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 "Contro la comunicazione" di Mario Perniola

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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
Tommy David Inserito il - 15/05/2004 : 22:05:57
-
15   U L T I M E    R I S P O S T E    (in alto le più recenti)
Biuso Inserito il - 14/01/2005 : 22:59:08
Almeno digiu (ma dove sei finito?) non dovrebbe perdere l'occasione di ascoltare dalla viva voce di Perniola le ragioni di quel Contro la comunicazione.
Lo studioso parlerà al Teatro Dal Verme (di Milano) il 30 maggio alle 18.30.

Allego qui sotto, comunque, il programma nel quale si inserisce questo incontro.
=================================================

Teatro Franco Parenti – a cura di Pier Lombardo Culture
Teatro Dal Verme
Fondazione I Pomeriggi Musicali


Luce sulla filosofia I lunedì filosofici

Dal 7 febbraio al 30 maggio 2005, ore 18,30 al Teatro Dal Verme

Lunedì 7 febbraio, ore 18.30 L’uomo nell’età della tecnica Umberto Galimberti

Lunedì 21 febbraio, ore 18.30 L’etica e la vita Laura Boella

Lunedì 7 marzo ore 18.30 I confini della scienza Giulio Giorello

Lunedì 21 marzo, ore 18.30 La logica dei sentimenti Piergiorgio Odifreddi

Lunedì 4 aprile, ore 18.30 Memoria e oblio Remo Bodei

Lunedì 11 aprile, ore 18.30 Identità narrate Adriana Cavarero

Lunedì 2 maggio, ore 18.30 Il Dio che verrà Gianni Vattimo

Lunedì 16 maggio, ore 18.30 Esiste una bellezza moderna? Stefano Zecchi

Lunedì 30 maggio, ore 18.30 Contro la comunicazione Mario Perniola

Biglietti : Intero 8 euro - Ridotto studenti e anziani 5 euro Tessere 9 incontri
Intera 40 euro (4,40 euro a incontro) Ridotta studenti e anziani 27 euro (3 euro a icontro) Acquisto tessere e biglietti: Teatro Dal Verme, via San Giovanni sul Muro 2 – telefono 02 87905

Solo informazioni Pier Lombardo Culture, telefono 02 59995218


agb
Sono figlio della Terra e del Cielo stellato
(Lamina orfica di Hipponion)
utente non registrato Inserito il - 27/06/2004 : 23:55:16
quote:

Ma non avete fatto altro che enunciare le vostre idee contrarie – spero non anche contraddittorie, nel senso di escludenti questa deprimente prospettiva. Ma nessuno mi ha fatto capire perché non concorda coi rischi enunciati, forse anche rozzamente e sconsideratamente, dal Perniola.



Ho capito cosa intendi e anche io me ne ero reso conto. Non avevo fatto nessun esempio concreto perché confidavo di farlo dopo aver letto il libro (cosa che farò al più presto, in questo ha perfettamente ragione il professore severissimo).
Ti faccio un esempio per farti capire perché non concordo con alcuni dei rischi enunciati. Partiamo da questa frase che hai riportato:
«[…] anche nella comunicazione c’è un segreto: esso consiste nel rendersi invisibili per eccesso di esposizione. […] buon comunicatore è chi, pur non interpretandone bene nessuna [parte teatrale], riesce sempre ad occupare la scena.»
Questa frase forse sarebbe stata esatta fino a qualche anno fa, ma oggi no. Moltissimi studi scientifici, alcuni etnografici, altri basati su altre tecniche di ricerca, hanno ormai da tempo rilevato una crescita della capacità critica degli utenti della tv e una mancanza di interesse per ciò che viene continuamente riproposto. Non a caso, se tu noti, in campo televisivo, nascono, per esempio pubblicità sempre meno fattuali e sepre più evocative. La pubblicità che colpisce non è più quella che passa ogni due minuti e che ogni due minuti ti spiega quali sono i motivi per cui dovresti comprare un determinato prodotto, ma quella che pur passando per un breve periodo evoca immagini e luoghi che colpiscano l'immaginario (luoghi e immagini che spesso non hanno nulla a che vedere col prodotto, oltre un determinato tipo di valori che vuole far passare). Il nascondersi, il "restare invisibili" ed essere sovraesposti non paga per il semplice fatto che ormai l'utente è ben vaccinato e la noia davanti al teleschermo la fa da padrone. Per colpire l'attenzione bisogna sempre di più stupire e farsi notare. Ciò non so se sia un bene o un male (per esempio a furia di stupire si arriva ad eccessi che superano ogni limite in quanto a stupidità - vedi reality show che fanno camminare sui carboni ardenti o seppellire vivi i propri concorrenti), ma di certo è qualcosa di totalmente opposto a ciò che dice il signor Perniola. Questo è solo un esempio per farti capire che le mie critiche non avvenivano per partito preso, ma semplicemente perché, come ho già detto in precedenza, il libro, dalle frasi che hai riportato, sembra non tenere conto di alcuni dati di fatto.

Non appena avrò letto il libro potrò parlare come si deve di questo argomento, senza aver paura di aver sbagliato tutto (paura che in questo momento mi perseguita). Se mi renderò conto di aver sbagliato nel mio giudizio, non avrò problemi ad ammetterlo.

Ciao, Lou Q

______
louq@louq.louq
digiu Inserito il - 27/06/2004 : 13:23:06
quote:

State dicendo cose interessanti ma con un grave limite di fondo: nessuno di voi ha letto per intero questo libro. Si tratta di una questione sia metodologica che etica assolutamente fondamentale.
Potete discutere della comunicazione in generale ma se volete criticare o elogiare un libro bisogna prima leggerlo. Banale, vero


Ecco, ci facciamo riprendere come i bambini! Che figure che mi fate fare! Tommy piantala di ghignare...

