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 Hannibal

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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
Pirru Inserito il - 09/08/2004 : 01:16:06
Il terzo episodio della trilogia, così come "Il silenzio degli innocenti", ha destato in me un coinvolgimento riflessivo, soprattutto nelle ore successive alla visione, che ho “percepito” solo con poche altre pellicole.

L'ambientazione drasticamente romantica, accanto alla fotografica regia di Ridley Scott, rende questo film estremamente "estemporaneo". La luce che scorreva, che si insinuava, che fluttuava attorno a Lecter, in "Hannibal" diventa fendente, mirata, oggettivata. L'ispirazione prende forma, diventa passione. Hannibal vive dei suoi desideri, adesso. Passeggia con Dante per l'Inferno, veleggia sulle note del suo piano, apprezza il lato "utile", funzionale, della sensorialità.

Clarice rivive invece l'instabile condizione che tempo addietro tormentava Lecter, ovvero la dinamicità della fama, della responsabilità a priori, dell'effetto domino d'ogni azione fatta (o non fatta) sulle successive. L'uccisione della madre, con il bimbo in braccio, ne è l'emblema. L'operazione antidroga era stata annullata, per suo volere. Ma, quando il gioco ha avuto inizio, ha dovuto sottostare alle regole, a malincuore. Ha deciso di sopravvivere, di soddisfare l'istinto d'incolumità, ha dovuto farlo. Il senso del dovere, ciò che Lecter intendeva, da perfetto gentleman, prescindibile dal rispetto, ossessiona l'agente. A tal punto da riproporre, sotto i suoi occhi, la disperazione di un bambino destinato a non avere una madre. Proprio come lei. Un momento di distacco tra i due protagonisti, che Hannibal coglie immediatamente, apprendendo la notizia sui giornali. Senza esitare un istante, spedisce alla ragazza una lettera. Una lettera inzuppata di desiderio: un desiderio che adesso odia. Facendosi cullare dagli attimi, Hannibal non si era reso conto di essere fermo, appeso ai due capi di un'amaca, dondolato solamente dalla sua soddisfazione momentanea. Ha bisogno di fuggire dalla staticità che ha caratterizzato la sua evoluzione, un bisogno sfrenato, che da questo punto in poi avrà la sua manifestazione nell'approfondita esplorazione delle manifestazione dei suoi sensi.

Così, solo l'odore della lettera (olfatto) permette a Clarice di estrapolare informazioni "tangibili", dopo inutili esami della carta o dell'inchiostro usato. Il contatto tra il dottor Lecter e l'agente Starling rimane scisso, per preciso volere di Hannibal. Un'eterea connessione neuronica contrapposta alla materiale ricerca dell'identità dell'altro.

Clarice insiste, ormai saldamente risalita a bordo della giostra. Destituita dall'incarico di agente, perennemente sintonizzata sulle frequenze mentali del dottore ("Penso a lui almeno 30 secondi al giorno"), ha assoluta libertà di rivivere la bramosia di un uomo che, volente o nolente, le ha cambiato la vita. Così passa giorno e notte, provvista di cuffie, ad ascoltare tutte le registrazioni delle loro conversazioni (udito). Anche grazie a questo arriverà a localizzare Firenze come nuova residenza del dottore.

Per dichiarate esigenze di mercato [Ricordiamo che De Laurentiis cedette i diritti del “Silenzio degli innocenti” perché non credeva nel sequel, mangiandosi le mani e tentando di rifarsi con la frettolosa trasposizione di Hannibal, scritto da Harris 10 anni dopo], la sceneggiatura appare spesso, oltre che infedele alla trama del libro, un po' raffazzonata. Mason Verger, quarta vittima di Hannibal, era un pedofilo. Carattere che nel film non viene minimamente sottolineato, preferendo un netto parallelismo tra il pensiero di Mason e quello di Hannibal. Che la scelta sia stata azzeccata o meno, sarebbe decretabile solo in seguito a una visione con "sequenza alternativa" e relativo sviluppo del film; personalmente, mi accontento della trovata. Mi accontento perché trovo conferme: Hannibal the Cannibal è immobile. Ma è nelle giornate di Clarice, nella Top 10 dei ricercati dall'FBI, nei vendicativi propositi di Mason. Proprio con Verger, appunto, tornano a brillare gli occhi, torna il tema del cannibalismo, torna la dipendenza dal passato. Fino a culminare nel momento di massimo contatto, quando indossa la maschera di Lecter, bisbigliando il proprio fascino per la sofferenza.

Da adesso in poi, la relazione tra Clarice e Hannibal assume caratteri dionisiaci, a tratti onirici. Il dottore è cambiato, intimamente. Offre teatralmente alla propria psiche la gelosia d'ogni rivincita. Lo ha già fatto, nei confronti della storia, su Rinaldo Pazzi. Adesso vuole farlo nei confronti del futuro. Raggiunge Washington, indirizza Clarice, sedotta irrimediabilmente tra le numerose crepe del suo animo, solidamente induritosi in 10 anni di servizio. Riesce addirittura a denudarla, come era riuscito a fare solo accanto ad un agnellino, dalla sua inseparabile protezione, gli occhiali. Il suo sguardo dev'essere libero, perché attraverso la sua voce Hannibal possa fissarla negli occhi (vista), nonostante si trovino distanti l'una dall'altro, sebbene sulla stessa giostra. Giostra da cui lei tenterà di scendere, spazientita. Giostra da cui lei stessa sarà stuzzicata, con la riproposizione - già ne "Il silenzio degli innocenti" - dello sfioramento tra le dita di Hannibal e lei (tatto); un gesto tanto piccolo quanto fondamentale.

