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 cos'è la poesia?

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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
Cateno Inserito il - 15/03/2006 : 10:52:11
L'intervento che segue l'ho scritto qualche tempo fa. Un mio amico di Roma che studia regia mi aveva chiesto cosa significasse per me fare poesia ai nostri giorni ed io gli risposi con le frasi che avrete la bontà di leggere. Il titolo del post ricalca volutamente quello su cos'è la filosofia. Spero che rispondiate numerosi e che scusiate la mie parole a volte un po' troppo affettate.


Fare poesia oggi è essere delinquenti. Nel dire questo penso soprattutto a Pasolini, ma ciò ha radici più profonde che richiamano Leopardi e Foscolo per quel che riguarda la poesia nostrana (ammesso che già Dante non sia stato un delinquente!) e trova la più originaria ed emblematica figura, allargandoci all’ambito del pensiero tutto, in Socrate. Ma lasciamo da parte la storia.
Ernest Jünger, nel romanzo “Eumeswill”, afferma che ogni poeta ha qualcosa in sé dell’anarchia; tuttavia egli distingue l’anarchico dall’anarca; il primo è colui che si ribella al sistema, lotta, fa esplodere bombe e cose del genere ma che tuttavia è funzionale al sistema stesso, in quanto facilmente inquadrabile, da utilizzarsi anche come valvola di sfogo per malumori e, grazie ai suoi attentati o azioni forti, comunque volto a contenere l’opinione pubblica; l’anarca invece non è contro il potere perché egli stesso è un potere: per esempio, in situazioni di tirannia egli piuttosto che essere contro il tiranno o un potere opposto a quello del tiranno è, come dire, il suo pendant, ne fa una questione di poteri personali; l’anarca è più pericoloso dell’anarchico poiché, mentre questi può “sparare” in una sola direzione, l’anarca può “sparare” ovunque. Quando è in giro lui nessuno è al sicuro. Egli può convivere con le dittature e addirittura nel romanzo il protagonista è un anarca che fa il barista nella casbah del tiranno.
Non so se sia l’energia dei miei vent’anni oppure il nostro dato momento storico di assoluta piattezza e vuotezza, ma la figura dell’anarca mi sta un po’ stretta: ho bisogno di gesti forti, di azioni, di bombe, se necessario. Se la poesia ha perso la sua funzione di riferimento culturale primario è perché dai tempi di Pasolini in poi non c’è più stato nessuno che abbia saputo prendere in mano la situazione facendo balenare la luce propria della poesia. Fare poesia oggi, in questo contesto, è gettare in faccia la poesia agli uomini, abbagliarli, accecarli, se necessario. Ma forse che gli schiavi della caverna platonica, abituati alle ombre, non si accecarono uscendo alla luce del sole?
Ogni cosa, ai nostri giorni, trova la propria collocazione; è fatta rientrare, in un modo o nell’altro, nell’ordine delle cose. Tutto è già dato, su tutto si è discusso e non esiste la novità. Il gesto dirompente non ha più luogo se non per sotterfugi; ma ciò che avviene per sotterfugi perde un po’ del suo splendore, specialmente quando rientra in categorie d’elite. La musica, la comicità, i film più politicamente e socialmente intelligenti e critici vengono passati sottobanco, censurati e ridotti ad essere seguiti da un ristretto gruppo spesso pseudo-colto. De Andrè, ad esempio, è ridotto ad un rimasuglio del passato, mentre dovrebbe essere ascoltato contro ogni classe politica ed ogni potere; chi ancora lo ascolta o è ritenuto un nostalgico oppure un noioso che non capisce nulla di musica.
Di poesia non si parla neanche. Non se ne parla perché non fa ascolto, perché è difficile, perché non si capisce e tanto non c’è bisogno di capirla. La lingua è mortificata ed abbassata al livello delle discussioni veramente ridicole dei talk show; chi parla lo fa per sentito dire; tutti si danno dell’ignorante ma nessuno ha letto un libro che non sia “Il signore degli anelli”, “Il codice da Vinci”, “Harry Potter” o “Cento colpi di spazzola prima di andare a dormire” e se uno già li ha letti tutti e quattro è considerato un sapientone. Una delle sorgenti del pensare occidentale, il sapere di non sapere, è prosciugata dall’ignorare l’ignoranza. Tutti sono morali e cattolici; nessuno sa cosa sia la morale tanto meno si sa cosa sia il cattolicesimo; se provi a parlare di transustanziazione o di nichilismo credono che tu ti stia dilettando in scioglilingua privi di senso; se ti vedono camminare da solo e recitare versi sei considerato un folle. Tutti però fanno la cosa giusta.
Tranne il poeta. Di lui, questo strano essere, non si parla neanche. Il poeta è un delinquente. Dei delinquenti non si parla, poiché parlarne è vergogna, è immorale.
Il poeta parla, perciò il castigo, la punizione, la pena è di metterlo a tacere.
La bellezza e l’eleganza paiono scomparse dal mondo; non v’è nulla di aggraziato. Persino le fanciulle tendono ad abbrutirsi con stivaloni e calzettoni che ne ingrossano le caviglie e le fanno apparire gonfie massaie sessantenni prive d’ogni aspirazione e umanità che non siano l’accudire il focolare domestico ed i pettegolezzi sul vicino. La bellezza e l’eleganza sono scomparse di pari passo con la poesia. La bellezza sprigiona volontà e anelito, per questo dev’essere bandita dal mondo. I manifesti pubblicitari di belle ragazze non sono che come le foto sulle lapidi mortuarie: ormai della bellezza è rimasto solo il ricordo o la fredda falsità delle modelle. Che la bellezza estetica o, come si dice, “esteriore” possa essere in qualche modo distinta dalla bellezza “interiore” è un errore fondato solo sul fatto che si credano distinguibili un’anima e un corpo.
Fare poesia oggi è scontrarsi con tutto questo e tuttavia lodare l’esistenza. Bisogna far intravedere che una “salute”, una bellezza, un senso è ancora possibile. Ma al di là di tutto quello che c’è adesso. Tuttavia, anche se tutto deve cambiare, nulla deve andare perduto e del resto è impensabile che tutto, nella nostra come in ciascuna altra epoca, sia così negativo.
Ma il senso altamente originario di ogni poesia o arte è un senso prettamente etico. Anche la distruzione di ogni etica è fondata sul fatto che ogni intento è, in quanto al suo essere, etico, foss’anche nella negazione del bene e del male.
L’unica poesia oggi possibile è dunque una poesia profondamente criminale, già solo per il motivo che chiunque voglia pensare per contro proprio è contro lo stato delle cose. Proprio per questo il poeta, unico, libero per il proprio essere, è un delinquente.