Ve l'avevo detto che non c'era niente da dibattere... ma qui nessuno mi dà retta


g.

Biuso Inserito il - 27/06/2004 : 13:02:00
Posso intervenire nella discussione da professore severissimo quale sono?
State dicendo cose interessanti ma con un grave limite di fondo: nessuno di voi ha letto per intero questo libro. Si tratta di una questione sia metodologica che etica assolutamente fondamentale.
Potete discutere della comunicazione in generale ma se volete criticare o elogiare un libro bisogna prima leggerlo. Banale, vero?
Non conosco il testo di Perniola ma vi invito a studiarvelo e poi a riferirne (anche scannandovi, se volete) sul forum.

agb
L'ultima trama tesserai di luce
(anonimo)

Edited by - Biuso on 27/06/2004 13:03:39
digiu Inserito il - 26/06/2004 : 21:27:21
quote:

Ma non è questo che mi ha rattristito (...) quanto piuttosto il tipo di risposte che ho letto in questo thread. Ok, ok: gli esperti di comunicazione avranno ragione a protestare. Ma avrei preferito che si avviasse un dibattito su cosa se ne pensasse di quelle idee.


Insomma ti ha rattristato il fatto che due lettori di questo forum...non abbiano parlato dei black bloc o di Bush?
No, seriamente: se hai postato per parlare della lotta tra "bene" e "male" portata avanti dal Presidente USA o per cercare consensi sul fatto che la tv si la fonte dei nostri mali...temo ci siano problemi gravi di comunicazione .
Tornando nel merito delle questioni per curiosità sono andato a ripescare le citazioni intorno alle quali si stesse dibattendo:

quote:

«Di tutte le mistificazioni della comunicazione indubbiamente la più grande è stata quella di presentarsi sotto le insegne del progressismo democratico, mentre costituisce la configurazione compiuta dell’oscurantismo populistico.» (pag. 6)


Nel mio primo post avevo detto esplicitamente che non sono d'accordo né se si trattasse di comunicazione nel senso neutro, né qualora si stesse alludendo alla comunicazione di massa.


quote:
«[…] la nuova comunicazione ideologica sarebbe invece completamente priva di possibilità di verifica e di prova: infatti non si vede davvero come si possano sottoporre ad analisi razionale gli argomenti di chi si dice campione di una guerra infinita del «bene» contro il «male».» (pag. 7)


con questo temo siano d'accordo anche i bambini delle elementari che infatti hanno sfilato in piazza in mezzo mondo contro Bush.

quote:
«[…] anche nella comunicazione c’è un segreto: esso consiste nel rendersi invisibili per eccesso di esposizione. […] buon comunicatore è chi, pur non interpretandone bene nessuna [parte teatrale], riesce sempre ad occupare la scena.» (pag. 13)


qui manca il referente. Come ho scritto in uno degli ultimi post sull'argomento occorrerebbe un'applicazione "pratica" di ciò che si dice, possibilmente citando i fatti a cui questa frase fa riferimento.
Naturalmente però sorge un problema molto semplice, tutte queste citazioni sono tratte da una introduzione e pertanto è ovvio che accennino a qualcosa di cui si parlerà specificatamente nella trattazione, pertanto da queste 3 righe non si capisce nulla ed è impossibile avviare un dibattito senza aver letto il pamphlet.


quote:
la contemporaneità (connotata dalla comunicazione, vista drasticamente da Perniola come «l’opposto della conoscenza»)


Concordo con Lou quando sostiene che tesi così estremistiche non saranno contemplate in nessun manuale. Buone per la chiacchiera da bar.


quote:
dal politico ciarlatano di cui non viene fatto il nome al bellicista convinto che è Bush (esplicitamente citato, questi si, stavolta); dal movimento new age ai black bloc passando per i nuovi hooligans.


Vogliamo parlare di Bush, di G7 o del tifoso inglese morto l'altro giorno?


quote:
Parole molto dure, nei confronti della comunicazione massmediatica, definita, fin dalle primissime pagine, come quella «bacchetta magica che sembra trasformare l’inconcludenza, la ritrattazione e la confusione da fattori di debolezza in prove di forza» (pagg. 5-6); paragonata ad una ideologia, ma senza le determinazioni e l’aspetto concettuale di quest’ultima, la comunicazione «aspira a essere contemporaneamente una cosa, il suo contrario e tutto ciò che sta in mezzo tra i due opposti» (pag. 9), con la conseguenza, poi, di un annullamento di «ogni differenza (e quindi ogni valore) attraverso la parificazione di tutto» (pag. 23) e la prospettiva di un «universo della comunicazione, cioè un mondo senza giudizi e senza prove legittime, nel quale i forti, dotati di poteri non specificati (e spesso non specificabili perché illegali), hanno subito la meglio sugli altri.» (pag. 24).


Tutto troppo generale e generalizzato per avviare qualsiasi dibattito. Così com'è si ferma alla chiacchiera da bar.
La mancanza certamente è nostra che non abbiamo letto il testo e che non possiamo discutere nero su bianco, ma onestamente per quel che mi riguarda non mi attira nemmeno un tantino leggere un pamphlet che parta da queste premesse. Spero voglia farlo Lou, sicché la discussione potrà finalmente avere luogo e saziare la vostra sete di conoscenza


a presto,
g.


