V I S U A L I Z Z A D I S C U S S I O N E |
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Inserito il - 29/05/2006 : 14:14:42 Passeggiando come un turista nel forum mi sono stupito del quasi linciaggio subito dal Prof. Biuso riguardo ai suoi gusti musicali e al suo piacere di ballare la musica tekno. Più che stupito mi sono rattristato in quanto pensavo che tra noi filosofi, o meglio studenti di filosofia, che per di più bazzicano in un forum chiamato cybersofia, di questi pregiudizi non c'è ne fossero. Ho trovato molto azzeccata l'espressione di Biuso riguardo la musica tekno di "significante senza significato" tant'è che ogni volta che mi trovo davanti al muro di casse improvvisato nei festini mi ritorna in mente la scena di "2001: Odissea nello spazio": l'uomo di fronte al monolite. Per poter ovviare ad un imbarazzante atmosfera pregiudizievole nei confronti di qualsiasi cultura, che sicuramente non si addice a dei filosofi riporto alcune citazioni e alcune dritte per chi ne volesse sapere di più...che sia chiaro, non è un invito.
"Il nostro stato emotivo è l'estasi. Il nostro nutrimento è l'amore. La nostra dipendenza è la tecnologia. La nostra religione è la musica. La nostra moneta è la conoscenza. La nostra politica è nessuna. La nostra società è un'utopia che sappiamo non sarà mai. Potete odiarci. Potete ignorarci. Potete non capirci. Potete essere inconsapevoli della nostra esistenza. Possiamo solo sperare che non ci giudichiate, perché noi non vi giudicheremo mai. Non siamo criminali. Non siamo disillusi. Non siamo dipendenti dalla droga. Non siamo dei bambini inconsapevoli. Noi siamo un villaggio tribale, globale, di massa, che non dipende dalla legge fatta dall'uomo, dallo spazio e dal tempo stesso. Noi siamo un'unità. L'unità.
Noi siamo stati plasmati dal suono. Da molto lontano, il temporalesco, echeggiante e smorzato battito era simile a quello del cuore di una madre che tranquillizza un bambino nel suo ventre di acciaio, calcestruzzo e fili elettrici. Noi siamo stati allevati in questo ventre, e qui, nel calore, nell'umidità e nell'oscurità di esso, siamo giunti ad accettare che siamo tutti uguali. Non solo per l'oscurità e per noi stessi, ma per la vera musica che batte dentro di noi e passa attraverso le nostre anime: siamo tutti uguali. E attorno ai 35Hz possiamo sentire la mano di un dio sul nostro dorso, che ci spinge avanti, ci spinge a spingere noi stessi a rinforzare il nostro pensiero, il nostro corpo e il nostro spirito. Ci spinge a girarsi verso la persona vicino a noi per stringere le mani e sollevarle, condividendo la gioia incontrollabile che proviamo creando questo magico cerchio che può, almeno per una notte, proteggerci dagli orrori, dalle atrocità e dall'inquinamento del mondo che sta di fuori. È in questo preciso momento, con queste premesse, che ognuno di noi è veramente nato. Continuiamo ad ammassare i nostri corpi nei clubs, nei depositi e negli edifici che voi avete abbandonato e lasciato senza alcuna ragione, e gli riportiamo vita per una notte. Una vita forte, deflagrante, che pulsa, nella sua più pura, più intensa, nella più edonistica forma. In questi spazi improvvisati, noi cerchiamo di liberarci dal peso dell'incertezza di un futuro che voi non siete stati capaci di stabilizzare e assicurarci. Noi cerchiamo di abbandonare le nostre inibizioni, e liberarci dalle manette e dalle restrizioni che avete messo in noi per la pace del vostro pensiero. Noi cerchiamo di riscrivere il programma che avete cercato di indottrinarci sin dal primo momento che siamo nati. Programma che dice di odiarci, di giudicarci, di rifugiarci nella più vicina e conveniente tana. Programma che dice persino di salire le scale per voi, saltare attraverso i cerchi e correre attraverso labirinti su ruote per criceti. Programma che ci dice di cibarci dal brillante cucchiaio d'argento col quale tentate di nutrirci, anziché lasciare che ci nutriamo da soli, con le nostre stesse mani capaci. Programma che ci dice di chiudere le nostre menti, invece di aprirle. Fino a quando il sole sorgerà per bruciare i nostri occhi rivelando la realtà del mondo che avete creato per noi, noi balleremo fieramente con i nostri fratelli e sorelle, celebrando la nostra vita, la nostra cultura, e i valori in cui più crediamo: pace, amore, libertà, tolleranza, unità, armonia, espressione, responsabilità e rispetto. Il nostro nemico è l'ignoranza. La nostra arma l'informazione. Il nostro crimine è violare e sfidare qualsiasi legge che voi sentite aver bisogno di utilizzare per porre fine all'atto di celebrare la nostra esistenza. Ma ricordate che mentre potete fermare un qualsiasi party, in una qualsiasi notte, in un qualsiasi città, in una qualsiasi nazione o continente di questo magnifico pianeta, non riuscirete mai spegnere il party intero. Non avete accesso a questo interruttore, non importa quello che pensate. La musica non si fermerà mai. Il battito del cuore non si spegnerà mai. Il party non finirà mai. Sono un raver, e questo è il mio manifesto."
