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 Filosofia della mente e psicanalisi

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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
manzotti Inserito il - 09/04/2004 : 11:58:23
In risposta a molte domande sulle relazioni tra la filosofia della mente e la psicanalisi e, più in particolare, tra la l’inconscio e la mente, vorrei approfittare di questo forum per chiarire la mia posizione.
1) L’inconscio è ontologicamente dipendente dalla mente cosciente. Gli stati mentali inconsci sono, appunto, “mentali” perché contribuiscono direttamente o indirettamente a influenzare la mente cosciente. Per esempio, avrebbe senso parlare di un sogno incosciente? Io credo di no e il motivo è dato dal fatto che il sogno è necessariamente un evento mentale in senso proprio e non derivato e quindi nel momento in cui è privato della sua natura di esperienza (cosciente) non può che scomparire.
2) La fdm in generale (e in particolare la TMA) non ha nessuna posizione pregiudizialmente contraria contro la psicanalisi e l’inconscio. Per esempio, l’obiettivo della TMA è fornire una spiegazione della relazione tra esperienza e realtà fisica. La TMA non ha nessuna pretesa di poter contribuire all’analisi clinica e terapeutica di singole menti (anche se, ovviamente, una teoria della mente non può non determinare effetti su tutto ciò che riguarda la mente e quindi anche gli aspetti clinici)
Questo è più o meno una ripetizione di un mio precedente intervento in questo forum. Volevo aggiungere alcune considerazioni.
L’inconscio è vagamente sospetto per chi si occupa di fdm perché sembra offrire un concetto che presenta la possibilità di una mente non cosciente, o priva di esperienza in senso fenomenicamente rilevante. E’ qualcosa che, in contesti diversi, ricorre in tutta la letteratura sulla fdm da parte di chi cerca di ridurre la mente (l’esperienza cosciente) a qualche cosa d’altro. In contesti diversi dalla psicanalisi mi vengono in mente numerosi altri casi di “inconscio” (è con moltissima libertà che uso il termine in questo caso). Per esempio la mente cognitiva opposta alla mente fenomenica nei testi di David Chalmers (e il caso degli Zombie è semplicemente il caso di qualcuno che ha solo una mente incosciente). Un altro esempio possibile è quello della differenza tra Phenomenal Consciousness e Access Consciousness (credo che in italiano si usino i termini di coscienza fenomenica e coscienza d’accesso). Per esempio Ned Block ha passato molto tempo a discutere di questo problema.
Però però … se ci pensate bene c’è una differenza di fondo tra queste “menti incoscienti” e l’inconscio della psicanalisi. Le prime sono cognitivamente accessibili, mentre l’inconscio di Freud non soltanto è “non cosciente” ma anche cognitivamente inaccessibile se non in misura molto limitata (tanto che c’è bisogno di tecniche specifiche per farlo emergere, cioè renderlo – prima ancora che cosciente – accessibile cognitivamente).
Da un punto di vista della fdm, quindi, il termine inconscio è, non soltanto, pericoloso, ma anche impreciso dato che si riferisce ad attività mentali che oltre a essere prive di esperienza fenomenica sono anche inaccessibili cognitivamente (che è una cosa diversa).
La ragione di questa confusione è che al tempo di Freud non si dubitava affatto della coscienza e si identificava l’accessibilità cognitiva con l’esperienza cosciente. Questa identificazione è stata poi messa in discussione (per esempio nel caso della P-consciousness e della A-Consciousness di cui si diceva prima). Le due discipline (psicanalisi e fdm), nel tempo, hanno seguito evoluzioni diverse e le ripartizioni della realtà che hanno prodotto non si sovrappongono esattamente rendono problematico l’uso del linguaggio di una nel campo dell’altra, e viceversa.
Buona Pasqua!!!
Riccardo

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