________________________________
Il pubblico esprime curiosità per tutto meno che per ciò che merita veramente di essere conosciuto.
Oscar Wilde


digiu Inserito il - 25/06/2004 : 02:05:33
quote:
se la filosofia è stupida dobbiamo concludere che tutti gli uomini sono stupidi e che ogni forma di scienza (fisica, matematica..della comunicazione ) è stupida tanto quanto (se non di più) della filosofia, poichè esse, le scienze, sono frutto di una settorializzazione del sapere e quindi derivano dalla filosofia.


Perdonami Elgheb, temo siamo incappati in un piccolo malinteso dettato forse dalla mia, a quanto pare non perfettamente riuscita, ironia.
Poco male, chiarisco immediatamente: la prima parte del mio precedente intervento voleva essere un cumulo di generalizzazioni oscene. Ho sentenziato "la Filosofia è stupida" nel tentativo di dimostrare come persino un'affermazione paradossale meriterebbe di essere accettata e discussa a patto che essa edifichi su basi solide, possibilmente documentate, coerenti e verificabili da chi intendesse farlo.
Tuttavia proprio un enunciato come quello -e come il successivo- non ammetteva repliche, ma pioveva deliberatamente dal cielo senza uno straccio di giustificazione.

Tu con somma gentilezza e da lettore in buonafede hai perfino trovato una replica garbata e cauta a quel mio sproloquio(!) e la cosa un po' mi fa sorridere , ma a giudicare dalla risposta devo anche riconoscerti un'abilità fuori del comune


Sto facendo veramente un casino in questo forum, mi autosospendo per qualche giorno!


Grazie,
g.

utente non registrato Inserito il - 24/06/2004 : 20:59:19
quote:

prova a fare qualche sempio dove ti sembra che il prof.Perniola abbia "toppato" nella sua critica alla comunicazione.



Ha toppato nelle basi. Si vede fin da subito (almeno dalle frasi che sono state risportate) che sull'argomento comunicazione non ha letto nulla o quasi. Ti dico questo perché io in tre anni ho studiato comunicazione televisiva, comunicazione giornalistica, sociologia della comunicazione, etnografia dei media, comunicazioni di massa, sociologia dei nuovi media e tante altre belle materie del genere e una tesi così estremista non l'ho mai letta. Inoltre usa termini impropri: non si può parlare di comunicazione e intendere i mass media, anzi non tutti i mass media, ma solo parte, ops in effetti voleva dire la televisione, però non la cita nemmeno. Se chiami una cosa comunicazione allora parli di comunicazione, se la chiami televisione allora parli di televisione.

quote:

hai perfettamente ragione. da un docente di estetica ci si aspetta però tale cognizione. mica bisogna necessariamente essere "scienziati della comunicazione" per sollevare una critica. tuttavia, dato l'argomento, penso che anche un prof. di matematica potrebbe dire la sua. è un campo talmente vasto, poco delineato, di cui tanto si parla, che ben venga anche l'apporto che dà Perniola.



Assolutamente no. E' questo che mi fa abbastanza arrabbiare in italia. Quando dico in giro che studio scienze della comunicazione tutti mi chiedono "e che vuoi fare? il giornalista?" Si sottovaluta questa disciplina che è davvero importante per non cadere in banalizzazioni simili a quelle delle poche righe di testo che ho letto. Anche la filosofia è un campo molto vasto, anzi molto più vasto della comunicazione e non per questo ognuno può scrivere un saggio sulla filosofia ( se poi parli da discussioni da bar allora ok sia per la comunicazione che per qualsiasi altro ambito dello scibile umano)

quote:

scherzi a parte..ribadisco la mia posizione che la vastità dell'argomnto in questione non permette di riservare la vera "cognizione di causa" solo agli scienziati della comunicazione, ma a chiunque sia interessato e abbia studiato abbastanza per muovere delle critiche.



E io ribadisco che da quello che c'è scritto in quelle poche righe si comprende che quell'uomo di comunicazione non ha studiato nulla, o, perlomeno non ha approfondito a dovere l'argomento.

quote:

a quanto pare, lou Q, rivendichi implicitamente delle conoscenze in materia.



Esatto. E mi sembra una rivendicazione abbstanza sensata.

quote:

dicci dove il "luminare d'estetica" pecca di arroganza intellettuale e appropriazione indebita di sapere.



Ho già detto alcune delle cose che non mi convingono di quelle frasi. Ovviamente cercherò di leggere tutto il saggio in modo da poterne parlare più approfonditamente (ovviamente può anche darsi che all'interno del libro argomenti in modo più convincente il tutto e la mia idea cambi radicalmente).

Lou Q


______
louq@louq.louq
Elgheb Inserito il - 24/06/2004 : 20:53:32
quote:
La Filosofia è stupida. I filosofi non fanno altro che nascondere il vero per mezzo di argomentazioni astratte e favole. Pensate che Platone è stato considerato "filosofo" avendo scritto delle operette in forma dialogica, nelle quali alcuni oscuri personaggi dell'antichità s'interrogavano e dibattevano circa miti e favole; come spighereste voi le congetture sulle leggende all'origine dell'uomo contenute nel Simposio? E le speculazioni del Fedone che disquisisce dell'immortalità dell'anima su basi che non hanno alcun riscontro fattuale con la nostra realtà!


oh digiu. non ho il tempo necessario x risponderti in modo esauriente a tutta la critica che fai. perciò mi limito ad un breve intervento e mi auguro di poterlo riprendere più tardi...