tratto da "rave or die"
E' chiaro che la scena è del tutto diversa da quella nelle discoteche e nei clubs. Il post-human non come disumanizzazione ma come riappropriazione della nostra autentica umanità, che in parte, a mio parere si è persa tra un sms e una fiction, tra piazze vuote e università piene di qualunquisti..( che non me ne voglia nessuno, ovviamente non sto dicendo che tutti siano tali ma una buona parte si...) Ai festini mi è capitato spesso di trovare gente interessantissima, da antropologi, sociologhi che,prima per curiosità poi perchè realmente coinvolti da un ambiente che sfugge dalla meshinità del quotidiano fanno ricerche e studi su una realtà definita "il Woodstock del 2000. Le fabbriche, i clubs gli ipermercati abbandonati e occupati per alcuni giorni sembrano inerire ad un processo di ri-territorializzazione, come d'altra parte, anche l' estrema facilità di comunicazione con i ragazzi che sbarcano alle feste....non a caso il nostro buon Deleuze era molto interessato a questo fenomeno e narra la leggenda che sia riuscito anche a fare una performance ad una rave in Austria delle Baccanti con un sociologo austriaco...parlo di leggenda in quanto informazione trovata su internet ed io non mi fido molto della rete...cmq e da un annetto che cerco di saperne di più e se procurte qualche informazione utile ed attendibile, bè fatemi sapere...ed ora qualche dritta per dei film e dei libri... 1) Kaos 2) Traveller e raver 3) Forza cani 4) Il sex-appeal dell'inorganico 5) Nomadologia 6) Fuorivena (film) 7) Koma.k (corto)
Alcuni libri (il sex appeal dell'inorganico e Nomadologia) non trattano specificatamente di questa contro-cultura ma sono dei testi chiave, quasi la Bibbia per questo movimento...bè a voi...
"Nei ritmi ossessivi la chave dei riti tribali, regni di Shamani e suonatori zingari ribelli" Battiato
______ Dorotek82@hotmail.it |
8 U L T I M E R I S P O S T E (in alto le più recenti) |
utente non registrato |
Inserito il - 03/06/2007 : 00:31:49 per sapere dove sono i party: http://shockraver.free.fr/infoparty.htm a catania ne fanno molto spesso, soprattutto in estate...se siete interessati a comprendere questo fenomeno evitate totalmente i club che derivano dalla cultura house-dance, han solo cambianto lievemente la musica, e andate solo a feste illegali, quelle dove per sapere dove sono devi telefonare....visto che son quì consiglio anch'io un paio di libri: last summer of love, che è un romanzo quindi di facile lettura e atti insensati di bellezza, saggio che fa una panoramica delle controculture, dagli hippy,all'anarco punk, alla tekno.
______ stefano@hc.it |
bisca |
Inserito il - 24/01/2007 : 00:50:19 l'unico mio dubbio e' riguardo la 'morte' della musica delle radici in occidente...la mia idea e' che in un'era di globalizzazione e diffusione /scambio di culture a livello mondiale il 'popolo'(se mi si passa l'espressione)occidentale ex-eurocentrista, ora piu' 'nord-americocentrista'(e' chiaro che sto litigando col mio stesso lessico) si sia arrogato, in senso non per forza negativo, la prerogativa di mixare la musica delle proprie radici con suoni e valenze musicali nuove prima di chiunque altro. Con questo intendo dire che sebbene in moltissimi dei generi musicali nati negli ultimi decenni(penso alla dance, a surrogati del rock leggero e del pop..ma anche a certi tipi di rap ecc.)le radici si sono perse quasi completamente, in altri casi l'esperimeto e' riuscito( e penso qui al progressive rock, al pop caldo di stampo latino, alla musica techno[appunto]ma anche a vari tipi di folk rock e molti altri).
"Un’etnografia musicale e visionaria propone di sperimentare l’attrito tra diverse culture musicali."