L'esistenza è un episodio del nulla (Schopenhauer)
6   U L T I M E    R I S P O S T E    (in alto le più recenti)
utente non registrato Inserito il - 26/04/2006 : 07:18:28

...tastando con mano che la poesia oggi non è solo un crimine, ma anche e sopratutto uno stato di solitudine, a tratti inebriante a tratti feroce...

...ah! i poeti: "che strane creature" !

grazie di averne parlato...



La vita grida
con parole a manovella
frasi cui nessuno bada.

Si accende e strilla
nelle notti bianche,
superata ch’è la mala sorte.

Mimetica e insana
si appende alla tua fantasia
disperde nel tempo
le immagini della sua armonia…

…uomo che combatti il rimpianto,
o lo affoghi ben stretto
al tuo miglior ricordo

ascolta un momento
il mio i n c a l z a r r r
lento e tetro:
mieto memorie
per non tornare
indietro.


La vita è breve e infinita
fin tanto che hai reso infinito
il sospiro più lieve

E se ti sei arreso,
o hai perso del tempo,
hai di certo
saputo del triste Rimpianto!

Mimetico e insano
Si appende alla tua fantasia,
ricorda al suo tempo:


…uomo, perdona la viltà di chi scrive
che per versi rifugge
dal suo divenire.

Ascolta un momento
il mio i n c a l z a r e
lento:
temo nel balzo
mio verso il volo
sentirmi da solo.




|albatros|

______
yellowshadow@hotmail.it
Cateno Inserito il - 17/03/2006 : 16:39:21
quote:
- Premessa: -
Io ne capisco poco di buona scrittura e tantomeno di brevitas, tuttavia gli interventi di Cateno mi piacciono assai assai assai (questo fa il paio col "brutto brutto brutto" che affibbiai all'ultimo film di Rubini). L'unica cosa che gli rimprovero è di usare poco gli a capo e di non suddividere in paragrafi, cosa un un po' fastidiosa per il lettore; per il resto trovo che la sua prolissità non sia casuale, ma un artigliare per gradi l'argomento procedendo per passaggi che seppure tra loro non paiono superficialmente legati, dimostrano una buona coerenza interna. Infine c'è da dire che forse predilige il racconto alla risposta stringata e tecnica e comunque i forum hanno bisongno anche di questo: di qualcuno che non si limiti al tecnico ma abbia voglia di postare repliche e riflessioni che vadano al di là. Un effetto domino piacevole, specie quando il dibattito langue.
- Fine della premessa -





Grazie... troppa bontà!


quote:
cateno sei sempre contorto quando devi spiegare un concetto..vabbè che siamo filosofi..però così hanno ragione gli altri quando dicono che parliamo parliamo e...parliamo.impara ad essere meno prolisso e più diretto..
è un consiglio..tutto qui,non una critica negativa nei tuoi confronti,spero tu non la prenda come tale.