se la filosofia è stupida dobbiamo concludere che tutti gli uomini sono stupidi e che ogni forma di scienza (fisica, matematica..della comunicazione ) è stupida tanto quanto (se non di più) della filosofia, poichè esse, le scienze, sono frutto di una settorializzazione del sapere e quindi derivano dalla filosofia.

i filosofi non cercano di nascondere il vero, ma al massimo si propongono (e mai ci riescono totalmente) di ricercarlo. il buon Platone divise in due la fruibilità del suo sapere (e altrettanto fece il suo discente, Aristotele) e si presume che le scoperte più significative, le congetture più "preziose", siano state quelle riservate ai suoi discepoli (e che Platone non mise per scritto). forse in tale accezione si può parlare di "comunicazione parziale" o "mascherata" del vero.
Platone "non è stato considerato" filosofo, ma lo era. nel senso che i sui contemporanei lo consideravano tale. egli scelse un metodo, una forma stilistica x trasmettere il sapere comunicabile. pretendi forse che Platone in questi dialoghi parlasse di evoluzione dell'uomo dalla scimmia, di origine del cosmo tramite il big-bang?
o si limitasse ad esporre teorie plausibili con il pensiero dell'epoca?
altrimenti non ho capito quanto volessi dire con le affermazioni su Platone.




Un mondo tanto semplice da essere compreso dai suoi abitanti, sarebbe troppo semplice per ospitare degli abitanti in grado di capirlo
digiu Inserito il - 24/06/2004 : 19:19:08
quote:

prova a fare qualche esempio dove ti sembra che il prof.Perniola abbia "toppato" nella sua critica alla comunicazione.



La Filosofia è stupida. I filosofi non fanno altro che nascondere il vero per mezzo di argomentazioni astratte e favole. Pensate che Platone è stato considerato "filosofo" avendo scritto delle operette in forma dialogica, nelle quali alcuni oscuri personaggi dell'antichità s'interrogavano e dibattevano circa miti e favole; come spighereste voi le congetture sulle leggende all'origine dell'uomo contenute nel Simposio? E le speculazioni del Fedone che disquisisce dell'immortalità dell'anima su basi che non hanno alcun riscontro fattuale con la nostra realtà!

Bene, mi fermo. Secondo voi dove sto sbagliando?
Immaginiamo ch'io sia un docente di Matematica, un professore di Filosofia e di Storia o ancora qualsivoglia altro studioso presumibilmente dotato di grande coscienza critica oltre che di nozioni al limite dell'enciclopedico: ciò renderebbe le affermazioni citate poc'anzi più esatte?
Oppure possiamo convenire che a partire dall'enunciato d'esordio: "la filosofia è stupida", quant'altro io possa aggiungere cadrebbe presto in discredito?
Personalmente ritengo che pubblicare un saggio, specie su un tema così immenso e complesso come la Comunicazione, presupponga anzitutto un serio lavoro di analisi e di presentazione delle fonti a cui si è attinto; in seconda istanza, sarebbe opportuno non gettare in pasto al lettore incolto delle frasi fatte totalmente svincolate da qualsiasi contesto, ma operare necessari riferimenti a fatti inerenti all'argomento chiave (in tal caso pare sia la comunicazione di massa); inoltre il lessico adottato dovrebbe dimostrarsi il più preciso possibile, ovverosia prodotto da un bilanciato compromesso tra tecnico (degli addetti ai lavori) e divulgativo.

Ora non voglio cadere nel tranello di giudicare un testo di cui non ho letto manco la quarta di copertina; tuttavia per quanto mi è dato di conoscere della materia trattata mi pare che almeno due di questi requisiti fondamentali siano stati calpestati in tutti gli stralci pubblicati da Tommy. Si osserva, infatti, un lessico a tal punto impreciso da attizzare subito almeno tre post chilometrici tra me e Tommy al fine di chiarire il campo d'indagine di cui si stesse trattando; nondimeno si notano enunciati generalisti, privi del benché minimo riferimento ad un contesto specifico che permettesse un'eventuale verifica da parte del lettore.

Questo almeno è ciò che ho osservato a partire da quelle citazioni, ma a quanto pare un altro "collega" condivide le mie perplessità, per di più con le medesime argomentazioni.


quote:
hai perfettamente ragione. da un docente di estetica ci si aspetta però tale cognizione. mica bisogna necessariamente essere "scienziati della comunicazione" per sollevare una critica.
tuttavia, dato l'argomento, penso che anche un prof. di matematica potrebbe dire la sua. è un campo talmente vasto, poco delineato, di cui tanto si parla, che ben venga anche l'apporto che dà Perniola.



Onestamente non condivido quest'opinione. Sarebbe come dire che tutti indistintamente potremmo scrivere di Filosofia o persino di Cinema.
Questi appena citati sono campi vasti e indefiniti almeno quanto lo sia la Comunicazione oggi, ma credo sia diverso discuterne e scriverne. Discutere di cinema è permesso a tutti, specie al bar o su un forum dove ognuno riporta un suo giudizio; al contrario pubblicare un saggio è faccenda ben più impegnativa e di notevole risonanza; se oltretutto si è personaggi pubblici, o addirittura eminenti studiosi sebbene di altre branche del sapere, l'importanza di quanto scriviamo cresce in misura esponenziale.
Prova ne è che ad es. mbuto, intervenuto in questo thread, ha operato una immediata equivalenza (che d'altra parte chiunque di noi avrebbe fatto) tra l'aver giudicato "buono" un altro saggio -su tutt'altro tema- dello stesso autore e una presunta "buona competenza" riguardo altri temi che lo stesso autore voglia trattare.