[segue nel testo:("Attrito, stridore, raschiare fonti soniche diverse può significare sperimentare l'alterazione: mai e poi mai la banale imitazione delle culture eurocentricamente definite “tribali” .")]
Inoltre questo sperimentare l'attrito tra culture musicali diverse e' segno proprio del fatto che la musica delle radici in occidente non e' affatto morta,l'autore di questa affermazione non pensava certo a quello che a cui penso io ma credo che il frammento renda ottimamente l'idea.Prendo come esempio un fenomeno che mi sta particolarmente a cuore:negli ultimi anni in italia e' nato un nuovo genere musicale, il cosideto reggae salentino che unisce splendidamente movenze e suoni tipici del reggae jamaicano, di hip pop moderno latino e della musica tradizionale dell'italia mediterranea(consiglio a tutti il brano 'le radici ca tieni' dei Sud Sound System)____a muscia delle radici occidentale si aggiungono altri tipi di musica tradizionale creando nuovi ritmi patrimonio nel nuovo sperimentatore cittadino del mondo.
Mi sono distaccato di molto dal discorso di partenza ma dopotutto l'affermazione che 'contesto'(nel senso buono del termine...e' solo una questione di forma,e'che il termine morte non mi va proprio giu')mi pareva abbastanza generalizzata ed estesa ad un contesto piu' ampio. Detto cio' e' chiaro che l'autore non ha l'intenzione di negare e di sbarazzarsi della cultura tradizionale, ed e' chiaro che una cosa è dire che la musica delle radici in occidente è morta e un'altra è dire che un occidentale per via del suo imprinting non può rivivere viaggi mistici come gli shamani come mi e' stato da Te appuntato, ma mi scuso dicendo che e' la prima volta che mi trovo ad affrontare argomenti di questo tipo e che di conseguenza le mie idee erano piuttosto confuse, quasi quanto il mio modo di spiegarmi...
sul fastidio che provoca il termine 'rivivere' mi trovo assolutamente daccordo con Te ma io mi sono limitato a riutilizzare termini dell'autore a cui mi riferivo, percui le tue critiche piu' che legittime non le considero indirizzate tanto a me(solo riguardo a questo punto, sia ben chiaro)quanto al professor Canevacci stesso(mi pare si parli di lui,nn ho controllato). A questo punto la tua risposta finale mi pare quanto mai azzeccata:
'nessuno può rispondere e neanche penso nessuno abbia voglia di rispondere....'
da un altro punto di vista pero' questo affermare l'impossibilita' di ridurre ad una descrizione che sarebbe quanto mai riduttiva l'espressione di un'esperienza unica come quella dell'alterazione in un raver e' a mio parere piuttosto nichilista...sarebbero molte allora le cose impossibili da descrivere...per fortuna o purtroppo c'e' spesso qualcuno disposto a mettersi in gioco e prendersi la responsabilita' di tentare..con parole o con musica
in fondo tentare non sempre nuoce..e la mia domanda non e' cosi' complicata: se il raver non ha la possibilita' di vivere viaggi mistici come gli shamani..come devo chiamare la sua esperienza?e come posso figurarla?(giusto per avere un concetto definito da associare ad un nome)semplicemente non sono ancora riuscito a capirlo
"In questo era un genio, niente da dire. Sapeva ascoltare. E sapeva leggere. Non i libri, quelli son buoni tutti, sapeva leggere la gente." _da "Novecento" di ALessandro Baricco_ |
utente non registrato |
Inserito il - 03/01/2007 : 20:26:53 Non penso che l'autore abbia l'intenzione di negare e di sbarazzarsi della cultura che in un modo o nell'altra forgia la nostra coscienza e la nostra struttura mentale....
quindi una cosa è dire che la musica delle radici (in occidente è chiaro) è morta, un'altra cosa è dire che un occidentale per via del suo imprinting non può rivivere viaggi mistici come gli shamani....
per quanto riguarda quello che un partecipante ad un rave può "rivivere" (espressione che a me risulta fastidiosa e superficiale)...bè forzare un esperienza vissuta, quindi UNICA, IRRIPETIBILE, entro la morsa di concetti "maneggevoli" solo per il gusto del paragone con diverse culture non porta a nulla....forse dovresti chiderTI: cosa il partecipante ad un rave può VIVERE?
a questo penso nessuno può rispondere e neanche penso nessuno abbia voglia di rispondere....
un mio caro amico un giorno mi disse: " bè, di questi tempi bisogna saper godere anche della decadenza"....
