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 L'amore nella filosofia

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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
Nina Inserito il - 10/11/2004 : 23:18:50
Me lo sono sempre chiesta...ma i filosofi cosa ne pensano dell'amore? Confesso che i miei vecchi proff. mi hanno sempre indotto a pensare che loro fossero degli "esseri puramente razionali" ma io non l'ho mai pensata così...anzi... vorrei tanto conoscere - se è possibile - come ne parlano loro di questo strano, incommensurabile ed ingenuo - per certi aspetti - sentimento...aiutatemi! So che è una questione bizzarra...ma visto che più o meno "ci capiamo" fatemi conoscere tutto ciò che sapete sull'irrazionalità fatta filosofa che cerca di impersonare "questo amore"...

"Occhi profondi, illuminati solo dal buio sensibile della notte, che generano ombre nei tuoi, ombre di tenera e sviscerata luce ghiacciata che viene sciolta dal sorgere del sole...occhi impossibili, impassibili alla vista sbieca dei comuni osservatori..."
5   U L T I M E    R I S P O S T E    (in alto le più recenti)
eva Inserito il - 13/11/2004 : 23:46:47
[ultima continuazione!]

Per questo occorre “purificarsi”: gradualmente( come nel famoso mito della caverna della “Repubblica” di Platone), occorre “scolpirsi”, “come fa lo scultore che libera dalla materia superflua la forma di una statua, facendola risplendere di bellezza”( Plotino, I,6)
Solo così eros può dimorare in un cuore.
E la ragione è semplice( da qua mischio Plotino con le osservazioni personali).
Perchè la sua forza è di gran lunga più grande dell’amante che lo prova:nel senso che letteralmente lo trascende, annichilisce ogni egoismo, esalta(in senso romantico) l’in-dividuo nel momento stesso in cui lo rapisce in qualcosa che, come diceva Plotino, va oltre la sfera dell’individualità per collocarlo nel divino, cioè in quell’altro-da-lui che gli appartiene, come sua natura e in senso nostalgico( Platone).
Un animo “non puro”( in senso plotiniano: ossia che “non si conosce”, che vacilla in regioni “estranee”, che non rispende di bellezza( che è il principio che dona Unità alle forme e nel far questo le rende belle), e che quindi s’aggrappa alla realtà come divorandola per dipenderne senza trovare quiete), un tale animo, di fronte ad eros semplicemente finirebbe per lacerarsi, trascinando sé e il suo sentimento in qualcosa lontano ed estraneo sia da sé che da eros. Cioè nella pura disperazione e nel più buio e profondo dolore.
Non che non si soffra in amore, ma ho detto:”disperazione”( e qualunque amante, io credo, non negherà mai in cuor suo di sperare: la nostalgia, la tensione verso, il desiderio: questo appartiene ad eros, ma non la disperazione!) e “buio dolore”( cioè cieco. Ma il vero amante “vede”, e vede anche chiaramente).
Se la natura tremenda di questo dio è aniconica, se rivela la sua profondità nell’immagine dell’abisso, allora l’anima si rivela anch’essa della sua medesima profondità.
Per questo si vacilla come in preda a smisurate vertigini, se non si sa scendere in fondo con animo”commosso” ma “ puro”, e soprattutto se quell’abisso non si era ancora imparato a conoscerlo(lo citano tutti l’oracolo di delfi che mi sembra davvero uno spreco non citarlo adesso, ma non lo faccio, si capisce lo stesso).
Forse le ultime brevi osservazioni non erano poi così brevi.
Forse dell’amore- in senso proprio-, come del bello, non se ne può parlare.
Si sente, rapisce, tutto ciò che la parola non sa dire, al cuore non serve: il suo linguaggio è un altro, i suoi occhi sono invisibili.





eva Inserito il - 13/11/2004 : 23:45:57
[continuazione da sopra...]

Un fuoco sottile affiora rapido alla pelle,
e ho buio negli occhi e il rombo
del sangue alle orecchie.

E tutta in sudore e tremante
Come erba patita scoloro:
e morte non pare lontana
a me rapita di mente.”( framm.31,traduzione di Quasimodo).