Ahimé... per un filosofo essere contorto è un peccato imperdonabile. Mi sforzerò di essere più chiaro.

P.s. Rivelo un piccolo trucco: ciò che "non quadra", ossia i miei guidizi universali, fanno parte di un espediente retorico; è una necessità per chi vuol scagliarsi contro lo stato di cose. Inoltre ricordo che quanto scritto non era stato pensato per questo forum.


L'esistenza è un episodio del nulla (Schopenhauer)
Stanley Inserito il - 17/03/2006 : 12:05:08
La poesia è un'arte,e come tale posiede in sè quell'intrinseca potenza che paradossalmente mentre imprigiona,de-finisce il pensiero dell'autore,lo libera e rivela al mondo intero.L'hanno fatto e lo fanno i quadri dei pittori,le pellicole dei registi,le opere dei compositori e altre espressioni artistiche.E soprattutto lo fanno i versi.Il poeta è un abile alchimista che sotto la guida scrupolosa delle Muse(o della più profana Passione)dosa sentimenti ed emozioni per ogni simbolo che andrà a comporre il suo scritto.Impregna di sensazioni le parole garentendogli così la sovraumana forza di superare il tempo e lo spazio e di tangere l'eternità.Egli fa di ogni verso una porta che squarcia con violenza il reale e lo storico(e forse in questo ha ragione Cateno definendolo delinquente),permettendo ad ognuno di poterla attraversare per andare dove desidera che quelle parole lo portino.Insomma il poeta(il vero poeta,non un Franco del GF)è certamente un personaggio speciale.Perchè se esprimere il proprio pensiero è da tutti,di certo è per pochi la capacità di abbracciare la propria anima alle parole.


"La fiamma che arde col doppio dello splendore, brucia in metà tempo." (dal film Blade Runner)

Stanley

Edited by - stanley on 17/03/2006 12:08:36
digiu Inserito il - 15/03/2006 : 21:43:56
quote:

cateno sei sempre contorto quando devi spiegare un concetto..
[...]
impara ad essere meno prolisso e più diretto..



- Premessa: -
Io ne capisco poco di buona scrittura e tantomeno di brevitas, tuttavia gli interventi di Cateno mi piacciono assai assai assai (questo fa il paio col "brutto brutto brutto" che affibbiai all'ultimo film di Rubini). L'unica cosa che gli rimprovero è di usare poco gli a capo e di non suddividere in paragrafi, cosa un un po' fastidiosa per il lettore; per il resto trovo che la sua prolissità non sia casuale, ma un artigliare per gradi l'argomento procedendo per passaggi che seppure tra loro non paiono superficialmente legati, dimostrano una buona coerenza interna. Infine c'è da dire che forse predilige il racconto alla risposta stringata e tecnica e comunque i forum hanno bisongno anche di questo: di qualcuno che non si limiti al tecnico ma abbia voglia di postare repliche e riflessioni che vadano al di là. Un effetto domino piacevole, specie quando il dibattito langue.
- Fine della premessa -

Stavolta però il post m'è parso un po' un minestrone, c'è qualcosa che tocca (parafrasando il dialetto bolognese: non quadra). Soprattutto alcune frasi e alcune espressioni lasciano trasparire una volontà di giudizio universale: "il nostro dato momento storico di assoluta piattezza e vuotezza"; "La bellezza e l’eleganza paiono scomparse dal mondo; non v’è nulla di aggraziato." ecc.

E si sa quando si prende un particolare e si vuole risalire sillogisticamente ad una regola, si compiono generalizzazioni che finiscono per banalizzare i concetti stessi.
Ad esempio, personalmente, non condivido e non trovo calzanti né l'esempio di De André relegato a chissà quale nicchia o confraternita elitaria, né quello sulla bellezza esteriore dei manifesti pubblicitari, né il giudizio decadente su di un mondo assolutamente vuoto.