______ dorotek82@hotmail.t |
bisca |
Inserito il - 10/11/2006 : 20:38:16 Nel testo citato da godot ho letto che la prospettiva dell'autore "è quella di cercare di lavorare su musiche diasporiche dell’attraversamento sradicante", e che la musica basata sulle radici e'(sempre secondo l'autore ovviamente) un tipo di musica morta, ripetitiva, finita. In un altro punto che segue nel testo le affermazioni di cui ho scritto nel paragrafo precedente e' scritto: "Applicare in modo identico queste pratiche rituali alterate a un soggetto occidentale o in ogni caso alieno rispetto a quel contesto etnico - ... - è superficiale e impossibile." e che, in pratica, cio' "E' uno scimmiottare l'altro che si può basare sull'idea di una "natura umana" universale, identica in ogni contesto e in ogni tempo, per cui basterebbe spostarmi nello spazio-tempo per rientrare in qualcosa che mi appartiene su una base archetipica.". Si ammette quindi che la natura umana del singolo viene lui, per lo meno in gran parte, dal contesto dello spazio-tempo in cui e' collocato e si e' sviluppato( quindi sulle sue radici)? "Un rave nelle metropoli non produce alterazione sciamanica nè possessione alterata. Al contrario, ciascun partecipante al rave può costruirsi la sua differenza esperimentando un'alterazione che eviti trappole come la ketamina e affini.", sempre estratte dal medesimo testo, queste affermazioni mi portano a questo punto, date le premesse, a pormi una domanda: su cosa allora si costruisce l'alterazione che puo sperimentare ciascun partecipante al rave? Leggendo poi una parte successiva( "Nessun "alterato" delle nostre metropoli può rivivere il viaggio sciamanico. Se non come polverosa metafora senza alcun senso e piena di fraintendimenti; o, peggio ancora, come diffusione di un'igienica new age. Ma una volta fatta questa precisazione contro ogni risorgente romanticismo e ontologismo, tutto è possibile." ) mi e' venuto in mente che quando prima si scriveva di "pratiche rituali" si alludeva a qualcosa di diverso dalle alterazioni che ci si puo costruire in un rave, e che quindi il discorso sull'impossibilita' di applicare alterate a soggetti alieni rispetto ai rispettivi contesti queste pratiche rituali era forse riferito ad altro. Ma il dubbio persiste: cos'e' che il partecipante al rave puo rivivere pur se come metafora polverosa e sensa alcun senso del viaggio sciamanico?
"In questo era un genio, niente da dire. Sapeva ascoltare. E sapeva leggere. Non i libri, quelli son buoni tutti, sapeva leggere la gente." _da "Novecento" di ALessandro Baricco_ |
odaliscasicula |
Inserito il - 24/09/2006 : 15:33:32 Ci sono troppi pregiudizi... Questa è la verità. Appioppiamo maschere alla gente e poi ci meravigliamo se non si rivela come noi l'abbiamo immaginata! Pazienza!
«Chi sa fare sa comandare» |
utente non registrato |
Inserito il - 15/06/2006 : 22:42:47 Questo è uno scritto del Canevacci professore di antropologia alla facolta di sociologia a Roma, frequentatore da anni di rave e eventi vari di musica elettronica, ha scritto testi sui rave, sottoculture etc (molto bello il libro "Culture eXtreme. Mutazioni giovanili nei corpi delle metropoli")
Oh forse è troppo lungo, però è interessantissimo... filosofia della musica?
Una celebre frase di Adorno afferma che “forse è stato raggiunto il limite assoluto dello spazio sonoro storico della musica occidentale” (1974:171). Eppure l’ingresso di una tecnologia digitale e l’espansione verso musiche non-occidentali rende obsoleta questa affermazione. Un’antropologia della musica sperimentale si colloca – transita - lungo questi flussi sonici che alterano il limite. Una sonica eXterminata. “Suoni-corpi sospesi nell’esitazione che sviluppano tutti i sensi della disgiunzione. Articolazione disgiuntiva, dove i suoni corpi contengono un linguaggio nascosto, l’argomentazione più astratta. Formare un ‘corpo glorioso’: nulla è più verbale degli eccessi della carne. Suono-corpi che si scontrano che tagliano, che penetrano. Ascoltare è come comporre, restituzione delle sens-azioni che permette quel cammino erratico che è il solo vero scopo del comporre” (Martusciello, 2002:72). Questa affermazione di Maurizio Martusciello riflette Metaxu, il suo gruppo di musica concreta: "Nel Simposio di Platone metaxu è il demone Eros, il mondo di mezzo fra gli estremi, il luogo dell'oscillazione e della mescolanza oppure, secondo Novalis, il demone della voluttà la quale sovrintende alle nostre percezioni tattili, visuali, uditive” (ibidem). Metaxu è musica oscillante e mescolante.