Secondo me si può essere anche pinco pallino per dibattere con cognizione di causa di Comunicazione, l'essenziale è rispettare un metodo d'indagine rigoroso, come potrebbe essere quello che ho enunciato poche righe più sopra.


A rileggervi,
g.


P.S.: Se all'esame di Teoria e tecniche delle comunicazioni di massa avessi scritto anche en passant una di quelle frasi di Perniola sul tema della comunicazione, probabilmente il professore non avrebbe nemmeno proseguito nella lettura del mio elaborato, ma ne avrebbe fatto palla tra dita e palmo e l'avrebbe affidato alle cure della nettezza urbana. Credo.

Elgheb Inserito il - 24/06/2004 : 17:43:35
quote:
Tutte (o quasi) le frasi possono essere smentite da studi ben più profondi e scientifici sulla comunicazione.


prova a fare qualche sempio dove ti sembra che il prof.Perniola abbia "toppato" nella sua critica alla comunicazione.
quote:
Credo se si vuole parlare di comunicazione lo si debba fare con cognizione di causa

hai perfettamente ragione. da un docente di estetica ci si aspetta però tale cognizione. mica bisogna necessariamente essere "scienziati della comunicazione" per sollevare una critica. tuttavia, dato l'argomento, penso che anche un prof. di matematica potrebbe dire la sua. è un campo talmente vasto, poco delineato, di cui tanto si parla, che ben venga anche l'apporto che dà Perniola.
quote:
visto la crescente importanza della comunicazione e delle discipline che la studiano
mi sa proprio che sei uno scienziato...
quote:
non ho mai senito di un sociologo che scriva un saggio dal titolo "contro la filosofia"
non ho mai sentito di un filosofo che abbia scritto un saggio "contro la filosofia"..e sia ancora vivo

scherzi a parte..ribadisco la mia posizione che la vastità dell'argomnto in questione non permette di riservare la vera "cognizione di causa" solo agli scienziati della comunicazione, ma a chiunque sia interessato e abbia studiato abbastanza per muovere delle critiche.
a quanto pare, lou Q, rivendichi implicitamente delle conoscenze in materia. dicci dove il "luminare d'estetica" pecca di arroganza intellettuale e appropriazione indebita di sapere.



Un mondo tanto semplice da essere compreso dai suoi abitanti, sarebbe troppo semplice per ospitare degli abitanti in grado di capirlo
utente non registrato Inserito il - 24/06/2004 : 15:14:43
Credo se si vuole parlare di comunicazione lo si debba fare con cognizione di causa. Leggendo le frasi che hai riportato sembra che dietro questo libro non ci sia alcuno studio sulla comunicazione in generale e sui mass media in particolare. Tutte (o quasi) le frasi possono essere smentite da studi ben più profondi e scientifici sulla comunicazione.
Mi sembra il caso, visto la crescente importanza della comunicazione e delle discipline che la studiano, che a scrivere un saggio sulla comunicazione sia un esperto di questa materia, esattamente come accade per la filosofia (non ho mai senito di un sociologo che scriva un saggio dal titolo "contro la filosofia") e per qualsiasi altra disciplina classica.

Ciao, Lou Q

Ps: tengo a precisare che non ho letto il saggio, tutto ciò che ho scritto riguarda le frasi riportate da Tommy.

______
louq@louq.q
utente non registrato Inserito il - 20/05/2004 : 16:26:02
quote:

Perniola, Mario, Contro la comunicazione, Einaudi, Torino 2004.
(pagg. 114; € 7,00)

«Di tutte le mistificazioni della comunicazione indubbiamente la più grande è stata quella di presentarsi sotto le insegne del progressismo democratico, mentre costituisce la configurazione compiuta dell’oscurantismo populistico.» (pag. 6)

«[…] la nuova comunicazione ideologica sarebbe invece completamente priva di possibilità di verifica e di prova: infatti non si vede davvero come si possano sottoporre ad analisi razionale gli argomenti di chi si dice campione di una guerra infinita del «bene» contro il «male».» (pag. 7)

«[…] anche nella comunicazione c’è un segreto: esso consiste nel rendersi invisibili per eccesso di esposizione. […] buon comunicatore è chi, pur non interpretandone bene nessuna [parte teatrale], riesce sempre ad occupare la scena.» (pag. 13)

Le mie prime impressioni sono quelle di trovarmi di fronte ad un autore* che, con sguardo tanto lucido quanto cinico, arriva a “sparare a zero” su molte manifestazioni della contemporaneità (connotata dalla comunicazione, vista drasticamente da Perniola come «l’opposto della conoscenza»): dal politico ciarlatano di cui non viene fatto il nome al bellicista convinto che è Bush (esplicitamente citato, questi si, stavolta); dal movimento new age ai black bloc passando per i nuovi hooligans. Parole molto dure, nei confronti della comunicazione massmediatica, definita, fin dalle primissime pagine, come quella «bacchetta magica che sembra trasformare l’inconcludenza, la ritrattazione e la confusione da fattori di debolezza in prove di forza» (pagg. 5-6); paragonata ad una ideologia, ma senza le determinazioni e l’aspetto concettuale di quest’ultima, la comunicazione «aspira a essere contemporaneamente una cosa, il suo contrario e tutto ciò che sta in mezzo tra i due opposti» (pag. 9), con la conseguenza, poi, di un annullamento di «ogni differenza (e quindi ogni valore) attraverso la parificazione di tutto» (pag. 23) e la prospettiva di un «universo della comunicazione, cioè un mondo senza giudizi e senza prove legittime, nel quale i forti, dotati di poteri non specificati (e spesso non specificabili perché illegali), hanno subito la meglio sugli altri.» (pag. 24).

