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 Eternal Sunshine of the Spotless Mind ...

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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
Biuso Inserito il - 01/11/2004 : 15:37:26
...è il suggestivo ma anche ironico titolo originale di Se mi lasci ti cancello, un film (regia di Michel Gondry) che tenta l’impossibile e sembra riuscirci: penetrare nella mente e in particolare nella memoria di un essere umano.

E lo fa attraverso una singolare storia d’amore che comincia con due strani tipi –Joel e Clementine- che si incontrano in una fredda mattina di S.Valentino. Il film ricostruisce a ritroso la loro vita nei precedenti mesi fino al momento in cui Clementine aveva deciso di farsi cancellare dalla mente/cervello -con un intervento chirurgico- il ricordo di un uomo che non sopportava più. Disperato, quest’uomo decide di cancellare a sua volta la ragazza. Ma durante l’intervento –mentre dorme- non vuole più dimenticarla e fa di tutto per salvarne il ricordo in qualche recesso della mente…che non può mai essere spotless, perché è intrisa di memoria e quindi di corpo. Cancellare un ricordo –un qualsiasi ricordo- sarebbe possibile solo eliminando il corpo; finché esistiamo, siamo la nostra memoria perché siamo fatti di tempo.

La sceneggiatura, il montaggio veramente geniale, l’ottima interpretazione dei due protagonisti (Kate Winslet e Jim Carrey) contribuiscono a rendere evidente la struttura sempre incarnata della mente umana. Da vedere.

agb
Sed omnia praeclara tam difficilia, quam rara sunt.
(Spinoza)
6   U L T I M E    R I S P O S T E    (in alto le più recenti)
utente non registrato Inserito il - 30/03/2007 : 11:10:07
un brandello di vita, lucente, assoluto, vissuto attraverso il ripercorrere di ricordi dolorosi ma dai quali è impossibile separarsi.
Joel e Clementine non sono eroi, non sono modelli di vita. sono per me, che vivo questo film in modo sistematicamente diverso ogni volta che lo rivedo ( e ho raggiunto già un numero a due cifre, eh eh), parte di una dimensione lucente. per prima cosa, mi colpiscono i colori. tanti colori, una realtà variopinta caratterizzata dal continuo cambio di tonalità. quanto mi colpisce, ogni volta, il simbolico cambiamento di colorazione di capelli di Clem. "la mia vita è dentro un tubetto di colore per capelli". la sua personalità, così cangiante, così versatile..dentro un innocente tubetto di colore. e così, Clem e Joel. Attraverso la più crudele delle esperienze, attraverso la sistematica, fredda, quasi chirurgica ed asettica cancellazione del ricordo l'uno dell'altra dalla loro mente decidono di cambiare la loro vita. Ma sarà così? certamente, beati gli smemorati perchè avranno la meglio sui loro errori, diceva Nietzsche e ci ricorda Kirsten Dunst in una memorabile scena del film. ironia della sorte, anche il suo personaggio ha subito l'indelicato trattamento, costringendo la sua mente ed il cuore a rimuovere parte della sua vita. ma è proprio questo percorso a ritroso che rende ogni secondo, ogni brandello d'esistenza speso con la persona amata impossibile da voler realmente annientare.
i colori, dunque, ed i suoni. prima definiti, poi indissolubilmente mescolati tra loro. suoni indistinti, impossibili a volte da cogliere. ma non è importante, sono parole già ascoltate, cose che anche se non le avessimo sentite in qualche scena precedente potremmo immaginare. niente tuttavia è scontato. il ruolo di ciascun personaggio diviene estremamente emblematico. il freddo cinismo, a tratti ammantato di pura crudelta, dei due addetti al trattamento di cancellazione, evidenzia l'estrema condizione di fragilità di un uomo che sta affrontando la propria memoria, in una condizione di totale disarmo e totale, incondizionato dolore. come la donna che piange di fronte ad un video del suo passato, in una delle prime scene nello studio del chirurgo (Tom Wilkinson). e dunque? questa storia mi afferra dentro, mi trasforma. mi illumina dentro, senza alcuna dimensione intermedia. ma in modo diretto e pungente.
Ammetto che molto fa la gente con la quale si guarda questo film. credo che non avrei potuto vederlo al cinema. mi ha favorito molto averlo visto per la prima volta sola con me stessa. sembra stupido, forse, ma mi sono ritrovata molto in tanti dei personaggi, che sembrano incarnare ogni difetto della natura umana, così come ogni pregio.
è un lento scoprire se stessi attraverso una memoria remota eppure vicinissima, scoprire desideri e repulsioni. amare se stessi non per se stessi, ma per coloro che ci hanno amati e che amiamo.
molta poesia, ho scorto in tante parti di questa storia. molti simboli, molte espressioni sul volto dei personaggi che mi hanno ricordato scene di vita vissuta già rivisitate tante volte.
sarà il ritrovarsi continuamente eppure non ritrovarsi mai come la volta precedente dentro una storia tanto magica che mi rende impossibile non vedere e rivedere e rivedere nuovamente questo film.
Dimenticavo di unirmi alla sensazione di sorpresa e di "disgusto" per l'assolutamente impropria traduzione del titolo...chissà cosa pensavano...
Scusate l'inopportuna intromissione.
Federica