Il dottor Lecter viene catturato dagli uomini di Verger, senza che Clarice possa intervenire. Non sarà la morte di Hannibal ad appagare l'avida sete di Mason, ma la netta, indiscutibile, determinata autoinduzione ad esecrare la tanto amata sofferenza. Il faccia a faccia tra i due pare rappresentare quello specchio che, in coda al film, Hannibal darà in pasto a Clarice. Appare, finalmente, l'ultimo riferimento ai sensi di Lecter: il gusto.

Hannibal, per tutto il film, non ha mai mangiato. Le sue vittime sono state castrate, impiccate, sgozzate, divorate dai porci, ma mai soggette al suo cannibalismo. Il contatto con la sua bocca, fulcro del "Silenzio degli innocenti", in "Hannibal" non ha completamente luogo. Se non fosse per l'ultima scena. Quello che sembra essere il più invitante dei bocconcini, ovvero il cervello vivo di Paul, è per Lecter un semplicissimo ingrediente da cuocere. Niente ha ancora toccato le sue labbra. Niente, fino al bacio con Clarice. Eccolo, l'unico sapore a cui aspirava, il suo romantico, malinconico, sadomasochistico desiderio di movimento: inglobare in se stesso la frenetica emozione dell'"essere" in maniera cordiale. Infatti, non sarà lui a separarsi da Clarice, quando sarà ammanettato. E non sarà nemmeno lei a patire il bisogno di fuga del dottore. La figurata unione dei due resta grottescamente intatta, nonostante i due corpi seguano due strade diverse. L’idillio è sancito eternamente, come nel più anticonformista dei "Romeo e Giulietta".



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Quando la parola si farà corpo e il corpo aprirà la bocca e pronuncerà la parola che l'ha creato, abbraccerò questo corpo e lo adagerò al mio fianco.

(David Grossman - Che tu sia per me il coltello)
4   U L T I M E    R I S P O S T E    (in alto le più recenti)
Pirru Inserito il - 11/08/2004 : 22:25:06
La risposta ai vostri interventi è abbastanza semplice... quando ho scritto questa recensione, l'ho fatto col chiaro intento di rivolgermi a un pubblico che aveva già visto il film (se prendete un paragrafo a caso noterete riferimenti a dettagli anche marginali delle scene), non è una serie di impressioni, di consigli o di dritte per chi vuole vederlo... è solo il mio punto di vista pseudo-psico-filosofico della storia. Mi è dispiaciuto un po' dover presuntosamente far finta di scegliere a chi rivolgermi, perché ciò permetterebbe di aprire il dibattito solo a chi ha seguito attentamente le scene e che contemporaneamente disponga di buona memoria... è una sorta di "analisi del testo", di libera interpretazione di dialoghi e immagini che si alternano per le due ore del film.

Sui post chilometrici, beh... sono d'accordo sul fatto che, prima di cominciare a scrivere, ciascuno di noi dovrebbe tentare di fare mente locale e non dilungarsi in giri di parole o sofismi vari. Ma è anche vero che, se si vuole intervenire in maniera vasta, è altrettanto difficile vedere le proprie opinioni in "misura" diversa... il rischio è di non essere letti (il che non è poco, visto che quello che si cerca in un forum è lo scambio di pareri!), ma il controrischio è di essere letti in maniera parziale (in senso di "non completa") o, peggio, poco chiara già all'autore stesso.

Ecco... visto e considerato che non so come concludere, vi rimando (o almeno spero) a prossimi interventi più brevi e "leggibili"... poi però se nessuno commenta qualcuno dovrà placare la mia ira (e qualcun altro offrire la "cena")!




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Quando la parola si farà corpo e il corpo aprirà la bocca e pronuncerà la parola che l'ha creato, abbraccerò questo corpo e lo adagerò al mio fianco.

(David Grossman - Che tu sia per me il coltello)


Edited by - Pirru on 11/08/2004 22:26:26
cleope Inserito il - 10/08/2004 : 17:28:59
Stavo per dire che neanch'io sono completamente d'accordo col prof. Biuso, ma poi mi sono accorta di aver saltato a pié pari l'intervento di Pirru, proprio perché interminabile...

Azzurra Inserito il - 10/08/2004 : 12:18:15
Mi dispiace prof, neanch'io sono molto d'accordo con lei...

"A volte un pensiero mi annebbia l'Io: sono pazzi gli altri o sono pazzo io?" A. Einstein
Biuso Inserito il - 09/08/2004 : 11:39:38
Permettetemi un piccolo consiglio "tecnico": anche se i testi sono interessanti, se volete essere letti in Rete bisogna cercare di essere brevi.
Ciao,


agb
...se segui la mia mente
abbandoni facilmente le antiche gelosie;
ma non ti accorgi che è solo la paura che infine uccide i sentimenti...
(Battisti - Mogol)

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