3. SPRAWL is the phisical manifestation of modernity (Betsky-Adigard (2000)
Lo spazio del concerto definisce il suono. Una vecchia fabbrica nella periferia di Roma. Spazi aperti con colonne nude che sostengono l'edificio. Colonne concrete, nel senso di concret, un cemento armato che sconcretizza. Una sorta di enorme loft. I Pan Sonic stanno su uno dei lati: sono in due e usano i computer come strumenti musicali con una fissità corporale inquietante. Su uno schermo in alto, è proiettato un cubo nero. Come la musica inizia, cingolando tra rumorismi post-industriali, perchè tutto è suono, ogni distorsione timbrica/acustica causata dal gioco delle frequenze - che raggiungono altezze ormai difficili da udire nei CD - produce una distorsione grafista del cubo nero proiettato, che può diventare un insieme di fasci neri, un quasi-piatto vibrante, una infinita variazione geometrica costruita di volta in volta dal pan sonic. Il rumore-di-suono è forte, panico, a volte fortissimo, è accelerato, raschia ogni possibilità elettroacustica. I due sono come immobili, muovono appena le mani sulle tastiere, il viso impassibile, l'espressione quasi lontana, direi cupa e indifferente allo stesso tempo, il corpo dritto e leggermente piegato sui visori per seguire o inseguire le torsioni timbriche sul display. Il concerto, dopo un inizio fosco, si avvita nelle ricerche di frequenze sporche, trova tensioni residuali, tenta di placarsi su rivoli acustici elettromagnetici, ma si sente che loro stanno cercando il climax. Infatti, in un crescendo parossistico, un diluvio di accelerazioni rumoriste sommerge l'intero loft. Sento tensione e anche qualcosa che ha a che fare con l'angoscia. Forse è la loro angoscia, la cupezza pansonica che arriva dentro il corpo aiutata da frequenze che forano. O forse quel contatto tra agonia e orgasmo cercato da Bataille o Burroughs. Il quadrato nero si torce fino all'inverosimile, quasi diventando una sottile linea nera che si piega su se stessa, come se il biancore dello schermo si sforzasse di schiacciare ogni vibrazione scura, per portarla all'invisibilità attraverso un’accecante vibrazione sonica. Il climax del concerto arriva come un sussulto tenebroso fatto di precipizi parossistici, sonorità dilatate, residui sconvolti. I flussi panici e grafici di questa musica sono eseguiti e sentiti corporalmente. Sono somatizzati. Vale per l’intera musica diasporica quello che Paul Gilroy sente per l’Atlantico nero dove “la contaminazione liquida del mare comportava sia la mescolanza che il movimento” (2003:33): storie translocali, movimenti itineranti (routes), avventure extra-nazionali, creatività interculturali, controstorie inventive, sonicità eccentriche Sradicarsi dalle roots come qualcosa di oscuro che sprofonda, immobilizza, lega: che condanna ad un’identità territoriale, razziale, etnica o sessuale in un modo uniforme, determinato da un passato immutabile. Sviluppare un’antropologia delle routes come itinerari, viaggi, incroci. Attraversamenti sonici: che inseriscano nel proprio paesaggio timbrico i resti, i residui, le scorie; così come emergono acusticamente tra le fratture dissonanti della metropoli comunicazionale. Credo che questo sia il contesto contemporaneo non solo della percezione ma anche dell’innovazione di quella che definiamo musica, perché la musica contemporanea o è musica dell’attraversamento, musica del viaggio, dell’itinerario oppure non è. Un itinerario che non finisce come inizia, che non va dallo stesso allo stesso, che non chiude il cerchio filosofico-musicale, anzi, che non stia proprio nel cerchio, nella tradizione armonica che "riconosce". Etnografie itineranti dello stridore irrisoluto. Non possiamo più affermare che la produzione e l’ascolto della musica contemporanea siano basati sulle radici. Questo tipo di musica è morta, è ripetitiva, è finita. E' radice cariata. La mia prospettiva è quella di cercare di lavorare su musiche diasporiche dell’attraversamento sradicante. E allora, da questa prospettiva, alcuni frammenti delle metropoli contemporanee, così come sono distesi nei rispettivi spazi-sprawl, diventano un laboratorio sonico, proprio perché i concetti tradizionali di città e anche di metropoli sono stati messi in discussione. Una inter-connessione che emerge prepotente e, per chi la voglia ascoltare, assordante, è tra musica, antropologia, architettura. Nei suoi