______
alice87z@hotmail.it
Biuso Inserito il - 08/02/2007 : 17:04:59
Bellissimo questo entrare nel film, quasi a farlo rivedere.
Grazie, BlackViolin, e non si senta affatto “un’intrusa”...

agb
«La Luce splende nelle tenebre ma le tenebre non l'hanno accolta»
(Jeshu-ha-Notzri. Gv, 1,5; 3,19)
utente non registrato Inserito il - 08/02/2007 : 09:03:59
Dando uno sguardo ai film passati di cui si è trattato in questo forum - che finalmente ho il piacere di leggere e "spulciare" - mi è balzato subito agli occhi £Eternal Sunshine of teh spotless mind"... un film che io adoro e che non mi stancherei mai di rivedere ancora (l'ho visto cinque volte)... Avendolo rivisto ieri mi è ventuio spontaneo scrivere di getto quello che pensavo del film - opinione molto personale - ma citando frasi, espressioni ed eventi presentati in esso... spero mi perdonerete (anche perchè sono una piccola intrusa in questo enorme forum di gente fantastica)...

“la sabbia è sopravvalutata. Sono solo sassi minuscoli.”

Chissà se la sabbia menzionata da lui mentre passeggiava senza meta su quella spiaggia invernale avrebbe significato qualcosa di metaforicamente riconducibile ad un ricordo, al suo ricordo, al ricordo di lui insieme a lei. La sabbia come insieme di ricordi che vanno continuamente portati a riva e contemporaneamente cancellati così velocemente da non riuscire neanche a rendersene conto. Solo sassi minuscoli. Scompaiono, ma non muoiono, rimangono, seppur in qualche altra parte del mondo, nascosti nella profondità inconscia del nostro cervello, attivati e ripescati senza motivo da stimoli esterni dovuti all’ambiente che ci circonda, all’ambiente che ne è assiduamente intriso. Era una semplice frase senza senso quella che lui pronunciò quella fredda mattina su una spiaggia isolata ma piena di sassi, minuscoli sassi. I ricordi della loro storia che sarebbero riemersi inevitabilmente nonostante la loro capziosa volontà di cancellarli con consapevolezza per evitare di soffrire di più, ma anche vivere in una banalità di futili realtà reinventate e preconfezionate per la loro salvezza interiore. Ma non sarebbe certo stata una salvezza interiore, soltanto uno sprofondare sempre di più in un oblio senza stimoli, senza ricordi, privo della loro essenziale linfa, privo del loro inconscio. Realtà banali. E’ questo che davvero volevano?

