V I S U A L I Z Z A D I S C U S S I O N E |
giofilo |
Inserito il - 01/04/2009 : 20:12:12 Sitosophia è lieta di annunciare il
Primo incontro del Caffè Filosofico 2009 con
Prof. Alberto Giovanni Biuso docente di Filosofia della mente (Sito web personale)
Cioran e Céline, il pessimismo dell’intelligenza
Giovedì 16 aprile 2009, ore 16.15 Aula 28 - mappa Monastero dei Benedettini - P.zza Dante 32, Catania
Accorrete numerosi!
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3 U L T I M E R I S P O S T E (in alto le più recenti) |
giofilo |
Inserito il - 18/04/2009 : 11:54:10 Ha risposto eccome! Grazie Prof., ci rifletterò sopra.
In momenti come questi, ci si rende conto di quanto il pensiero di Nietzsche sia davvero un abisso...
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Biuso |
Inserito il - 18/04/2009 : 11:23:49 Questione decisiva è quella che lei pone, caro Giovanni. Intanto, una precisazione sulla prima sua citazione: «È il nascere che non ci voleva» non è di Cioran bensì di Céline (in Mort à crédit, Corbaccio, p. 40).
Provo a rispondere partendo da Spinoza. L'idea che la vita dell'uomo libero sia felice e lucida meditazione e accettazione di se stessa, lasciando sullo sfondo la realtà della morte, può costituire l'espressione di una raggiunta e disincantata serenità ma può anche essere una manifestazione di paura, del timore di una sapienza diversa, come quella di Sileno, ironica nei confronti della pretesa umana di conoscere il meglio. Una delle più forti riserve nietzscheane verso Spinoza -che, per il resto, fu per lui un maestro- consiste proprio nel sospetto che l’accettazione del Tutto nasconda la paura degli enti particolari, delle cose, dell'effimero, del tempo; il sospetto che dietro a una sapienza della vita che lo trovava senz'altro concorde ci fosse tuttavia la presenza della vendetta contro il tempo e la morte. Come ho cercato di dire durante il Caffè, dalla sapienza silenica Nietzsche prese le mosse nella prima delle sue opere, la approfondì, contrastò, corresse, riprese nell'insieme -vario fino alla contraddizione- della sua filosofia. E tuttavia non si dà una contraddizione vera tra la Nascita e il Crepuscolo. Essi si unificano, infatti, nella particolare modalità con la quale Nietzsche declina l'ipotesi gnostica che in lui si struttura come congettura di una divinità amorale, nel preciso senso che essa sia al di là del giusto e dell'ingiusto e che dunque i nostri criteri di valutazione -il danno o il vantaggio per la specie che siamo- non possano assurgere a norme incondizionate dell'essere. Gli uomini allora si trasformano per Nietzsche in epifenomeni, manifestazioni irrilevanti di un cosmo perfetto perché senza vita né volontà né criteri morali, veramente al di là del bene e del male.
Il filosofo vuol benedire il mondo e le cose tutte, fa dello spinoziano Amor fati la propria divisa. La sua intenzione e desiderio più grande è di restituire al reale l'innocenza perduta. Questo è il suo lato solare e insieme ebbro, l'unità finalmente raggiunta di apollineo e dionisiaco, il grande sì pronunciato al cospetto di tutte le cose. Ma Nietzsche non è solo questo. La sua contraddizione più grande sta nella negazione della benedizione, nel riconoscimento della malvagità del mondo, frutto di un qualche errore. È il nichilismo il tema più autenticamente gnostico di Nietzsche. E dunque la sua, Giovanni, ipotesi che nel pensiero nietzscheano rimanga al fondo una forte componente di condanna del “peccato” che è l'esistere mi sembra senz'altro plausibile. Della gnosi, infatti, Nietzsche condivide, spesso contro la propria volontà e la propria speranza, la tesi di un male ontologico iscritto nel codice genetico degli esseri viventi, un male che tuttavia (ponga molta attenzione a questo!) ha solo un'assonanza con la tesi biblico-agostiniana del peccato originale, tesi che sia la gnosi sia Nietzsche respingono.
