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domenica 24 novembre 2024 ore 17:52:43
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 La ragazza con l'orecchino di perla

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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
Biuso Inserito il - 29/03/2004 : 19:41:39
Ho visto da poco La ragazza con l’orecchino di perla di Peter Webber. Degli amici che hanno letto il libro di Tracy Chevalier sono rimasti un poco delusi. A me –che non conosco il romanzo- il film è piaciuto per varie ragioni.
La prima è la restituzione della luce di Vermeer, quella luce che è una sola cosa con la materia e che qui sembra prendere vita.
La carnalità, poi. I corpi, infatti, sembrano non incontrarsi mai e tuttavia il film è intriso di un erotismo gentile e profondo.
La ricostruzione della Delft secentesca mi è parsa, infine, molto accurata.
Al di là di tutto, a me questa Ragazza ha dato una certa emozione. Forse anche perché ho rivisto il Panorama di Delft del quale parla Proust a proposito della “piccola ala di muro giallo”, che compare in quel quadro e che rappresenta per lui la perfezione della pittura.
Forse si tratta di un film più proustiano di altri dedicati alla Recherche. La bellezza dell’opera unita a quella di una donna, l’irraggiungibilità del desiderio, il senso del mondo che risiede nei suoi particolari… Ma è meglio che non cominci a parlare di Proust! (Almeno in questo forum…)

agb
La filosofia è la musica più grande. (Platone)
8   U L T I M E    R I S P O S T E    (in alto le più recenti)
Cateno Inserito il - 04/05/2004 : 12:02:40
Finalmente ho visto anch’io “The Passion”. Volevo intervenire ieri sera ma ero troopo stanco: ho dormito 12 ore! Guardandolo pensavo soprattutto a due cose: il raffronto coi precedenti e, questo è “colpa” vostra, cosa avrei scritto in questo forum. Sentivo brani di Bach della “Passione secondo Matteo” (che credo piacerà molto al prof. Biuso), brani della “Buona novella” di De Andrè, scene e musiche di “Jesus Christ Superstar” e nel contempo mi rammaricavo di non aver mai veduto il film di Pasolini (chissà perché, ogni volta che ne ho l’occasione accade sempre qualcosa che la fa sfumare: mi è già accaduto quattro volte!). A parte le giuste critiche che avute mosso, condivisibili, aggiungo che forse Satana, ferma restando l’americanata, ha tratti che si avvicinano alla tradizione che potremmo definire medievale; non so, Satana mi è sembrato troppo, come dire, vistoso, nel senso che forse sarebbe stato meglio intuirlo piuttosto che vederlo in quel modo così spiccato; un’altra cosa che molti hanno sottolineato come negativa e che mi ha dato un po’ fastidio è stata quella sorta di combattimento iniziale tra Pietro e i soldati, Pietro sembrava un esperto lottatore, mi ha ricordato “Il gladiatore”! Però tale scena, forse più breve e meno tecnica nello stile di lotta, può anche starci, è in linea con il “realismo” violento del film. Mi è piaciuta l’idea dei bambini persecutori di Giuda e del bambino tenuto in braccio da Satana, anche se c’è anche in questi casi, la tendenza a strafare, a mostrare deformità non necessarie (Gibson mi ha fatto ricordare questa situazione: una volta, dato che mi ci avevano invitato benché mi sapessero “non credente”*, sono andato a degli incontri neocatecumenali, e costoro hanno cominciato a dirmi che fuori di là il male era ovunque e ovunque c’era il peccato). Dopo queste critiche, dico che ho apprezzato tante il film ed il Gesù di Gibson: gli attori erano straordinari (tranne la Bellocci; mi dispiace ma, non so se per pregiudizio o perché è così, non la sopporto, recita come se stesse attenta a quello che deve fare, a volte si muove pure a scatti; e poi avrei dato più spazio alla Maddalena; sembra lì per caso, sembra un’amica di Maria e basta), Gesù era capace di mostrare il pacato carisma di certi discorsi e l’atroce sofferenza delle fustigazioni, Maria… Be’, che dire di quella figura e di come è stata interpretata? Me ne sono innamorato! Credo però che Gibson abbia colto il segno per altri motivi, che poi sono i tratti caratteristici del film. Partiamo da De Andrè: egli non concede nulla allo spettacolo, è tutta sofferenza intima, tutto è immerso in una luce crepuscolare, in odori di polvere, in lacrime e terra, in voci di persone, che raramente, se non mai, urlano. Oggi, forse non sarebbe stato possibile produrre questo. Prendiamo “Superstar”: lì tutto è puntato sulle vicende umane, come dire, esteriori, sull’amicizia e sull’ammirazione tradita di Giuda, sull’amore della Maddalena, sul tradimento di quegli stessi che l’avevano osannato con le palme pochi giorni prima. Questi due Gesù, hanno in qualche modo una rilevanza politica, seppure diversa. Consideriamo i brani conclusivi: in De Andrè, che condivido in tutto e per tutto, “non voglio pensarti figlio di Dio, ma figlio dell’uomo” perché in nome di quel dio si sono uccise persone, si è ucciso Gesù, poi lo si è chiamato Dio, ancora un volta nel suo nome si sono uccise persone; nell’altro, Giuda continua fino alla fine a chiedere a Gesù chi è, cosa vuole, cosa significano gli altri profeti Buddha o Maometto, gli chiede per cosa è morto, cosa ha sacrificato. In entrambi manca Satana. In entrambi la pena fisica è quasi secondaria se non insignificante nei confronti della sofferenza interiore. (Tralascio Bach volutamente.) Gibson cos’ha colto? A mio avviso ha colto l’unico modo per proporci un Gesù oggi; ho colto la violenza, il sangue, la sofferenza; ha capito che saremmo stati o, meglio, molti di noi sarebbero stati impreparati ad un Gesù diverso, ad un “solito” Gesù che ogni giorno ci propongono e che ci descrivono in chiesa la domenica; ci ha fatto capire, come suggeriva Arianna, che al di là delle razze, ognuno è colpevole delle sofferenze o, se non colpevole, è passivo; ha parlato col sangue a chi è cresciuto col sangue. Il prof . Biuso un paio di lezioni or sono, ha parlato di una comprensione del dolore che può avvenire in due modi diversi, l’un completandosi con l’altro: una specie di comprensione intellettuale e un’altra, anche se non ricordo le parole precise, emozionale, affettiva. Or bene, l’una permette di cogliere o può servire da punto all’altra, la prima può aiutare ad affrontare meglio l’altra. Credo che, in generale, oggi manchi questa specie di comprensione intellettuale. Gibson è stato diretto, ha puntato alla fisicità dell’affetto, ha fatto comprendere emozionalmente la vicenda di Gesù. Adesso chi vuol riflettere riflette.