incroci comunicazionali emerge il ritmo dello sprawl. Lo sprawl è un conglomerato acustico. Esso spezza le radici della memoria. La memoria si riascolta sulla base dell'identico. La ripetizione è il suo strumento e la sua etica. Un'aria da ripetere finchè non ti sia entrata nel corpo. L'aritmia decomposta dello sprawl è l'iterazione: che microchipsa l'atonale, delucida nella sua ossessiva pulsazione senza-tempi da lost highways. "We live in a world of sprawl. Everywhere around us, cities are dissolving into concatenations of inhabitants what are spreading throughout what we used to think as nature. The result is a hybrid, human-made landscape. This sprawl is symptomatic of the breakdown of all those fixed organizational and conceptual structures that once established safe frameworks around us. Sprawl organizes itself around attractors. These are the monuments of our new age and include shopping malls, airports and sports stadia. The structure of sprawl is that of the freeways and arterial roads that take up more and more space, invading our sense of place with movement. We inhabit sprawl in increasingly undifferentiated loft-like spaces" (Betsky-Adigard). Sprawl percorso da mutoidi sradicanti lungo attrattori che compongono suoni figurali. Suoni figurali. Grafismi sonici. Sonica ottica. Il contesto sonico dello sprawl é la nuova metropoli comunicazionale. Un libro di architettura s’intreccia con le ricerche di antropologia e che non casualmente usa come termine per definire il nuovo contesto metropolitano “spazi ibridi”. Gli spazi ibridi sono gli nuovi spazi di nuove sonorità architettoniche e antropologiche. Questi sono gli spazi e gli spartiti degli sprawl, di conglomerati sonici e figurali che non hanno inizio né fine. Sprawl come architetture/antropologie che si rifanno a moduli estetici che hanno a che vedere e a che "sentire" con musiche spazialmente alterate. Il rapporto spaziale tra musica/non musica è stato affrontato da Murray Schafer. A suo avviso, "l'astrazione e sterilizzazione della musica occidentale potrebbe essere direttamente legata al passaggio dalla vita in spazi aperti a quella in spazi chiusi" (2001:349). Pur tuttavia, in lui rimane una sorta di pregiudizio sulla cosiddetta superiorità popolare dello spazio aperto come spazio pubblico contro lo spazio chiuso come spazio aristocratico-borghese. In realtà così non è. Un autore così avanzato non coglie le novità delle musiche fisiche contemporanee che, pur stando dentro spazi chiusi (le aree dismesse, vecchie fabbriche ecc.), si espandono verso un oltre cartografico. La techno emessa in un rave non è una chiusura della musica in confronto alla musica di strada più popolare. Al contrario, la techno è incontrollata e incolmata, il suo inquinamento acustico è virale nel senso che intacca ogni assuefazione normalizzata, ogni ecologia della musica compatibile. Nonostante questo limite, purtroppo diffuso, sul sentire contemporaneo, Murray Schafer svolge una ricca analisi a partire dalla ricerca attraverso soundscapes: "La musica prodotta in luoghi pubblici non richiede silenzio, si mescola con tutti gli altri suoni presenti. Spesso non ha nè un inizio nè una fine, perchè ci si passa attraverso, o magari è lei che ci passa accanto. Non cerca pareti di protezione o un pubblico raccolto che l'apprezzi. In termini di consapevolezza sensoriale, potremmo dire che mentre la musica eseguita in concerto incoraggia un ascolto focalizzato (e una visuale focalizzata), la musica all'aperto stimola un ascolto periferico, involontario, in sottofondo" (351). Rumori ambientali, sonorità analgesiche, saturazioni acustiche, pareti timbriche, sprawl dissonanti, ritmi web, compulsioni soniche ... Vorrei sottolineare la correlazione tra l’esperienza dello sprawl - spazi ibridi, nuove architetture, corpi mobili - e la percezione/produzione di musica innovativa. Musica dei residui. E allora l'ascolto dei Pan Sonic (di un suono panico) ridefinisce l’ambito del rumore. I Pan Sonic suonano di fisicità del rumore della musica. Qualsiasi macchina, anche quelle autocostruite dai Pan Sonic, produce musica, perchè - se "tutto" (pan) é musica - solo il residuale è sonico. Percepire il passaggio dalla musica al sonico. Una fisicità sonica, il cui senso auditivo non è più ballabile ma è perforante; è un tipo di musica che ti attraversa, ti fora. Lo sprawl è soundscape forato.
