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 Inland Empire, di D.Lynch

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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
digiu Inserito il - 27/01/2007 : 13:05:58
Resoconto dopo l'anteprima nazionale del film che David Lynch ha presentato a Venezia in occasione del Leone alla carriera.


DIGRESSIONE SU LYNCH
(qualche idea a beneficio di color che son sospesi)

Si sa, non a tutti piace David Lynch e il motivo consiste nella sua abilità a sfidare i peggiori colpi di scena del cinema americano e insieme la lentezza delle cimematografie orientali. I film di David Lynch sorgono in un punto d'intersezione di due stili estremi e incompatibili e di per sé border line: al confine di quella recinzione che dovrebbe dividere e distinguere rispettivamente il cinema dal ritmo letterario e dai colori squisitamente pittorici, e il cinema rispetto ad altri generi bassomimetici come la farsa e l'orrorifico, in voga nei teatrini della suburra fino all'ottocento e poi addomesticati e dismessi.

E tutto ciò senza addentrarci nelle disquisizioni sull'evidente circolarità aperta e frammentaria dei suoi plot che di fatto impediscono allo spettatore medio un approccio acuto e un'adesione spontanea alla cinematografia pretestuosamente non lineare.



IMPRESSIONI SU INLAND EMPIRE
(Impressioni a caldo, dacché l'anteprima s'è svolta a Bologna stanotte dall'1.15 alle 4.15)

Una visione o un incubo. Una matassa che rotola, si dipana e nel frattempo si attorciglia, torna e ritorna e infine esplode. Come potrebbe mai esplodere una matassa?!
Un'allegoria degna di Inland Empire, tre ore di metacinema (una storia di attori che interpretano altri attori e altri film, all'apice d'un mistero che li vedrà sovrapporsi a più riprese ad altre figure e ad altri uomini, come in un transfert collettivo), metacinema ed incubi mostruosi.
E soprattutto: il film per buoni due terzi raggiunge intensità senza pari, specie nella prima parte che si giova di una eccellente fotografia (capace da sé, sembra paradossale, di scandire il ritmo!), dove i tagli sui visi perfino per scene che gli attori recitano seduti(!) e le straordinarie performance di Laura Dern e J.Theroux, raggiungono coralmente e senza eccezioni il sublime.

E se questo fosse l'arrosto diciamo che il brodo consisterebbe nel genere del terrore, nella scoperta e riscoperta di un luogo dagli specchi abominevoli che replicando uomini replicano storie, contaminano esistenze, ci aprono un varco osceno come fossimo burattini d'una tragedia greca...costretti a ricalcare parti già scritte e già vissute (il regista avverte: "ve lo devo dire, la produzione non vi ha informato, quello che reciterete non sarà un film, ma un remake") fino alla deformazione finale, ovverosia la perfetta identità tra passato e presente, un delirante annullamento.

E se oggi una tale fusione tra generi, arti e prospettive (anche filosofiche), nella sua complessità e finanche nella sua imperfezione non rappresentasse l'autentica sfida registica dei nostri tempi, mi chiedo, cos'altro ci resterebbe nel cinema e del cinema?



Una prosa un po' folle, me ne rendo conto, per un film che non può e non deve essere raccontato...ma visto, assaporato e perfino giudicato male, se lo riteneste, ma MAI disprezzato.


digiu.
3   U L T I M E    R I S P O S T E    (in alto le più recenti)
Biuso Inserito il - 14/02/2007 : 15:10:46
David Lynch
INLAND EMPIRE
Con Laura Dern, Jeremy Irons, Justin Theroux, Julia Ormond
USA, 2006




Frammenti di memoria che si ricompongono in una serie concentrica di cerchi; un perfetto stream of consciousness che coniuga in modo inestricabile realtà (?) e immaginazione (?); una dura condanna del mondo di Hollywood, della sua incapacità di partorire veri sogni, della sua violenza; cinema dentro il cinema che sta ancora dentro il cinema coinvolgendo alla fine (come nella Rosa purpurea del Cairo) colui che guarda, lo “spettatore”; cunicoli e corridoi dai quali può in qualunque momento emergere l’orrore (Shining) e passaggi impossibili da un ambiente a un altro come nelle stanze finali di 2001; e soprattutto orologi ovunque, domande sul tempo e sulla inversione e mescolanza delle sue tre “estasi”.

Tutto questo creato attraverso l’uso magistrale di strumenti come il grandangolo sui primi piani, i colori innaturali, il gioco continuo delle ombre, le musiche sempre “dentro” l’immagine sino al ballo finale sui titoli di coda. E assecondato, sostenuto da una grande Laura Dern, in scena quasi dal primo all’ultimo fotogramma.

Kubrick, Joyce, il mondo infero dei sogni e la teoria della relatività in un solo film. Come dichiara uno dei personaggi: «È tutto ok, stai solo morendo».

agb
«La Luce splende nelle tenebre ma le tenebre non l'hanno accolta»
(Jeshu-ha-Notzri. Gv, 1,5; 3,19)
hooverine Inserito il - 12/02/2007 : 17:05:12
(sono una persona distratta)

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Biuso Inserito il - 12/02/2007 : 15:26:17
[Sposto qui l'intervento di hooverine, che non si era accorta del topic aperto da digiu]
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Ieri, alle tre del pomeriggio, siamo entrati in un cinema a Genova, per guardare l'ultimo film di David Lynch. È la storia di un'attrice (Laura Dern) chiamata ad interpretare un film (diretto da Jeremy Irons) che si scopre essere il remake di un altro film, mai finito a causa dell'assassinio dei due protagonisti. Nel frattempo, una giovane donna piange fiumi di lacrime guardando una sit com conigliesca. Un giorno prima della formalizzazione del suo incarico, Laura Dern riceve la visita della stravagante vicina di casa (ricordate la madre di Laura Palmer?), latrice di bizzarre profezie e artefice uno strappo temporale che si risanerà soltanto alla fine (forse).
Questa la trama approssimativa. Il resto è incastro, successione di quadri narrativi perfetti, immagini meravigliose, musica come sempre usata con maestria, connessioni arbitrarie, dramma della gelosia, critica alle ossessioni di Hollywood, e nelle ultime sequenze una strizzata d'occhio a coloro che avevano visto ed amato Mulholland Drive, quasi a dire avete visto che posso andare ancora oltre?

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