V I S U A L I Z Z A D I S C U S S I O N E |
Biuso |
Inserito il - 10/06/2006 : 21:27:51
Quindicesimo secolo. La Russia dei granducati, delle masse contadine, delle invasioni tartare. Andrej Rublev è un giovane monaco-pittore che viaggia per campagne e città conoscendo la guerra, la bellezza, l’angoscia. Un santo molto inquieto e molto umano.
Ho visto solo ora questo film del 1969, un capolavoro complesso e bellissimo, nel quale Tarkovskij è capace di coniugare grandi scene di massa (la festa pagana dei contadini nudi, l’assedio a una città, la fusione collettiva di una gigantesca campana) con uno sguardo che sa penetrare persino l’anima dei personaggi e dei luoghi. La cinepresa si muove con la stessa inquietudine e solennità della mente del regista, disegnando una serie ricchissima ed enigmatica di simboli che attengono alle tradizioni russe, alla storia di questo popolo che vive da sempre al confine tra Europa e Asia. Ma simboli che affondano soprattutto negli archetipi del corpo, dello spirito, del Sacro. Dal bianco e nero di tutto il film, i pochi minuti finali si trasformano nei colori potenti e antichi degli affreschi e delle icone. Un’opera di stupefacente e dolorosa bellezza.
agb «Nec ridere, nec lugere, neque detestari, sed intelligere» (Spinoza)
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