*Chiarendo, non sono cristiano, nel senso che non credo alla resurrezione e ad altre cose che non sto qui ad elencare, però ho frequentazioni cristiane molto forti: sono uno scout, ho amici preti, non ho alcun timore a seguire una messa, apprezzo ogni cosa di quello straordinario uomo che fu Gesù. Dico questo onde evitare equivoci.


Biuso Inserito il - 28/04/2004 : 22:51:51
quote:

Attendo un tuo parere insieme a quello degli altri dopo averlo visto.



Ho visto oggi La passione di Mel Gibson e devo dire che l’analisi fattane da Arianna è quasi perfetta. Dico quasi perché ho l’impressione che avrebbe giovato molto al film abbreviare la scena della flagellazione e soprattutto quella della via crucis, nella quale le cadute del Cristo si susseguono troppo numerose e rischiano un poco il grottesco. Non si capisce, in effetti, perché mai i romani debbano accanirsi in questo modo contro uno che per loro equivaleva a qualsiasi altro condannato a morte.
Condivido del tutto il giudizio su due degli elementi da te messi in luce: la determinazione di Gesù nel voler portare a compimento l’opera della salvezza e la splendida figura di sua madre.
Efficace la scena della morte perché breve e piena di simbolismi e il finale con il corpo quasi intatto del Cristo risorto, quasi perché qualcosa delle terrificanti torture rimane…
Nel complesso, penso che un credente si dovrebbe ritrovare in pieno in un’opera colma di devozione e di tradizione e tutta sotto il segno della citazione iniziale da Isaia: «si è caricato delle nostre colpe, ha assunto su di sé tutti i nostri peccati, uomo dei dolori che ben conosce il patire».
Infine, la possibilità di sentir parlare degli attori in aramaico e in latino merita da sola la visione del film!