Mi riaggancio alla passione di questi versi per poche altre brevi osservazioni( anche personali).
E soprattutto per non dimenticarmi la posizione che Plotino assume in tutto questo.
eros , infatti, quale principio divino affine al Bello, è quel tramite esclusivo dell’anima che, liberata e resa “pura” dai suoi vincoli materiali, raggiunge il divino.
Ovvero “torna in sé”, alla sua origine da cui tutto discende e a cui tutto torna.
E lo fa , appunto, perché guidata e attratta da tutto ciò che è simile alla sua stessa natura, il cui riconoscimento avviene appunto “dentro” . E simile alla sua natura è il Bello, sentito come “oggetto d’amore”, quel bello di cui gli oggetti sensibili ne conservano solo le “tracce” e di fronte a cui l’anima si “commuove”, “torna in sé e si ricorda”: come di fronte a uno specchio che si compiace di riconoscersi bello.
Tale è l’anima di fronte all’amato. E la bellezza di eros si rivela appunto come ciò che “mostra l’identico nel diverso”, e che l’amante accoglie “con gioia e turbamento”, con “furore bacchico[..], desiderio di restare con se stessi[…] e lontani dal corpo”.
Condizione essenziale infatti di quella che Plotino chiama la “beata visione” è che l’anima sia “pura”. Perché la visione di eros( e per suo tramite del divino) dentro l’anima, é una visione “invisibile”: si tratta cioè di una “vista interiore”, che non può essere seguita all’esterno, poiché tutto ciò che allontana l’anima da se stessa è ciò che è propriamente estraneo ad essa: la hyle(materia) che “impasta” di male e di bruttezza le anime che sono “cieche “ della loro vera natura.Sono quelle “dissolute e ingiuste”, “turbate e sprofondate nelle paure per viltà”, che vivono una “vita oscura , confusa in gran parte con la morte”. Sono le anime che “non si vedono”.
[continua ancora...]


eva Inserito il - 13/11/2004 : 23:43:20
“se c’è una cosa per cui valga la pena di vivere è contemplare il bello” (simposio)

riprendo da qui, dalle citazioni di Nina, quindi da Platone del Simposio, che a differenza di tutti gli altri dialoghi, dove ceca di “definire” "ti estì" (cos’è) la bellezza, qui pone per la prima volta la domanda: quale facoltà ci permette di conoscerla? E quali sono le condizioni di questo riconoscimento?
Qui cominciano le distinzioni.
Parla infatti da una parte di una sorta di “senso innato”, dove dimora il nus (intelletto) che ha come suo strumento il logos( da legein=connettere, ossia la facoltà della relazione) che ci permette di riconoscere il bello .
Ma il nous rende ragione solo del modo in cui lo conosciamo, ma questo non basta a spiegare cos’è che ci spinge e ci muove verso esso.. questa forza, questa potenza misteriosa è eros.
In tutta la cultura occidentale c’è una relazione fondamentale tra eros e kalòs.
Ma la cosa che prima di tutte colpisce è che eros è una parola priva di etimo: ha anche pochissimi volti…non c’è una divinità meno rappresentata nella cultura greca di eros( è aniconico).
Si prenda Esiodo. Nella “teogonia”(la genesi degli dei) appare già la sua natura: senza volto né radici. E Saffo, che canta "l’amore che scioglie le membra", che disarticola…eros difatti rompe l’unità, ha un agire destituente, disfà l’armonia delle membra. Se gli dei fanno parte della physis (cioè non sono sovrannaturali, non sono prima della physis, v.Esiodo), Eros invece è più antico degli dei, sta prima.
Tornando a Platone.
In un altro suo dialogo, il “Cratilo”, Platone accompagna la parola eros ad altri termini: "imeros" (che indica desiderio) contiene il concetto del fluire, che travolge, e mi porta via verso l’oggetto presente; "pothos", che indica la possibilità, la possibilità del mio essere scagliato verso l’oggetto, verso l’assente( da qui nasce tra l’altro il concetto di “nostalgia”, perché si va verso qualcosa che è assente, che manca). In più Platone aggiunge (ora però non ricordo più quale sia il termine con cui lo indicava) un “movimento riflessivo”, cioè quel lasciarsi catturare da “qualcosa che viene in me”: io sprofondo in me stessa, verso qualcosa che viene verso di me fino a farmi sprofondare in me stessa. Questa è la “riflessione”: movimento in sé ( e non fuori di sé ).
Quindi eros, analizzato nel “Cratilo” , viene identificato con 3 parole che indicano movimento: verso fuori, verso dentro, nostalgia.
Dopo Platone, sempre per quanto ne so, a grandi linee si sono sviluppati 2 filoni( qua chiunque se vuole può correggermi): quello platonico/neoplatonico( che ha il suo perno nel “simposio”) e quello che gioca invece sull’Armonia( ossia il Bello come composizione di parti) a cui si rifà lo stoicismo e Aristotele stesso. Ma non vado oltre questo periodo storico, oltre il quale le mie competenze potrebbero vacillare paurosamente…
Mi riaggancio invece a quei versi di Saffo:
“Eros che scioglie le membra ancora mi squassa,
dolceamara invincibile fiera” (framm. 130)

