V I S U A L I Z Z A D I S C U S S I O N E |
quark |
Inserito il - 10/11/2006 : 17:01:51 A.I. Intelligenza Artificiale Steven Spielberg
Definire il film una “filastrocca futurista” potrebbe essere riduttivo ma al contempo coincidente con la struttura fiabesca tipica delle funzioni di Propp, successioni costanti(allontanamento, tranello, mediazione, lotta eroe e antagonista, trasfigurazione dell’eroe…) che caratterizzano lo stile dei racconti ingialliti romanzati, in cui l’immedesimazione dello spettatore all’interno del protagonista risulta inevitabile. In questo caso, parliamo di David, il primo bambino robot in grado di “amare”. Un’immedesimazione, dunque, razionalmente forzata, tuttavia intenerita da un immaginario in cui il “dramma infantile” si incastra sul piano della secca sperimentazione tecnologica. David viene adottato da Henry e Monica Swinton, una coppia il cui unico figlio,Martin, appare in stato di coma grave. Martin, una volta guarito, ritorna a casa ed qui che ha inizio il drammatico schema contrappositivo tra umano e artificiale. David è un Mecha, un agglomerato di raffinati meccanismi che si scioglie non appena mangia verdure in eccesso, il cui unico scopo è “riconoscere” la madre e realizzare il proprio affetto industriale nei suoi confronti. Martin è un Orga, impetuosa scarica di malizia, provocazione e sana imperfezione. David viene abbandonato in un bosco dalla madre, figura distorta e compromessa da un surrogato di dolore/amore verso il bambino robot, poco robot molto bambino o viceversa. Alcuni critici ritengono che l’obiettivo del regista fosse quello di sottolineare l’incapacità umana di dare amore ad una figura profanamente santificata come quella di David, eterna fonte d’amore lindo e disinteressato, quando probabilmente è sola la consapevolezza di sapere che David sia un robot a condizionare il comportamento della madre “umana troppo umana” e in un contesto pseudo-morale come questo, in cui prima di decidere cosa sia bene o cosa sia male bisognerebbe comprendere quale sia il confine uomo-artificio, non esistono colpevoli o innocenti . L’abbandono di David segna l’inizio di un’avventura fortemente intrisa di toni collodiani ( il protagonista pare assumere il ruolo di un Pinocchio alla ricerca del suo Babbo) dal ritmo per certi versi ridondante e “balocchiano”, causante un effetto-pietas nei confronti del protagonista, onesto come una “Ballata dell’amore cieco” deandreana e “diverso” come detta lo stile del regista (il tema del diverso è trattato anche in E.T. L’Extra-Terrestre, ad esempio). La fiera della Carne e la caccia ai robot diventano il campo di lotta in cui David persegue senza mai alcuna resa il suo obiettivo : trovare una Fata Turchina che lo trasformi in un bambino vero, cosicché la madre possa ricambiare il suo amore. Il suo amore. Suo. Quale fatale sensazione potrà gustarsi di me al momento di sapere che l’Io non avrà più un Mio, poiché Io non esisterò più in quanto Me ma in quanto prodotto di una serialità diluita in un’insistenza e non più esistenza della mia persona? David scopre di non essere l’unico robot in grado di seguire un sogno. Infinite mamme per infiniti David sono il risultato del progetto più inquietante che la mente umana possa pensare : eliminare l’unicità dell’individuo. La consapevolezza di non essere Unico, frantuma l’ingenuità del bambino che “morirà di contemplazione eterna” di fronte alla Sua tanto cercata Fata Turchina. Il cuore dell’oceano come dimensione sub-(acquea)conscia in cui tutto è origine, implosione del senso. Silenzio.Una serie di finali a spirale interagiscono per creare un’atmosfera di atteso compimento. All'interno di uno spezzone estemporaneo, incoscio e frutto di una memoria ricucita per un giorno, il bambino realizzerà il suo sogno: lui, la madre, l’amore. E niente fu più perfetto di quel giorno senza tempo, né ragione. Il cuore nella memoria.
So di non sapere. |
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Biuso |
Inserito il - 14/11/2006 : 16:53:49 Ringrazio quark per questa pagina davvero molto intelligente (oltre che coltissima: da Propp a De Andrè, dall’inconscio alla tecnologia!), che mi ha aiutato a comprendere meglio un’opera che alla sua uscita (2001) avevo apprezzato solo in parte, forse perché ho sempre rimpianto il film che Kubrick ne avrebbe tratto se il morire non glielo avesse impedito…
E, in effetti, la parte iniziale e quella finale hanno qualcosa di kubrickiano, soprattutto per l´atmosfera quotidiana e insieme inquietante, per la domanda sul senso che scaturisce da ogni scena, per la dimensione filosofica. Nel mezzo però, il film mi era sembrato decadere a incrocio fra un rodeo e i gladiatori romani...quark accenna soltanto a questa dimensione e coglie invece assai bene il riferimento continuo ed esplicito a Pinocchio, un libro davvero immortale.
Intenso il finale, nel quale David (nome sempre evocativo…) viene ritrovato da una nuova specie di androidi che gli donano, anche se per un giorno soltanto, la sua madre umana e adorata.
agb «Il tempo sembra essere presente in ogni cosa, sulla terra e nel mare e nel cielo» (Aristotele)
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