“Sono ansiosa. Ansiosa perché ho paura di non vivere in pieno la mia vita, sfruttando qualsiasi possibilità, cercando di non perdere mai neanche un secondo del tempo che ho a disposizione.” Queste le parole di lei quando lo incontrò per la seconda volta su quel treno che li aveva entrambi portati a Montauk. Non sapeva di averlo già incontrato, non ricordava di aver vissuto indimenticabili momenti con lui, così come non ricordava di essere arrivata all’estrema decisione di volerlo cancellare dalla sua mente, perché il solo ricordare la sua figura la faceva stare male. Noioso, banale, pigro e privo di iniziative: era così che prima di cancellarlo lo ricordava. Non voleva più portare avanti una storia così. Banalmente inutile. Inutilmente vissuta. Lo pensava. Ma su quel treno lo incontrò di nuovo. Di nuovo si mostrò a lui con il suo fare impulsivo ed eccessivamente spontaneo e sincero. Lui era distante da lei. Stava disegnando, scrivendo, scarabocchiando qualcosa in quel suo taccuino da viaggio. Aveva sempre avuto questa abitudine, ma tutto ciò che aveva disegnato, scritto scarabocchiato su di lei era stato messo via, insieme a tutte le sue cose. Qualsiasi tipo di indizio, o di oggetto che potesse ricordargli di lei era stato raccolto per creare una mappa che sarebbe servita a cancellare dal suo cervello qualsiasi sua traccia, affinché potesse essere felice cominciando una nuova vita, svuotata dal suo ricordo. Sarebbe stato meglio, lo sentiva. Anche lei aveva fatto lo stesso. L’aveva cancellato dalla sua mente.
Alla base dei ricordi vi è un nucleo emotivo che viene estirpato – come un sogno che svanisce – paragonabile ad una grande bevuta. Ti risvegli la mattina dopo e non hai la benché minima idea di cosa ti sia capitato la sera precedente. Forse che entrambi si erano presi semplicemente una grande sbornia e volessero cancellare quelle azioni che spesso il vino ti fa commettere inconsapevolmente che tu, sobrio, non avresti mai avuto il coraggio di fare, anzi, magari te ne saresti addirittura terribilmente vergognato? Allora la loro storia poteva essere messa sullo stesso piano di un’azione involontaria, peccaminosa, gravante sull’inconsapevolezza del non sapere cosa in realtà si stia facendo. Triste parallelismo riduttivo, oserei aggiungere. E se proprio la vogliamo vedere sul piano di una semplice ma pesante bevuta incisiva, allora potremmo azzardare il fatto che le sbornie inconsapevoli sono le cose più belle che ci possano mai capitare. Perché solitamente è tutto così piatto e privo di variazioni, sorprese. Avrei preferito rimanere sempre “avvinazzata”. Anziché perdere ricordi e vivere da zombie in una triste banalità prestabilita.
“Beati gli smemorati perché avranno la meglio anche sui loro errori.”


“Luna di miele sul ghiaccio” – così era stato definito quell’imprevedibile pic-nic notturno distesi sul ghiacciato e instabile Charles River , ad ammirare le stelle e ad inventarsi le costellazioni. Lui disse di vedere “Osidio l’Enfatico”, un insieme di stelle simile ad un arco con la croce. L’aveva semplicemente inventato. Dopotutto non era così pigro e banale come lei pensava lui fosse prima di cancellarlo. Lei si stava innamorando di nuovo di lui, inconsapevolmente. Non era noioso, aveva quel fare scherzoso ed un po’ burlone – ma profondamente riflessivo – che la faceva ridere di gioia e le provocava un’inaspettata e leggera spensieratezza. Lui le disse improvvisamente: “In questo momento vorrei morire Clem. Io mi sento così felice. Non avevo mai provato cosa fosse la felicità. Sono esattamente dove voglio essere”. Ed era realmente così. Ammirare i loro volti beati e persi in quel luogo privo di temporali accorgimenti e spaziali tagli. Era un istante infinito. Non l’avrebbero mai scordato. Forse che quel minuscolo attimo sarebbe stato molto più pregnante di tanti futili e lunghissimi momenti vissuti con l’angoscia del volere andare oltre, del voler passare ad altro? In quell’attimo si desiderava semplicemente vivere solo e soltanto lì, in quel luogo, con quella persona, senza per nulla voler sfuggire e scappare nel domani indefinito. Il domani che, imperterrito, sarebbe piombato da un momento all’altro e avrebbe inevitabilmente rivelato ad entrambi il male che si erano provocati a vicenda, lasciando tracce su un nastro dimenticato che conservava i loro più preziosi ricordi. Lì avrebbero capito che si erano già conosciuti. Avrebbero compreso che da entrambe le parti ognuno disprezzava e non sopportava qualcosa dell’altro. Difetti. Stupidi ma umani difetti. L’imperfezione è ciò che di più umano ha sempre convissuto con i nostri geni. Non ci si può far nulla. Accettare. Semplicemente accettare. Non pretendere la perfezione: è umanamente impossibile.