E' vero che viviamo un'epoca storica di individualismo e tempi più veloci rispetto al passato, perciò anche di contatti più superficiali gravati oltretutto di una morale estetizzante (basata sull'esteriorità); tuttavia di pari passo non credo nemmeno in una età dell'oro: nessuno di noi (?) ha vissuto i secoli scorsi e possiamo soltanto intuire quanto le pregiudiziali di bellezza e superficialità fossero imperanti anche nell'età delle corti, dei matrimoni combinati, dei destini sanciti e scritti per nascita.
Possiamo soltanto intuire quanto l'ignoranza e la straccioneria (direbbe il Prof. ) e l'indigenza portassero alla completa rimozione dei libri (...e ci lamentiamo del signore degli anelli!) dal novero del patrimonio individuale e dal bagaglio di tesori che ciascuno di noi - finito non per scelta su questa terra - desidererebbe sentire prima di salutare definitivamente il mondo.
Insomma, forse grossolonamente, non vedo la forte cesura nella continuità tra il comportamento e i gusti degli uomini del passato e quelli del presente, cesura che al contrario tu rimarchi.
Non credo che tutti i contemporanei di Manzoni avessero letto I Promessi sposi, né che ad una lettura di poesie leopardiane si spopolassero i porti e si fermassero i commerci tutti intenti all'ascolto; in buona sostanza dubito che la poesia abbia mai svolto storicamente un ruolo cruciale per l'universalità degli uomini e delle masse.
Per le suddette ragioni oggi non giustifico ma accetto che le cose che ritengo sommamente belle (le arti, la poesia) dimorino comunque ai margini di una società dominata dal materialismo e che tutto sommato scorrano perlopiù inosservate.


Adesso ho sforato pure io... per cui rimando ad un prossimo post la disquisizione sulla poesia e sulle arti.


ciao, g.

vale Inserito il - 15/03/2006 : 20:26:45
cateno sei sempre contorto quando devi spiegare un concetto..vabbè che siamo filosofi..però così hanno ragione gli altri quando dicono che parliamo parliamo e...parliamo.impara ad essere meno prolisso e più diretto..
è un consiglio..tutto qui,non una critica negativa nei tuoi confronti,spero tu non la prenda come tale.

ciao

quark Inserito il - 15/03/2006 : 19:05:30
"Il poeta è un fingitore.Finge così completamente che arriva a fingere che è dolore il dolore che davvero sente", scrive Fernando Pessoa, poeta dell'inquietudine,"così mi sono trasformato nella finzione di me stesso, a tal punto che ogni mio sentimento naturale, immediatamente, appena nasce, mi si trasforma in un senimento dell'immaginazione: il ricordo si trasforma in sogno,il sogno nel dimenticarmi di esso, il conoscermi nel non pensare a me".
L'ispirazione poetica:l'anima come memoria. Così inizia un affascinante capitolo de "Gli equivoci dell'anima" di Umberto Galimberti.Il compito del poeta è di trascendere il tempo e di guadagnare l'eterno. La memoria possiede i poeti rendendoli entusiasti.L'entusiasmo sottrae il poeta dal tempo reale per inserirlo nell'eterno. Si tratta di follia, divina follia che scuote, seduce, ristora l'anima. "Ma chi senza la follia delle Muse si avvicina alla poesia, convinto di diventar poeta per everne acquistato la tecnica, inutile è a lui la sua arte perchè, di fronte alla poesia dei folli, la poesia del saggio ottenebrata scompare." (Fedro, Platone). Fare poesia è essere tempo, creando un rapporto estatico tra l'io e il mondo. Fare poesia è scalfirsi, sanguinare, consapevolemente essere. Fare poesia è "armarsi di divino". Provocare il senso del sacro. Sacro come dimensione folle, variegato di male e bene, dionisiaca frantumazione di ogni dogma, eternità. Il divino è nei folli, nei bambini, nei sognatori,nei poeti...probabilmente perchè vivono il distacco dal reale. Poesia è allora incoscienza? No, poesia è diventare pietra, scarna, piena,addolorata per poi evaporare, appoggiarsi su di un suono, e osservare il fondale, cullando il ricordo di ciò che fu. POesia è coscienza libera, poesia è straripare, sciogliere, strizzare il "sentire" per poi raccoglierlo con la parola. CRedo che far poesia, così come qualsiasi altra forma d'arte, possa essere un modo per indirizzare una società schiva come quella di oggi verso un necessario e più che mai fondamentale "guardarsi dentro".

Scostati da questo brusio
incessante.
Accomodati in te,
urlante palpebra,
spogliati,
e musicando,
saziami di divino.
Poetare è donna e uomo,
bene e male,
incontro carnale
e ceruleo,
squarcio di lavandaie
e spillo di alchimisti,
limoni al sole,
graffi d'inconscio,
tempo senza tempo,
saettante
pittura mentale
ove simbolo
non ha timore
dei cangianti lapilli.


So di non sapere.

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