4. alterazione lacerata
A lungo nella ricerca etnografica si è utilizzata l'espressione stati alterati di coscienza per indicare i processi rituali attraverso cui in diversi contesti culturali si sperimenta la trance, la possessione o l'estasi; recentemente, qualcuno ha tentato di modificare tale espressione con stati alterati del corpo, per significare la centralità materiale del fisico in tali processi. Entrambi mi appaiono obsoleti perchè nelle due espressioni si mantiene il dualismo coscienza-corpo, che nella storia del pensiero occidentale ha significato una strategia del dominio caratterizzata dalla classificazione gerarchizzata. Forse l'espressione stati alterati fuoriesce da tale trappola tassonomica per affermare una dimensione fluida, pluralistica, polifonica all'interno dello scorrere dei concetti. Di concetti liquidi e alterati. L'alterazione è ricercata da molte culture e le soluzioni che si sono trovate e che continuano a trovarsi sono tra loro profondamente differenti. Perchè le culture sono prima di tutto differenti tra loro. Le prospettive universalistiche sono semplificazioni che riproducono il dominio non solo dentro il linguaggio. Al contrario, inserire instanze liquide all'interno dell'alterazione significa intaccare le istanze filosofiche e religiose, psicologiche e politiche basate sul principio di identità. Alterare - inserire l'altro dentro il singolo soggetto - significa che l'io non è più un'istanza unitaria, compatta, omogenea, bensì che l'io si può pluralizzare al suo interno. Farsi scorrere il plurale dell'io significa rischiare la moltiplicazione degli "ii", farsi scorrere l’altro dentro. Significa configurare gli "altri" interni. E allora l'alterazione - come ricerca dissonante e dislocante dell'io - afferma la visione di rischiare e raschiare lo stridore del viaggio lacerato contro o, meglio, oltre il potere stabile dell'identità. L'alterazione, infatti, è lacerazione, è frattura, è sofferenza: si può incorporare l'altro solo in quanto si patisce una "alterità-altra" già nel proprio io interno. E questa alterità-altra è una asistematica catena semiotica - una extrasistole dell'io - che connette divisioni ecologiche che normalmente sono separate: umano, animale, vegetale, inorganico si possono "assumere" (o "calare") in un farsi carne, pelle, ossa. Mente ecologica. Dilatazione esterna dell'io lungo i canali dove viaggia la comunicazione. Musica. In molte culture, il controllo sulla "normalità" quotidiana risulta essere insufficiente di fronte a malattia, morte, passioni, disastri (si riascolti il pianto Bororo). Da qui le invenzioni di multiformi pratiche rituali - che ruotano intorno all'alterazione di un ben determinato soggetto all'interno di una cultura - come ultimo, disperato tentativo di controllare lo strapotere della natura. Tale soggetto è ritualmente alterato in quanto assume tutte le varie alterità incontrollabili esterne e le trasforma - viaggiando - in interne. "Assume" il male senza controllo della natura e lo trasforma in corpo. In suo corpo. E dentro questo suo corpo "cala" il fiore del male, il cuore di tenebra o il pasto nudo. A tal fine, in genere si distingue la trance dalla possessione: semplificando, la prima è maschile, nasce tra cacciatori e raccoglitori, è individuale; la seconda è femminile, nasce tra agricoltori, è collettiva. L'una è "asiatica", l'altra "africana". Purtuttavia, nelle rispettive diaspore queste articolazioni si sono sia ulteriormente differenziate che incrociate in moduli tra loro molto diversi. Il sincretismo ibridizza anche l’alterazione nella transe e nella possessione. Applicare in modo identico queste pratiche rituali alterate a un soggetto occidentale o in ogni caso alieno rispetto a quel contesto etnico - come è stato teorizzato da alcuni ricercatori italiani e francesi - è superficiale e impossibile. Tutto ciò ha generato una serie di gravi fraintendimenti. Sperimentare lo stato alterato all'interno della cultura siberiana (o replicarlo al di fuori) dovrebbe basarsi su una lunga permanenza in quel contesto, in cui si perde ogni relazione con la propria identità precedente e sostituirla con un'altra del tutto nuova. Un certo cinema ha diffuso queste pratiche per rendere eroe sempre e solo l’uomo bianco occidentale e trasformare in paesaggio ecologico o passaggio rituale la sua permanenza nelle culture etniche. Questa visione assimilazionista (e molto romantica) non è praticabile secondo la ricerca antropologica. E' uno scimmiottare l'altro che si può basare sull'idea di una "natura umana" universale, identica in ogni contesto e in ogni tempo, per cui basterebbe spostarmi nello spazio-tempo per