V I S U A L I Z Z A D I S C U S S I O N E |
digiu |
Inserito il - 06/06/2008 : 20:48:07 Il divo, di Paolo Sorrentino
Il Divo Giulio, altrimenti noto come Giulio Andreotti: l'unico senatore della prima Repubblica capace di rimanere a galla dopo il vortice di Tangentopoli. L'unico politico di poche parole, ma sul cui conto si è vociferato assai, dal momento ch'è stato coinvolto nei processi di buona parte dei delitti più sanguinosi che hanno sconvolto l'Italia negli anni ottanta e novanta.
Il film di Sorrentino tenta nell'impossibile impresa di descrivere e restituirci il personaggio andreottiano a 360°, il suo ruolo nella politica e in quell'intreccio che nell'arco di più d'un decennio ha segnato una serie di enigmi ad oggi giudiziariamente ancora ben insabbiati. Giusto per capire la difficoltà di realizzare un film come questo basti pensare alla difficoltà di ricostruire dialoghi, ambientazioni, rapporti che ruotino attorno alla figura di questo divo. Un uomo che recitò una parte in tutti quei misteri dinanzi ai quali dovette arrendersi persino la magistratura. Gli assassinii di Calvi, Ambrosoli, Moro, Pecorelli, Lima, Falcone e i rapporti con la Chiesa, la P2, la mafia e gli alti imprenditori romani infatti sono soltanto alcuni -e forse i più noti- tra i passaggi in cui Andreotti fu direttamente coinvolto, in sede politica e in sede processuale.
Naturalmente l'intera vicenda filmica insiste sui colori lugubri, si regge e al contempo viene divorata dai segreti, dai sottintesi, dalla ritrosia e dalla solitudine di un uomo da cui poco o niente trapela, neppure nei riguardi della moglie. Ne scaturisce un film incerto, un'opera che vorrebbe affermare ma che non può e dunque osa giusto nelle inquadrature e nelle musiche entrambe del tutto non convenzionali. Osa anche il protagonista, un sempre straordinario Toni Servillo ed infine a prevalere è proprio il senso ultimo della storia che si racconta: la contraddizione amara del silenzio, la vera arma del politico Andreotti...del quale Beppe Grillo vent'anni or sono ebbe a dire: "soltanto quando sarà morto, e gli sarà tolta la scatola nera dalla gobba, la verità potrà riemergere".
digiu. |
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digiu |
Inserito il - 14/06/2008 : 13:30:27 Pur avendo espresso considerazioni sostanzialmente differenti dalle mie, ammetto che la lettura di Biuso è andata più a fondo, proprio perché ha privilegiato l'opera cinematografica, il suo linguaggio e la sua grammatica prima che la funzionalità biografica della stessa. Il film di Sorrentino infatti è denso di metafore a cominciare da alcuni dettagli in qualche misura persino onirici: uno skateboard che irrompe nei corridoi del Senato e si abbatte come una mannaia sull'elezione del presidente della Repubblica; l'archivio sterminato del Divo; il suo accomodarsi in una poltrona mentre intorno si svolge una festa chiassosa. Insieme a queste, altre metafore sono di genere più ricorsivo: l'immobilismo perenne del personaggio principale anche di fronte al capo dei capi; il farmaco effervescente che libera il Divo dal suo cronico mal di testa; i movimenti delle mani; l'esibizione dinanzi ai flash dei fotografi che sottolineano la natura puramente esteriore di una carcassa magari fotogenica ma internamente vuota, come l'ha definita Biuso.
Personalmente però la pellicola nel suo insieme mi ha un po' annoiato. Forse ché dovendo far apparire il nulla, ha sconfinato un po' troppo (specie nella seconda parte) in questo nulla che intendeva descrivere. La maggior parte dei dialoghi li ho trovati un po' da bignami andreottiano, compresa la presentazione sommaria che si fa dei personaggi intorno al primo quarto d'ora. Tuttavia - è vero - rimane un film importante, e qui faccio dietrofront aderendo alla lettura biusiana, proprio per questo suo coraggioso tentativo di riuscire a rappresentare il nulla, attraverso movimenti di macchina e musiche non convenzionali e attraverso dialoghi che rinunciano da subito a rivelare qualsiasi novità o qualsiasi intreccio. Rifuggendo i contenuti scomodi, quelli su cui in Italia si deve tacere e sui quali probabilmente il regista facendosi irretire avrebbe finito per confezionare un'opera piatta, il film giunge ad essere scomodo in virtù della natura di ciò che rappresenta: l'esteriorità bolsa e mefitica. Il nulla. Se per il pubblico questo film sia difficile, credo la difficoltà maggiore risieda nel sapersi sintonizzare su questa lunghezza d'onda, saperla indagare, comprenderla e fin dal primo istante renderla degna d'empatia.
Non a caso ad Andreotti, il Divo Giulio in carne ed ossa, è spiaciuto molto questo film. Forse ch'è vero, che lui sia solo molto goloso di gelati.
grazie di questa nuova e interessante lettura,
digiu. |
Biuso |
Inserito il - 11/06/2008 : 10:53:42 Ho letto il film in un'altra chiave rispetto a quella dell'amico digiu. E mi è sembrato un capolavoro. Anche perché mi sono divertito moltissimo.
Ne ho scritto qui: Il divo
agb ««Per lætitiam...intelligam passionem qua mens ad majorem perfectionem transit» (Spinoza, Ethica, III, XI, Scholium) |
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