* Autore invero già conosciuto per L’arte e la sua ombra (Einaudi, Torino 2000), altro straordinario saggio sulle follie e le dinamiche dell’arte contemporanea. Dovrei rileggerlo, visto che, se non erro, vi si accennava al posthuman, almeno come esperienza artistica.

...rozzi cibernetici signori degli anelli orgoglio dei manicomi. (Sgalambro - Battiato)

Modificato da - Tommy David il 15/05/2004 22:17:09



Poco tempo fa ho apprezzato "L'arte e la sua ombra" dovendolo studiare per un esame. Viaggiando su internet notai l'imminente uscita di questo saggio sulla comunicazione e pensai che poteva essere interessante l'opinione del prof. Perniola sull'argomento e da quanto leggo è sicuramente stimolante in quanto traccia viva per un dibattito la cui urgenza è sempre più pressante nel nostro paese.
Voglio leggerlo (magari anche comprarlo, soprattuto perché dagli stralci che ho letto viaggio nella stessa direzione del Perniola).

______
mbuto@hotmail.com
digiu Inserito il - 20/05/2004 : 13:29:19
quote:

Bene digiu, ti ringrazio per la citazione da una fonte così autorevole. Diremo allora che la polemica di Perniola è rivolta ad una parte della comunicazione massmediatica, nella quale ovviamente non sono inclusi i libri.



penso che la discussione sia deviata parecchio dalla critica che avevo avanzato nel mio primo post; questo accade sovente quando si spezzano gli interventi e si risponde alle singole parti per diversi messaggi, fintantoche si ha un deriva sia semantica che del tema rispetto alla sostanza del messaggio originario. Nessun problema, provo a tornare sui miei passi.
Giusto per chiudere in serenita' la mia parentesi, fugando l'ombra del malinteso, sintetizzo quel che avevo gia' espresso (forse non chiaramente):
tu, Tommy, hai riportato delle citazioni dal testo Contro la comunicazione di M.Perniola.

Personalmente avevo mosso due critiche:
1) il titolo Contro la comunicazione non vuol dire una cippa; ma non soltanto se sottoposto a un dibattimento profondo e per certi versi sterile, ma proprio a livello piu' immediato e sostanziale.

Due motivi su tutti:
a) La comunicazione o atto comunicativo in se' e' un atto neutro (avevo gia' abozzato due esempi di comunicazione elementare) e in quanto tale puo' essere oggetto di studio ma certamente non di polemica. La Storia nel senso dei documenti, le fonti ecc. puo' essere un oggetto polemico? Qualcuno potrebbe scrivere Contro la Storia ed esser preso sul serio? La mia e' una domanda nemmeno troppo retorica, perche' qualcuno potrebbe obiettare: ma vabbeh oggi il campo dell'editoria e' fitto di pamphlet e' "saggini" ove si puo' usare qualsivoglia termine in loco di qualsiasi altro...

b) La comunicazione intesa come comunicazione di massa o massmediatica e' un processo di una tale vastita' e complessita' che trovo ridicolo un pamphlet che parli di tv e voglia passare per un testo che parli di comunicazione solo perche' si avvalga di termini generici che possano voler dir tutto e niente.

Quindi venendo al nocciolo l'obiezione e': Perniola farebbe bene a parlare di tv, se ad essa si riferisce, e non di "comunicazione", perche' il suo lessico oltre che impreciso e fuorviante, pesca nel torbido e se mi permetti un paragone figurato ci riporta un po' alla preistoria quando il fuoco era appena stato conosciuto e magari lo si chiamava luce, oppure una ruota veniva definita legno...
Potrebbe apparire azzardata l'allegoria pero' ti assicuro che il suo pamphlet se anche avesse centrato la critica non avrebbe comunque reso dovuta considerazione a oltre 100 anni di studi sulla comunicazione (di massa se si riferisce -anche non specificandolo- alla massa).
Cio' che davvero non comprendo e' il "giochino" di Perniola: se disquisisce di tv e dei suoi poteri perche' non ha intitolato il suo saggio Contro la televisione e perche' non la cita esplicitamente nel suo discorso?! Davvero non riesco a ravvisare il senso di questi indovinelli.

quote:

Non mi distogli dal constatare almeno questo: che, nel caso di libri quotidiani riviste siti internet etc, si può godere (almeno finora) di una pluralità, di una genuina libertà espressiva che la
[...]
la tv sia comunque più diffusa, e soprattutto più fruita, del libro e di internet**.



non intendo contestare una virgola di cio' che scrivi, anche perche' come direbbe il Padrino il tuo "bisiniss" non e' in contrasto con il mio...o meglio non ho mai affermato il contrario. :-)
Se badi bene nei miei precedenti post non ho fatto riferimento a liberta' di stampa, ad egemonia culturale, al possesso e monopolio di mezzi di comunicazione e testate editoriali...ecc

quote:

Altro appunto: al di là dell’effettiva diffusione, non so fino a che punto potremmo equiparare i libri alla tv. Questa è assai fondata sull’immediatezza, fa leva sull’emotività e sulla passività (si, lo so, sono giudizi forti e passibili di dure critiche…); il libro, invece, richiede una fruizione del tutto diversa.
[...]
Proprio in base a queste ultime constatazioni, mi sento di poter dire che non so fino a che punto potremmo equiparare i libri alla televisione: altro che confronti globali! altro che equiparazione di questi massmedia!