In ogni caso, la gnosi intesa come conoscenza profonda, ampia, radicale e liberatrice (la gaia scienza) costituisce il nucleo da cui si genera l'antropologia nietzscheana: non il peccato d'origine redimibile dalla grazia, come in Agostino; non l'illusione di una bontà originaria, come in Rousseau, ma la contraddittoria e sempre in bilico consapevolezza di un male che soltanto la sapienza filosofica può comprendere e -in questo senso- accettare, senza ingenuità, facili consolazioni, disperati rifiuti. Nietzsche intende oltrepassare sia la disperazione antropologica di Agostino che il moderno ottimismo progressista sugli orizzonti radiosi dell'umano. Posti nell'alternativa di «scegliere tra la morte o la possibilità di rivivere l'infanzia», Agostino è certo che tutti preferirebbero morire. Nel fatto «che la vita cominci nel pianto e non nel riso», egli coglie l'annuncio dei mali che verranno. Curiosamente, aggiunge che solo di Zarathustra si dice «che alla nascita abbia riso» (La città di Dio, XXI, 14)...ed è proprio lo Zarathustra di Nietzsche ad esaltare il riso e a voler rivivere non solo l'infanzia ma l'intera esistenza. Lo Übermensch intende oltrepassare sia l'eccesso dell'ottimismo utopistico che quello del nichilismo gnostico. E dunque, per tirare le fila e cercare di rispondere alla sua domanda, Nietzsche conserverà sempre la saggezza di Sileno della “tragedia della nascita” coniugandola costantemente al nucleo più profondo del suo pensiero, che consiste nella convergenza totale -fusione, quindi- del disincanto della visione con la tenacia dell'esistere, con «il fatto fondamentale dell'istinto ellenico - la sua "volontà di vivere" »
Quindi, la cosa migliore è non nascere ma una volta nati...non “morire presto” -come afferma Sileno- bensì voler rivivere ancora, come insegna Zarathustra. È anche questo, secondo me, il vortice insieme etico e metafisico di Nietzsche, al quale ho cercato di dare il nome di «benedizione», una parola completamente nietzscheana. Sono stato troppo lungo ma spero di aver risposto!
agb «Vivere con immensa e superba imperturbabilità; sempre al di là» (Nietzsche)
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giofilo |
Inserito il - 18/04/2009 : 10:12:38 Riprendo anche qui quel mio dubbio espresso alla fine e concernente la compresenza del "non così fu, ma così volli che fosse" nietzscheano e della tragedia della nascita ("è il nascere che non ci voleva", Cioran).
Ecco cosa dice Nietzsche a proposito dei Greci (e proprio dai Greci il Prof. Biuso è partito):
| soltanto nei misteri dionisiaci, nella psicologia dello stato dionisiaco si esprime il fatto fondamentale dell'istinto ellenico - la sua "volontà di vivere". Che cosa si garantivano i Greci con questi misteri? La vita eterna, l'eterno ritorno della vita; l'avvenire promesso e consacrato nel passato; il trionfante sì alla vita oltre la morte e la tramutazione; la vita vera, come sopravvivenza collettiva attraverso la procreazione, attraverso i misteri della sessualità. (...) Soltanto il cristianesimo, fondato sul risentimento contro la vita, ha fatto della sessualità qualcosa di impuro: ha gettato fango sul principio, sul presupposto della nostra vita.
Crepuscolo degli idoli, Adelphi, pagg. 136-137
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Quel pomeriggio ho espresso male la domanda ma ora, dopo aver ripescato e riletto questo passo, mi si schiarisce il dubbio: questo problema della nascita mi sa (per non dire "mi puzza") paradossalmente di cristianesimo, di peccato originale ("ognuno espia il suo primo istante", Cioran), di nascita nel peccato, di parto nel dolore.
E questo mi crea qualche problema.
Innanzitutto perché abbiamo seguito tre pensatori (Cioran, Céline e soprattutto Nietzsche) che al cristianesimo fanno degna sepoltura.
Secondariamente. Il Prof. ha detto, tra le molte altre, una cosa per me interessante: Cioran si ferma al Sileno de La Nascita della tragedia, mentre Nietzsche da esso parte, non fosse altro che l'opera del 1872 è la sua prima. Riporto il passo a cui mi riferisco:
| L'antica leggenda narra che il re Mida inseguì a lungo nella foresta il saggio Sileno, seguace di Dioniso, senza prenderlo. Quando quelli gli cadde infine tra le mani, il re domandò quale fosse la cosa migliore e più desiderabile per l'uomo. Rigido e immobile, il demone tace; finché, costretto dal re, esce da ultimo fra stridule risa in queste parole: 'Stirpe miserabile ed effimera, figlia del caso e della pena, perché mi costringi a dirti ciò che per te è vantaggiosissimo non sentire? Il meglio è per te assolutamente: non essere nato, non essere, essere niente. Ma la seconda in secondo luogo migliore per te è - morire presto'. In che rapporto sta con questa saggezza popolare il mondo degli dei olimpici? Nello stesso rapporto in cui la visione estatica del martire torturato sta rispetto ai suoi tormenti. |
Dunque, mi chiedo:
1) se l'uomo greco creò l'apollineo mondo degli dei olimpici per sopportare la dionisiaca saggezza del Sileno e "tirare avanti la vita" nelle sue pulsioni, nella sua sessualità e nella sua procreazione, perché noi non dovremmo?
2) entrambi i due brani parlano di misteri o saggezze dionisiache. Ma quale delle due dobbiamo ascoltare? A me sembrano due concezioni talmente contrapposte (mentre potrebbero non esserlo!).
Mi fermo qui: perché non riesco ancora a chiarire e chiarirmi meglio la faccenda e per non rischiare di dire corbellerie
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