Ecco perché lei gli aveva sempre ricordato del suo maledettissimo difetto: “tu mi conosci. Sono impulsiva”. E lui così le aveva spontaneamente risposto: “E’ quello che mi piace di te”.
Un paradosso, si potrebbe dedurre. Ma non è così. Il fatto è che ci si innamora sempre di qualcosa dell’altro che inizialmente può sembrarci unico, perfetto, divino. Ma col passare del tempo, quel distintivo “segno di perfezione” che avevamo captato nell’amato, si tramuta – purtroppo – nel peggior difetto che ci perseguita continuamente, perché parte di lui, e che noi non riusciamo più a sopportare. Questo accade così. Non ce ne rendiamo conto. Se fossimo davvero razionali ci saremmo sicuramente accorti che ci innamoriamo all’istante dell’altra persona per la medesima cosa che poi ce la fa tremendamente odiare, che – per meglio dire – ce la rende insopportabile. Ma – fortunatamente (o sfortunatamente?) – non siamo mai stati talmente perfetti da sfruttare al massimo la nostra razionalità senza lasciarci fuorviare dal nostro istinto.


“Com’è felice il destino dell’incolpevole vestale
Dimentica del mondo dal mondo dimenticata
L’infinita letizia della mente candida
Accettata ogni preghiera e rinunciato ad ogni desiderio”

Lei glielo ricordò persino durante uno dei sogni di lui finalizzati al “ripristino” del ricordarsi l’uno dell’altra. Gli sbatté in faccia quello che lei era realmente stata, e che non avrebbe mai potuto cambiare: “troppi uomini pensano che io sia un’idea o che possa completarli, che possa riuscire a ridargli la vita. Ma io sono solo una ragazza incasinata che cerca la sua pace mentale. Non farmi carico della tua.”
Lui, però, per una volta si rese conto che se l’avesse persa in quel momento tutto sarebbe stato inevitabilmente cancellato. Così fu. Ma lui esclamò: “pensavo comunque che mi avresti salvato la vita, anche dopo. Forse sarebbe diverso se potessimo provarci un’altra volta.”
Ma tutto venne inevitabilmente cancellato. Nonostante lei gli avesse chiesto – nel suo obliante sogno – di ricordarsi di lei, di fare del suo meglio, perché forse, avrebbero potuto.

Si rincontrarono senza sapere di essersi già conosciuti. Inevitabilmente. Non lo sapevano, ne erano inconsapevoli. Ma, come la prima volta che si conobbero, entrambi provarono le medesime cose, le medesime sensazioni. Nonostante avessero sentito, per via di quella traccia delle loro confessioni passate e volontariamente cancellate, una cattiveria dopo l’altra – lui su di lei e lei rivolta a lui – non fu certo l’orgoglio di un passato fatalmente accaduto nuovamente ad allontanarli.
Le chiese di aspettare: “Voglio solo che aspetti un po’ .”
Lei rispose: “Va bene. Io non sono un’idea ” – gli ricordò nuovamente come aveva già fatto durante il sonno di lui – “ ma una ragazza incasinata che cerca la sua pace mentale. Non sono perfetta.”
Lui: “Io non riesco a vedere niente che non mi piaccia in te.” Dimenticando all’istante tutte le cattiverie e i difetti di lei che lui mal sopportava.
Lei: “Ma lo vedrai. Lo vedrai. Certo, col tempo lo vedrai. Ed io invece mi annoierò con te. Mi sentirò in trappola perché è così che mi succede.”