agb
È una vela la mia mente, prua verso l'altra gente, vento, magica corrente... (Battisti-Mogol)

Edited by - biuso on 28/04/2004 22:53:39

Edited by - biuso on 28/04/2004 22:55:43
arianna Inserito il - 10/04/2004 : 17:27:50
Innanzitutto un apprezzamento va alla tua idea intelligente di dare un sussidio visivo a ciò di cui si sta parlando, poi al tuo entusiasmo per la città eterna. Anch’io ho compiuto la mia impresa romana, più volte nel 2003, ma ho coperto nella mia “goliardica esplorazione” pochi metri quadrati del suolo romano. Ogni angolo è pieno di storia, di genialità e, talvolta quando si è fortunati e nella stagione giusta, a certe ore della sera si respira un silenzio fuori dal tempo.
Caravaggio…l’ho riscoperto dopo il liceo sempre in occasione della mia tesi e di recente nella ricerca di un dipinto da proporre per la copertina di un testo di Osculati sul vangelo di Matteo. Così mi sono imbattuta nel dolcissimo Riposo durante la fuga in Egitto, dove, in uno dei pochi esempi di pittura all’aperto, Caravaggio s’ispira al Cantico dei Cantici per descrivere cose e persone: i capelli di Maria sono del colore di quella “porpora del re”, la cui tonalità (scarlatta) richiama nel Ct le labbra della Lei celebrate dal suo amato.
Riguardo ai dipinti della Cappella Contarelli di cui parli tu non ti so dire se non l’impressione che ne ho avuto dalle foto…la cosa che mi ha fatto sorridere è che tutti i cataloghi di storia dell’arte, i manuali od ogni altro tipo di pubblicazione che si occupi di questo, quando citano il San Matteo e l’angelo aggiungono sempre: meno male che al pubblico questo straordinario e realistico quadro sia piaciuto, altrimenti non l’avremmo mai conosciuto e apprezzato visto il disprezzo che ne avevano i frati di San Luigi, che glielo avevano commissionato, perché il povero S. Matteo appariva come un rozzo plebeo. Il realismo come la verità, a quanto pare, spesso o meglio quasi sempre spaventano o fanno storcere il naso!
A tal proposito cade a pennello la tua menzione del film di Gibson. L’ho visto ieri sera. Allora, è inutile sottolineare la crudezza dei particolari e l’accanimento in ciò che concerne le torture fisiche, tuttavia devo dire che il coraggio e lo sforzo del regista deve ricevere qualche apprezzamento. Si è parlato della volontà di proporre un Cristo uomo, perciò vittima della sofferenza. Gibson, a parer mio, è andato oltre, rendendo sovrumana la sopportazione e soprattutto la determinazione nel gestire il dolore del suo Gesù: quindi quella divinità che sembrava assente e che molti auspicavano è stata rappresentata nel modo più discreto e forse efficace. L’attore (Jim Caviezel) è davvero bravo, praticamente nel secondo tempo recita con un occhio solo, perché l’altro è pesto per le percosse. La flagellazione come tutto il resto è inframezzata da continui flash-back, tramite i quali si richiamano alcuni episodi evangelici, variamente tratti: l’infanzia, il discorso della montagna, l’incontro con la Maddalena, che viene identificata con l’adultera della pericope giovannea, l’ultima cena e così via. In questo il regista è stato attento. L’unica americanata che si poteva evitare riguarda la sua concezione del Male: per Satana, impersonato da una spettrale R. Celentano, Gibson sembra essersi ispirato a film come L’esorcista e simili, risultando in alcuni punti inutilmente eccessivo. Un’ ultima considerazione sulle accuse di antisemitismo: fermo restando che il regista si attiene abbastanza fedelmente ai vangeli (almeno secondo me), in certe scene di isteria collettiva ha messo volutamente (sembra) in primo piano la tenace ostinazione dei capi giudaici nel mandare a morte Gesù, offrendo il fianco alle accuse che poi gli sono state mosse, anche perché del tipo che oggi va di moda . Pilato è tirato in mezzo per sbaglio quasi, è un uomo in preda a crisi di coscienza( che cos’è la verità), poi vittima finale della paura di pagare lui dinanzi alla prospettiva di un’insurrezione popolare. I Romani sono crudeli fino al parossismo, non si capisce se per un istinto sadico innato o perché quasi sempre ubriachi. Comunque tutti lo condannano e tutti lo crocifiggono, per cui si discute inutilmente, fomentando estremismi di ogni sorta. I popoli, le razze, i personaggi dei vangeli vanno oltre la loro appartenenza geografica e culturale, sono sempre metafora dell’umanità, capace di fare il bene come il male con la stessa passione in ogni parte del globo, senza distinzioni. Il personaggio più bello è quello della madre: capisce, soffre, parla cogli occhi. Esprime un’idea della maternità (la migliore, più sana) direi universale.
L’aramaico non so, ma il latino non è poi così male, ammettendo la difficoltà di dover rendere snelle le battute per un dialogo scorrevole, cosa che la lingua latina con le sue costruzioni spesso non permette.
Attendo un tuo parere insieme a quello degli altri dopo averlo visto.
Si dovrebbe organizzare una “spedizione conoscitiva” nella Città Eterna….!!!


