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Inserito il - 26/03/2008 : 23:05:05 Francis Bacon Milano - Palazzo Reale Fino al 29 giugno 2008
La struttura lacerata e finita dell'umano trova in Francis Bacon (1909-1992) una delle sue espressioni più radicali, coinvolgenti, splendide. La bellezza emerge proprio là dove sembra abitare l'orrore, la condizione umana fatta di desiderio e di nulla, del desiderio che è la vita mentre divora se stessa, del nulla che acquieta e riscatta il desiderio.
Nelle figure aggrumate ma riconoscibilissime del più grande pittore del secondo Novecento si condensa l'intera storia dell'arte -con particolare attenzione a Michelangelo, Rembrandt, Velázquez, Ingres, Van Gogh, Picasso-; pulsa la potenza dei corpi, in particolare di quelli amati e ammirati degli amanti e degli amici, che Bacon rappresentò di continuo cercando di graffiare le loro anime con delle carezze di colore capaci di svelarle. Nelle sue opere si intravede il senso del mito -un esempio, il magnifico Oedipus and the Sphinx after Ingres-; afferra la sensazione di trovarsi di fronte alla verità degli oggetti, delle esistenze, della materia. E del tempo col suo enigma di immutabilità parmenidea: nelle teste di Bacon c'è ancora l'embrione e c'è già il teschio, fissati nel presente, in un adesso che è fuori dalla storia.
Una mostra bellissima, dunque, che permette di conoscere un po' più da vicino l'artista anche attraverso una lunga e illuminante intervista realizzata nel 1985 tra le vie e i bar di Londra e dentro il disordinato studio del pittore. Bacon vi si rivela personaggio molto simpatico, vitale, autoironico, che racconta con generosità tecniche e modi del suo fare. Il pittore fu un autodidatta, capace di ispirarsi a migliaia di foto dai soggetti e dalla provenienza più diverse, -dalle illustrazioni dei rotocalchi popolari alle fotografie di Muybridge-; che sin da subito evitò accademismi e decorazioni; che attaccava direttamente la tela senza alcun disegno preparatorio -«se prima disegnassi, il quadro diventerebbe un'illustrazione del disegno»-; che dichiarò indifferenza o malcelato disprezzo per Rothko e Pollock e in generale per l'astrattismo che dell'arte conserva soltanto la forma, l'estetica, mentre la pittura è una visione integrale dell'umano e delle cose; che svela il suo radicarsi in epoche remote e quasi fuori dal tempo, definendo l'arte egizia tra il 3000 e il 2500 come la più grande mai creata o ricordando con meditato e divertito rapimento l'affermazione di Eschilo secondo cui «il fetore del sangue umano è sorriso per me». La definizione più plastica, ironica e perfetta di Bacon fu lui stesso a offrirla quando si dichiarò «un ottimista sul nulla».
agb ««Per lætitiam...intelligam passionem qua mens ad majorem perfectionem transit» (Spinoza, Ethica, III, XI, Scholium) |
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