Lui: “Ok”

Lei: “Ok”

Non possiamo dimenticare del tutto. Non possiamo ricordare tutto. Ma desiderare di cancellare qualsiasi ricordo è davvero un’ aspra ed immotivata vendetta su qualcuno che – se amato in passato – ci ha fatto del male, ma che, allo stesso tempo, ci ha regalato i momenti più belli della nostra vita. Il nostro cervello, legato alla nostra profonda ed assidua volontà raziocinante di dimenticare per non soffrire, potrebbe riuscire in questa impresa. Così come la Lacuna Inc riusciva a fare con i suoi pazienti. Ma non sarebbe mai riuscita, come non riusciremo mai a fare noi, ad estirpare le sensazioni, gli stimoli fisici che si attivano inconsapevolmente a contatto con “l’altra persona”. Questi stimoli non verranno mai scordati dal nostro corpo, che fa tesoro di qualsiasi effetto l’ambiente circostante abbia su di noi. Ricorderemo sempre. E anche se non ricorderemo perfettamente, “avremo la sensazione di…”


______
dolceviolinista@hotmail.it
Coniglio Bianco Inserito il - 28/11/2004 : 21:22:55
quote:

Non sono d'accordo sul fattore rilassatezza. Gli argomenti trattati quali la mente, i ricordi, l'amore, sono tutt'altro che rilassanti. Nel bene e nel male.
Infine, mi piacerebbe conoscere i motivi che hanno spinto quel o quei geni a *tradurre* in modo scandaloso il titolo del film che, secondo me, andava lasciato così com'era.
Credo che i titoli dei film [come le locandine e i trailers] siano come le copertine dei libri o dei cd: la prima attrazione scatta lì. Serve responsabilità nel partorirli.
E' un vero peccato violentare l'immaginario della gente [alimentando pregiudizi], piazzando un titolo come *Se mi lasci ti cancello*.







*°*~°~°~*°*
Torna il sole, non il tempo..


Sono d'accordissimo.
Tra parentesi,la scena in cui vengono citati i versi di Pope,è,secondo me una delle più belle del film,assieme ad una battuta che a me è piaciuta da morire(me la sono segnata,vado sempre al cinema col quaderno!):"Nascondimi sotto qualcosa di profondo...nascondimi sotto un'umiliazione..."

Morire dentro.
Crescere dentro.
Come si conciliano queste due cose?
(I.Welsh)
ClessidraCapovolta Inserito il - 28/11/2004 : 16:52:13
Non sono d'accordo sul fattore rilassatezza. Gli argomenti trattati quali la mente, i ricordi, l'amore, sono tutt'altro che rilassanti. Nel bene e nel male.
Infine, mi piacerebbe conoscere i motivi che hanno spinto quel o quei geni a *tradurre* in modo scandaloso il titolo del film che, secondo me, andava lasciato così com'era.
Credo che i titoli dei film [come le locandine e i trailers] siano come le copertine dei libri o dei cd: la prima attrazione scatta lì. Serve responsabilità nel partorirli.
E' un vero peccato violentare l'immaginario della gente [alimentando pregiudizi], piazzando un titolo come *Se mi lasci ti cancello*.







*°*~°~°~*°*
Torna il sole, non il tempo..
Coniglio Bianco Inserito il - 28/11/2004 : 00:14:48
Un film straordinario.Jim Carrey ha talento puro,ma credo che la cosa migliore del film sia il fatto che è in qualche modo terapeutico.Si esce dal cinema,almeno a me è successo questo,stranamente rilassati.Come se ci si fosse tolti un peso.



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