“ Eros mi squassa l’anima
come vento che al monte su le querce si abbatte”( framm.47)

“A me pare uguale agli dèi
chi a te vicino così dolce
suono ascolta mentre tu parli

e ridi amorosamente. Subito a me
il cuore si agita nel petto
solo che appena ti veda, e la voce
si perde sulla lingua inerte.
[continua...]


Cateno Inserito il - 12/11/2004 : 18:37:21
È difficile definire l’amore. Tutto ciò che se ne può dire è che nell’anima è passione di prevalere, nella mente è simpatia e nel corpo non è altro che desiderio occulto e sottile di possedere, dopo tanti misteri, ciò che si ama. (La Rochefoucauld)

L’amore, in un paese di atei, farebbe adorare la divinità. (Conte di Rochester, citato da Voltaire)

Non dovrebbe esistere un unico bisogno assoluto che renda possibile la diretta esclusione degli altri: l’amore, la vita in comune con persone amate?
Si è soli con tutto ciò che si ama.
Il bisogno d’amore rivela già un dissidio esistente in noi. Il bisogno è sempre indizio di debolezza.
L’ebbrezza dei sensi è per l’amore ciò che il sonno è per la vita.
A chi non piacerebbe una filosofia il cui germe fosse un primo bacio?
Ogni oggetto amato è il centro di un paradiso. (Novalis)

A quello onde tu movi,
quale affetto non cede?
Anzi qual altro affetto
se non quell’uno intra i mortali ha sede?
Avarizia, superbia, odio, disdegno,
studio d’onor, di regno,
che son altro che voglie
al paragon di lui? Solo un affetto
vive tra noi: quest’uno,
prepotente signore,
dieder l’eterne leggi all’uman core. (Leopardi)

Amare è agire in modo da non ottenere nulla in cambio. (Kierkegaard)

Credi che verrebbe in mente a un innamorato di fare una apologia del suo amore, cioè di ammettere che questo per lui non è l’assoluto, l’assoluto senza restrizione, ma che lo pensa insieme alle obiezioni che sono state mosse contro di esso, pensiero da cui nasce poi l’apologia – in altre parole, credi che gli possa o voglia ammettere di non essere innamorato, denunciare se stesso di non essere innamorato? (Kierkegaard)

Il primo periodo dell’innamoramento è sempre il più bello, poiché a ogni incontro ogni sguardo si porta a casa qualcosa di nuovo per rallegrarsi. (Kierkegaard)

Cos’è la giovinezza? Un sogno. Cos’è l’amore? Il contenuto del sogno. (Kierkegaard)

Quando due persone si amano, sottraggono terreno al Leviatano, creano spazi che egli non controlla. L’eros trionferà sempre, come vero messaggero degli dèi, su tutte le creazioni titaniche. Non ci si sbaglierà mai stando dalla sua parte. (Jünger)

L’amore è il volto più temibile di dio e quello più benevolo del diavolo. (mio fratello Carmelo che ha 16 anni)


Un buon aforisma è come l'amore: breve, lascia il segno e quasi sempre è falso.
Nina Inserito il - 11/11/2004 : 16:43:44
"Amare ciò che non si ha ancora a disposizione e non si possiede, non si identifica forse nel desiderare che questi beni restino intatti e presenti anche nell'avvenire? ...Dunque costui e chiunque altro desideri ciò che non è a sua disposizione, desidera appunto ciò che non è presente; e ciò che non possiede e ciò che egli non è e di cui tuttavia sente la mancanza, questo appunto è ciò di cui ha desiderio e amore?..."

Platone - Simposio -

"Occhi profondi, illuminati solo dal buio sensibile della notte, che generano ombre nei tuoi, ombre di tenera e sviscerata luce ghiacciata che viene sciolta dal sorgere del sole...occhi impossibili, impassibili alla vista sbieca dei comuni osservatori..."

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