Sono perfettamente d'accordo con te. Nel mio intervento precedente ho scritto "equiparabili" riferendomi nella fattispecie alla capacita' di raggiungere secondo la definizione di Janowski "pubblici ampi e fortemente dispersi"; non ho mai affermato che le due fruizioni siano dello stesso tipo o assimilabili.

quote:

** Ovviamente ci sono poi i singoli casi. Personalmente, non guardo tv da tre anni, e per fortuna è raro che la subisca passivamente, visto che per lo più pranzo a mensa o in orari alternativi… Altresì l’idiosincrasia del prof è nota a tutti. E voialtri?



per tutto il mio primo anno di universita', nella stanzetta in cui abitavo, non l'ho posseduta e quindi anche volendo non avrei potuto subire alcunche'. Da allora ne guardo praticamente il minimo indispensabile: dovendo quantificare direi che ci aggiriamo intorno a circa una o due ore la settimana...ma con intere settimane e qualche volta dei mesi senza proprio accenderla.


Grazie Tommy e scusa se non mi sono soffermato sulle parti piu' interessanti del tuo intervento, ma ho preferito chiarire quanto io stesso avevo inteso esprimere fin qui.

g.


digiu Inserito il - 18/05/2004 : 18:11:54
Grazie per il benvenuto Tommy...
provo a rispondere velocemente in un paio di punti:

quote:

L’unico appunto che ti ho mosso, è stato sulla definizione di comunicazione di massa. Ma eravamo nel campo della pura opinione (almeno pare): se per te è comunicazione di massa «tutta la comunicazione che raggiunge la massa» – e lo rimarchi in neretto – allora o Perniola dovrebbe affinare la terminologia che adopera, o noi dovremmo preventivamente capire cos’è che “raggiunge” la massa – se solo a livello di possibilità, o anche nell’effettiva fruizione. Propenderei per quest’ultima ipotesi.



cito nello specifico da quello che e' la 'bibbia' delle comunicazioni di massa, ossia non un saggio, non un pamphlet, ma un testo scientifico che indiscutibilmente viene riconosciuto come la base di partenza di qualsiasi studio che riguardi le comunicazioni di massa:

Mass Communication Theory by Denis McQuail 1994,
tradotto in italiano e riedito da Il Mulino col titolo Sociologia dei media

«le comunicazioni di massa comprendono le istituzioni e le tecniche grazie alle quali gruppi specializzati impiegano strumenti (stampa, radio, film, ecc.) per diffondere un contenuto simbolico a pubblici ampi, eterogenei e fortemente dispersi [..] in questo paragrafo viene tratteggiato lo sviluppo degli attuali mass media [..] Mezzi a stampa: il libro» (Introduzione, pagg. 28-30)

Riguardo al secondo punto in cui si parla del fatto che il libro non e' detto che raggiunga un pubblico cosi' ampio direi che non e' vero, o meglio, che spesso tendiamo pregiudizialmente a considerare un libro un mezzo molto piu' limitato come diffusione rispetto alla tv oppure ad internet, quando invece basterebbe la statistica a farci cambiare idea. L'esempio canonico credo consista nell'errore di considerare il singolo volume, la singola opera, paragonandola invece alla globalita' delle trasmissioni tv; se invece prendessimo una singola trasmissione tv, o la tiratura di un quotidiano nazionale in un giorno della settimana e li raffrontassimo alla tiratura di un libro non per forza un best seller o ai contatti che un dato sito internet riceve in un giorno...penso ci renderemmo conto che le potenzialita' dei mezzi stampa sono quantomeno pari a quelle dei nuovi media.

quote:

[newsletters biusiane] Ma questa non è esattamente comunicazione di massa… o erro?



Naturalmente no! :-)
Il pubblico biusiano e' settario e circoscritto...ovviamente c'e' un malinteso. Nel mio intervento avevo indicato quelle newsletters come un paradigma positivo, un'isola felice in mezzo alla propaganda ideologica e nulla c'entrava con la comunicazione di massa.


A presto,
g.



digiu Inserito il - 17/05/2004 : 14:12:21
Ho lasciato "scorrere" questo messaggio, poi ho letto anche gli altri del forum, ma non ho potuto trattenermi dal tornare da queste parti...

Premetto doverosamente di NON aver letto il saggio in questione e non voglio metterne in discussione i contenuti, sebbene ritengo che un saggio che in qualche modo discuta di comunicazione e voglia farlo in modo scientifico, e in un certo senso genuino, non possa intitolarsi Contro la comunicazione.
Mi reputo ignorante e difatti non conosco Mario Perniola, ma voglio sperare sia uno studioso di comunicazione per scrivere un tale saggio, e in tal caso: come puo' uno studioso di comunicazione intitolare il suo saggio Contro?! Sarebbe come uno storico che scrivesse un libercolo di 100 pagine e lo intitolasse Contro la Storia. (Contro il Sessantotto potrei capire...:-) ma contro la Storia in astratto... farebbe un po' ridere, credo)

Vabbeh, sorvoliamo e ammettiamo che il saggio parli di comunicazione ma che sia stato scelto un titolo "forte" che potesse vendere qualche copia in piu' e che anche loro (Perniola e i suoi editori) abbiano fatto un uso ideologico della comunicazione di massa, ossia atto a trarne un utile.
Ora la mia ultima affermazione sul fine ideologico dell'Autore non si limita alla banale e preconcetta obiezione che ho esposto poc'anzi, ma viene avallato in pieno dalle citazioni che Tommy ha estratto:

quote:

Perniola, Mario, Contro la comunicazione, Einaudi, Torino 2004.
(pagg. 114; € 7,00)

