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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
Cateno Inserito il - 23/10/2006 : 14:34:24
«Non so se il riso o la pietà prevale», così Leopardi ne La Ginestra. E così mi son sentito nel leggere alcune pagine di Le scienze di ottobre.
Ampio spazio infatti è dedicato a Darwin. Enrico Bellone, nel suo editoriale, ha un tono preoccupato, sicuramente dovuto all’amarezza dell’aver letto sull’Avvenire del 14 settembre «un titolo a tutta pagina contro “la pazza idea di screditare l’uomo”». L’articolo dell’Avvenire sosteneva che consacrare il darwinismo significa screditare Dio e l’uomo, facendo quest’ultimo a immagine non di dio ma delle grandi scimmie. Inoltre, il darwinismo sarebbe a fondamento degli orrori della modernità, ci tratta come scimmie e porterebbe a giustificare anche il cannibalismo.
Queste frasi sono paradossali! Tuttavia, non c’è nulla di nuovo sotto il sole. Sennonché, su Le scienze c’è un altro breve articoletto (a pag. 22) che mi ha sconvolto ancor più: «un terzo della popolazione statunitense adulta rifiuta il concetto di evoluzione, definendolo “assolutamente falso”, e appena il 14 per cento lo ritiene “definitivamente vero”». Ci sono molti fattori che causano questi risultati: su tutti il fondamentalismo cristiano e il dibattito politico, perché, come ci dice Niles Eldredge, recente biografo di Darwin, «la destra cristiana [negli Stati Uniti] è ovviamente il sostegno fondamentale del Partito Repubblicano» (pag. 60). Ma soprattutto l’ignoranza, dato che «meno della metà degli intervistati è in grado di dare una semplice definizione di DNA».
In Itali siamo messi un po’ meglio: la percentuale di chi crede all’evoluzionismo si aggira intorno al 70 per cento.
Sembra essersi riacutizzato lo scontro tra la fissità religiosa e il movimento della scienza, ma soprattutto sembra che costi davvero troppo ammettere che siamo niente più niente meno che animali. Certo, con le nostre peculiarità, magnificenze e bassezze, ma animali. L’antropocentrismo, ne sono convinto, è solo egocentrismo allargato, sintomo di una volontà di dominio distruttrice che ha bisogno di giustificazioni religiose e perciò indubitabilmente vere per commettere i propri atroci delitti.
Anche Darwin è stato strumentalizzato, ma ciò è avvenuto quando anche il suo studio intelligente e colmo di sacrifici, problemi etici e senso biologico di appartenenza alla natura è stato svuotato, reso fideistica volontà di creare una razza perfetta a scapito degli individui con “tare” ereditarie.
Ma, nella convinzione che «Darwin si ritrarrebbe di fronte a certi movimenti fondati nel suo nome» (pag. 61), Eldredge crede che in fondo non faccia molta differenza se siamo stati creati da un Dio benevolo oppure se ci siamo evoluti da specie ancestrali; o meglio, la differenza c’è tutta sul piano ontologico-esistenziale, ma «come esseri umani siamo noi a stabilire quali leggi debbano governare la nostra condotta, e queste leggi in parte si basano sull’etica» (pag. 62).
Non sono molto d’accordo con queste conclusioni; mi pare che l’autore non si voglia sbilanciare molto, giacché credo che la differenza è molta anche sul piano dell’etica. Perché di contro alla verità assoluta di un’etica religiosa (in tutti i sensi: quindi anche quella nazista) che ad un ideale di purezza o verità sacrifica e annienta ciò che non rientra nei suoi parametri, il pensiero di Darwin contrappone la multiforme variabilità naturale, l’appartenenza comune alla terra e l’indelebile marchio che tutte le specie apparteniamo al flusso meraviglioso, non gerarchico, forse caotico ma estremamente preciso e bello che si chiama vita.


Finché non lo fai tuo,/ questo "muori e diventa",/ non sei che uno straniero ottenebrato/ sopra la terra scura. (J. W. Goethe)

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