arianna Inserito il - 06/04/2004 : 14:12:03
Raccolgo volentieri l’invito…quindi posso dirti subito che la cappella degli Scrovegni l’ho visitata lo scorso novembre in occasione degli esami che ho sostenuto per il mio dottorato di ricerca. L’avevo visitata virtualmente anch’io e devo dire che ne avevo acquisito una conoscenza che poco aveva a che vedere con la realtà. Quando a gruppi di venti-venticinque si entra a visitare la cappella la prima sensazione che si prova (condivisa da quasi tutti quelli che l’hanno vista) è spiazzante: è piccola, più stretta e lunga di quanto non risulti dalle riprese video, che ancora una volta occorre sorbirsi un quarto d’ora prima dell’ingresso (a vantaggio degli stranieri soprattutto). Al di là della spiegazione dei cicli di affreschi la cappella esige un religioso silenzio perché è come un rotolo che si apre svolgendosi ai tuoi occhi. Il tutto sovrastato da una volta stellata che dà un senso d’infinito in uno spazio oggettivamente ridotto. Le scene più belle, che dal vivo davvero calamitano lo sguardo e l’attenzione sono a mio parere: la Strage degli innocenti, Giovanni nel Compianto al Cristo morto e la Maddalena nel Noli me tangere. Nella mia tesi ho proprio fatto riferimento alla figura della Maddalena così interpretata, con le braccia tese a riavere ciò che sembrava perso per sempre, braccia che più di ogni espressione del viso gridano una silenziosa disperazione davanti al corpo amato. Il blu stellato di cui hai parlato sembra proiettare in alto ogni grido di dolore, che in più scene è drammaticamente rappresentato. Giotto riesce ad andare oltre le pareti della cappella per sconfinare nello spazio celeste, divino, dove le stelle sembrano tanti occhi spettatori di una storia che mai finirà. Lo spazio sembra davvero una creazione virtuale: i particolari architettonici dipinti con maestria appaiono così reali da indurre la mano a spingersi per toccare (come la Maddalena!!) una cornice che non sporge nello spazio reale. Poi la rappresentazione allegorica dei vizi e le virtù che sembrano spiegare il simbolo evangelico inserendolo nella realtà umana, faticosa ed esaltante di tutti i giorni.
La Maddalena di Giotto esprime, a mio parere, un’interpretazione tra le più coinvolgenti ed emozionanti di questa figura così come la “dipinge” Giovanni, nel quarto vangelo. Col sapiente uso dei colori (il rosso, il dorato e il blu), con le espressioni del volto dei numerosi personaggi rappresentati (la bocca socchiusa, le mani tese, gli occhi straziati dalle lacrime) il racconto evangelico trova una voce inedita, che stranamente sono gli occhi a percepire, ad ascoltare.
Giotto per la realizzazione della Maddalena aveva di certo in mente Giovanni, lo aveva letto bene e a suo modo, per questo l’ho utilizzato come interlocutore artistico nella mia tesi, insieme a Masaccio e Tintoretto: la genialità della sua arte consiste appunto nel sapere raccontare, interpretando, questi episodi con forme e colori, parole di una tela infinita che è quel firmamento, sopra la testa di ogni visitatore, spazio e tempo insieme (così i miei occhi lo hanno percepito) dove il divino sembra avere la sua sede ideale, dalla quale guardare uomini e donne riuniti lì, seduti su quei seggi e davanti a quell’altare, per invocarlo.
Ecco questa è la mia esperienza di Giotto e del blu della cappella degli Scrovegni. Andrò a vedere il mendicante di Picasso per stabilire un possibile confronto. Hai dato uno spunto molto affascinante.