rientrare in qualcosa che mi appartiene su una base archetipica. Ma tutti questi approcci basati su universalismi, assimilazionismi, archetipicismi sono quanto di più falso, etnocentrico, totalizzante e dominante prodotto da una certa cultura occidentale, contro cui si è sempre indirizzata la ricerca etnografica sul campo. Un rave nelle metropoli non produce alterazione sciamanica nè possessione alterata. Al contrario, ciascun partecipante al rave può costruirsi la sua differenza esperimentando un'alterazione che eviti trappole come la ketamina e affini. Nessun "alterato" delle nostre metropoli può rivivere il viaggio sciamanico. Se non come polverosa metafora senza alcun senso e piena di fraintendimenti; o, peggio ancora, come diffusione di un'igienica new age. Ma una volta fatta questa precisazione contro ogni risorgente romanticismo e ontologismo, tutto è possibile. La musica da sola - come le "sostanze" - non produce alterazione sciamanica. Entrambe possono modificare le percezioni e le visioni solo se calate all'interno di un contesto dentro il quale ci si aspetta - culturalmente e psichicamente - quelle risposte "devianti". E' solo grazie al potere dei simboli e dei rituali socialmente condivisi che l’io può iniziare il suo viaggio. Fuori da questo contesto - sedimentato corporalmente da sovrapposte tracce mnestiche - si realizzano solo penose esperienze o al meglio frustranti autoconvinzioni. Le alterazioni sciamaniche non possono replicarsi in contesti "altri", pur tuttavia le ricerche su tali pratiche possono favorire il rinnovamento sulle proprie alterazioni qui ed ora a partire dall’affermazione di una differenza profonda e non da una identità di superficie. Infatti, parole quali "spirito, magia, ritmo" hanno un significato diverso tra gli sciamani e, nella loro traduzione, si produce sempre un eccesso di tradimento: un’assimiliazione linguistica dentro il nostro ordine del discorso. E questo vale anche per concetti come “transe, possessione, alterazione”. Il tremore dei sonagli, del tamburo, del corpo è anche tremore delle molte animalità, vegetalità, cosalità che lo sciamano sperimenta e che ha imparato ad alterare incorporandole. Cioè facendole diventare suo corpo. Nella mia esperienza nel candomblé in Brasile, la persona posseduta non sostituisce il proprio io con quello della sua divinità: vi è come una rischiosa coesistenza nell'io tra più soggetti. La possessione non è sostituzione, bensì moltiplicazione e coabitazione. Un coabitare l'io con l'altro: e l'altro-alterato è il sacro vestito o travestito in ogni suo aspetto umano-animale-vegetale-minerale ecc. Da qui quel mix di piacere e sofferenza che ne segna la sua esperienza. Orgasno e agonia. Rompere la divisione classificatoria tra i vari mondi e tra i vari io: questa la sfida che lancia l'alterazione. Ma questa sfida dell'alterazione non deve andare verso irrazionalismi archetipici, repliche mistiche, identificazioni estatiche. Al contrario, essa può ripensare - in modo ibrido e non identitario - l'improvvisazione e l’innovazione spontanee come disequilibrio delle energie: riflettere e ricreare le modalità in cui uno sciamano può fare uso del disorientamento e dell'ambiguità: sentire l'irregolarità delle gocce di pioggia. Il tempo musicale come gli spazi mentali accelerano e rallentano al massimo la caduta delle gocce. E la "registrano" come corpo-pieno-di menti e di-ritmi. Infatti, quello che si può intendere come musica riguarda il suono, il rumore e il silenzio – la visione e il visore. E il rapporto sperimentale tra antropologia, musica, grafismi nasce anche da inquiete moltiplicazioni. Un’etnografia musicale e visionaria propone di sperimentare l’attrito tra diverse culture musicali. Attrito, stridore, raschiare fonti soniche diverse può significare sperimentare l'alterazione: mai e poi mai la banale imitazione delle culture eurocentricamente definite “tribali” .
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blackshtarda |
Inserito il - 29/05/2006 : 19:10:52 Posso fare una domanda? DOVE E'POSSIBILE A CATANIA ASCOLTARE DELLA MUSICA TEKNO/ELETTRONICA/SINTETICA et similia? E' una domanda troppo banale?Essendo una di quelli che non si scandalizza affatto,o meglio che la va proprio a cercare,vorrei sapere un po dove posso fare pratica,visto che in un blog è possibile solo fare teoria,tekno-teoria! Confido in una risposta da qualcuno che prenderà a cuore la causa di una ascoltatrice (e ballatrice)di musica senza limiti.
oh yeah |
utente non registrato |
Inserito il - 29/05/2006 : 18:01:13 troppi errori!!!!! :/ vabbè dgtando spesso mi addormento
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