoluto della Terra e dei suoi abitanti e di chi invece scorge l’infinità senza centro dell’Universo.
Perché Galileo abiura? Questa domanda percorre tutta le seconda parte del testo e le risposte sono assai diverse tra di loro…In ogni caso, Calenda e Branciaroli preferiscono marcare i tratti più quotidiani, carnali, ironici dello scienziato pisano, costruendo uno spettacolo piacevole da seguire e pieno di energia. Quando il protagonista afferma –con amaro sarcasmo- che «non tutte le Nazioni hanno la fortuna di essere protette dalla Chiesa», il pubblico ha applaudito. Buon segno. Eccessivo, invece, l’apparire del fungo atomico subito dopo la battuta conclusiva del testo. Non perché un legame tra la scienza galileiana e quel fungo non ci sia ma perché presentato in questo modo rischia di diventare un troppo banale rapporto di causa-effetto.
agb ««…e questo rimbalzo della nostra stessa tenerezza noi lo chiamiamo i sentimenti dell’altro, lo troviamo tanto più dolce di quanto fosse all’andata, perché non sappiamo che proviene da noi» (Proust)
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