Concludo confidandoti la mia prima riflessione dopo essere uscita dalla Cappella di Giotto: se fossi rimasta chiusa qui dentro per qualche giorno (con una temperatura un po’ più alta!) avrei potuto scrivere un’intera tesi sul vangelo e le donne secondo Giotto! Sarebbe stato un titolo davvero originale, non credi?


arianna Inserito il - 01/04/2004 : 18:45:02
Concordo con te Tommy, soprattutto sull'ultima affermazione: infatti animata dalla tua stessa curiosità ho cercato di fare il tuo auspicato confronto tra racconti biblici (il Nuovo Testamento nel mio caso) e proprio gli affreschi padovani di Giotto, dedicando a questo un'appendice della mia tesi. Se ti fa piacere possiamo confrontare le nostre idee a tal proposito. Quel "mai" potrebbe diventare un "oggi"!
Arianna

Biuso Inserito il - 30/03/2004 : 19:16:58
quote:

per finire il mio precedente intervento, volevo solo aggiungere che la discussione, secondo me, su cinema e letteratura è ormai superata: alla fin fine dovrebbe rimanere il semplice piacere dell'opera cinemetografica in quanto tale, con i suoi tempi e i suoi spazi.



Condivido. Cinema e letteratura costituiscono due forme espressive autonome, ciascuna con il proprio linguaggio e con obiettivi diversi. Quando convergono, possono creare capolavori ma anche opere insignificanti. Ciò che conta è saper leggere i rispettivi piani (e, se possibile, goderseli…).

agb
La filosofia è la musica più grande. (Platone)
donnie_smith Inserito il - 30/03/2004 : 17:36:40
...ho fatto la mia prima papera in questo sito... ;P
per finire il mio precedente intervento, volevo solo aggiungere che la discussione, secondo me, su cinema e letteratura è ormai superata: alla fin fine dovrebbe rimanere il semplice piacere dell'opera cinemetografica in quanto tale, con i suoi tempi e i suoi spazi.
Si, ok, ammetto che dopo aver letto "La casa degli spiriti" chiunque odia il film che ne è stato tratto... oppure può risultare piu' semplice la fruizione di un "Signore degli anelli" piuttosto che la lettura integrale dell'intera opera... ma questo è un altro discorso...



Edited by - donnie_smith on 30/03/2004 17:37:48
utente non registrato Inserito il - 30/03/2004 : 17:20:58
Il film tratto dal libro della Chevalier ripropone, come sempre del resto accade, il vecchio e scontato dibattito "è meglio un libro oggi o la sua corrispettivo trasposizone cinematografica domani"?
Non se ne può piu', insomma...
Il film di Peter Webber è, a mio modestissimo parere, un ottimo prodotto, per tanti motivi...
Intanto la sua forte carica sensuale, che non è mai scontata o banale: i due protagonisti si sfiorano di continuo, nei sospiri, negli sguardi, nell'aria stessa che li circonda... eppure la loro attrazione rimane così, un fatto puramente platonico, che non scade nel facile sesso, tutt'altro che presente anche nel libro.
La protagonista, la dolcissima Scarlett Johanson (forse il nome è scritto male, anzi quasi di sicuro, ma la persona in questione non me ne vorrà...), è poi fenomenale: un volto nuovo, per nulla scontato, che sa dire di piu' attraverso il silenzio che con le parole (per altro da riscoprire nell'altro capolavoro che la vede protagonista, "Lost in Translation", della superba Coppola").
E poi la pittura di Wermeer. Qui c'è poco da fare, il film è un esplicito omaggio a questo grande maestro dimenticato dalla storia...
Ogni pietra, porta, cosa, oggetti, persone, insomma tutto nel film, è come dipinto con i colori maestosi del pittore, con effetti a dir poco stranianti...

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signor_palomar@hotmail.com

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