«Di tutte le mistificazioni della comunicazione indubbiamente la più grande è stata quella di presentarsi sotto le insegne del progressismo democratico, mentre costituisce la configurazione compiuta dell’oscurantismo populistico.» (pag. 6)




Non sono per niente d'accordo con tale affermazione. Ovviamente essa e' astratta dal suo contesto, in ogni caso non trovo sia esposta nei termini corretti: cosa si intende qui per comunicazione?
Se ci si riferisce all'atto neutro del comunicare (io che parlo con un amico o faccio l'occhiolino al cameriere del bar...-esempi a caso di comunicazione-) l'affermazione risulterebbe consona alla sfera dell'assurdo. Se invece, come credo, si fa riferimento alla comunicazione di massa mi trovo totalmente in disaccordo con Perniola.
Quando si usa l'accezione di massa o massmediatica, riferito alla comunicazione, non si rimanda esclusivamente ai quotidiani, a internet, alla tv o al Grande Fratello ma vi e' inclusa tutta la comunicazione che raggiunge la massa, quindi la diffusione dei testi, l'editoria ecc.

Allora: come si puo' affermare che la diffusione dei libri a basso costo non sia stato un progresso e abbia in qualche modo esteso le possibilita' di accesso ai prodotti culturali anche per i meno abbienti (progressismo democratico)?
Non indugio oltre, penso l'affermazione, se riletta ora, si commenti da se'.


quote:

«[...] la nuova comunicazione ideologica sarebbe invece completamente priva di possibilità di verifica e di prova: infatti non si vede davvero come si possano sottoporre ad analisi razionale gli argomenti di chi si dice campione di una guerra infinita del «bene» contro il «male».» (pag. 7)



Anche qui mi ricollego in parte all'obiezione precedente: la comunicazione ideologica non credo possa esistere, semmai si puo' riscontrare un "uso ideologico della comunicazione di massa".
Questa seconda argomentazione e' gia' piu' plausibile e riferisce di un punto di vista abbastanza diffuso al quale sovente anch'io mi sono piegato: come si fa a discutere con qualcuno che affronta un argomento accecato dall'ideologia o meglio come combattere un sistema che abusi del movente ideologico per coprire le proprie malefatte che nulla hanno in comune con le nobili cause?
Ebbene io ritengo che cio' sia possibile; e' un compito che richiede sforzo e impegno costante al fine di quello che Italo Calvino nella conclusione delle Citta' invisibili definisce: «individuare cio' che in mezzo all'inferno non e' inferno e farlo durare e dargli spazio».
Un esempio personificato di cio' che sostengo mi pare si trovi proprio nel prof. Biuso il quale si adopera nelle sue newsletter su argomenti come USA-Iraq e guerra, "decostruendo" di fatto la campagna ideologica che cresce intorno a questi argomenti con la semplice diffusione di articoli di cronisti liberi oppure con la summa di fatti rilevanti che vengono taciuti o passati in secondo piano (l'affare Enron, gli interessi commerciali legati al petrolio) e che sono talvolta il movente, talvolta le conseguenze dirette, dei fatti di primo piano.
Si tratta certamente di un lavoro arduo reso tale dall'evidenza che gruppi economici dominanti, essendo detentori di potere e mezzi di molto superiori ai nostri, siano naturalmente piu' agevolati nella diffusione di una notizia rispetto a noi. Tuttavia la costante ricerca della verita' non dovrebbe far difetto alle menti che aspirino ad un pensiero davvero libero e non credo questi siano, come sostiene Perniola, problemi annessi soltanto alla modernita', ai nuovi media e alla comunicazione che da essi deriva; al contrario sono convinto che in tutte le epoche le forze oscurantiste-dententrici del potere economico abbiano avuto sempre maggiore facilita' nell'affermare il proprio dominio e che, anzi, proprio oggi e proprio grazie ai nuovi media ci sia concessa una voce e un mezzo in piu' per far circolare le nostre idee.


quote:

la comunicazione [di massa] «aspira a essere contemporaneamente una cosa, il suo contrario e tutto ciò che sta in mezzo tra i due opposti» (pag. 9), con la conseguenza, poi, di un annullamento di «ogni differenza (e quindi ogni valore) attraverso la parificazione di tutto» (pag. 23) e la prospettiva di un «universo della comunicazione, cioè un mondo senza giudizi e senza prove legittime, nel quale i forti, dotati di poteri non specificati (e spesso non specificabili perché illegali), hanno subito la meglio sugli altri.» (pag. 24).



Molto di cio' che scrive Perniola e' vero, almeno nel senso di un eccesso di produzione e di comunicazione che porta fisiologicamente allo svilimento dei contenuti veicolati, pero' rimango pur sempre convinto che «tutto e il contrario di tutto» non esista, o meglio credo nell'individualita' di ciascuno e nel giudizio personale e, forse sopravvalutandolo, ritengo altresi' che qualsivoglia testo (nel senso semiotico ovvero il piu' ampio) possa essere analizzato e la sua coerenza interna sottoposta a verifiche.

In conclusione non vorrei si fraintendesse il mio intervento: non sono un ottimista che vede tutto rosa; il nostro rimane pur sempre un mondo difficile ed e' per questo che comincio a diffidare su base pregiudiziale di saggi che vogliano dirci «la comunicazione e' male» o che la radice dei nostri problemi sia nella modernita'. Tuttavia, ripeto, il concetto di dominio economico-culturale e' un concetto che trova riscontro in tutte le epoche storiche con connotati positivi e negativi e proprio la conoscenza della Storia dovrebbe averci in qualche modo vaccinati dal subire tacitamente il giogo del modello dominante in una data epoca. Si spera. :-)

a presto
g.


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