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 Mente
 Il corpo come macchina ontologica

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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
Elgheb Inserito il - 19/08/2004 : 00:55:17
Rispolvero tra le pagine dei miei appunti circa l'ultimo esame che ho fatto, un sunto schematizzato di un saggio interessante che scrisse il neurobiologo Francisco Varela. Come si capirà facilmente, il titolo di tale saggio è il medesimo del thread.

Viene affrontato il problema della conoscenza. Ci s'interroga se essa è da intendere come costruzione di una realtà o come rappresentazione di un mondo dato. L'obiettivo di Varela è mettere in luce una via di mezzo tra questi due estremi, una metaposizione, una co-definizione tra soggetto che conosce e oggetto conosciuto.

Viene spiegata la scelta di affiancare alla parola "corpo" quella di "macchina", ovvero la ricerca di un meccanismo, un processo per la costituzione della realtà.
Per analizzare ciò, secondo Varela, non bisogna trascurare la sensorialità e la motorietà, necessari per trovare un punto di contatto tra soggetto e oggetto della conoscenza.
Tramite la biologia sperimentale e la tecnologia assistiamo alla creazione di una realtà virtuale. Spiega il neurobiologo che con l'ausilio di un casco, il quale trasmette al cervello uno spazio tridimensionale e un guanto dotato di fibre ottiche, viene riprodotta nel cervello del soggetto una realtà virtuale dove egli può interagire. «La cosa interessante è che, superata una sensazione molto strana che dura i primi dieci minuti, si dimentica la realtà conosciuta e ci si ritrova in un'altra realtà, assolutamente convincente. L'esperienza è reale» così testimonia Varela. Da questa osservazione il nostro ci parla di codefinizione della circolarità del vivente per affermare che «i colori, le forme, le distanze ed il tempo non sono qualcosa che si trova al di fuori di noi, ma sono profondamente collegate a noi».
Dunque, prosegue Varela, «la logica del sistema nervoso è l'autoreferenzialità che si manifesta nell'accoppiamento senso-motorio. La sensorialità del corpo viene definità un fenomeno di emergenza poichè fa emergere un nuovo mondo, una nuova realtà»

Pertanto il buon Varela analizza dal punto di vista biologico la conoscenza intesa come «risultato di un far emergere», l'output della macchina ontologica quale è il corpo.
Definisce un nuovo paradigma del mentale, contrapposto al cognitivismo e al connessionismo, e parla di viabilità. Similmente alla macchina della realtà virtuale, c'è una sovrabbondanza di mondi possibili e non ce n'è uno e uno solo che corrisponde alla verità.
Per meglio comprendere Varela suggerisce di immaginare che «per il nostro corpo, in quanto apparato senso-motorio, è impossibile separare l'emergere di quello che ci è familiare, del nostro mondo sensoriale, da tutto quello che abbiamo fatto per stabilizzarlo». Per cui si parla di codefinizione, dove «mondo e sistema conoscitivo non sono più due termini separati».

Detto questo Varela conclude il saggio con alcune considerazioni: ribadisce che la conoscenza non è frutto di una costruzione del soggetto conoscente nè una rappresentazione di un mondo dato, ma di una codefinizione. Da qui pone l'attenzione su possibili conseguenze di questo punto di vista.
«Bisogna smettere di cercare un fondamento al sapere. L'assenza di un punto di riferimento, sia all'interno che all'esterno, porta a ripensare il fenomeno della conoscenza come un processo senza fondamento, anche nell'ambito della scienza e non solo in quello della filosofia. Abbracciare il punto di vista della non-fondazione» secondo Varela «implica cambiare la nostra consapevolezza, e renderci responsabili della mancanza di fondamento. Bisogna accettare e tener conto che la nostra conoscenza non ha un punto di riferimento unico».

Mi auguro di non essere stato troppo lungo nell'esposizione e non cadere vittima del frustino


"Considerate la vostra semenza:
fatti non foste per viver come bruti,
ma per seguire virtute e canoscenza"
1   U L T I M E    R I S P O S T E    (in alto le più recenti)
Biuso Inserito il - 17/12/2004 : 15:30:11
Riprendo questo interessante intervento di Elgheb perché, a proposito di Varela, in occasione dell’ultima tornata di lauree sono stato correlatore di una tesi redatta sotto la guida della Prof. Condorelli. L’autrice è Angela Pintagro, il titolo L’“emergenza” della mente in Francisco Varela. La prospettiva eclettica e complessa di Francisco Varela si pone all’incrocio tra biologia e filosofia, nel quale la conoscenza non è «un processo astratto e logico, né si riferisce ad un fenomeno che si realizza unicamente nella teca cranica (…) Al fenomeno conoscitivo concorre, invece, la totalità del sistema vivente» (Tesi, p. 33). Anche per Varela e per il suo maestro Maturana si potrebbe quindi parlare di una Teoria della Mente Allargata, una mente distribuita e non localizzata in qualche punto specifico del cervello, una mente frammentaria perché non riconducibile all’unità di risposte fisiche sempre identiche, una mente che emerge dall’intersezione costante e biunivoca di corpo e mondo. Quella delineata da Varela è «una mente biologicamente incarnata e fenomenologicamente vissuta» (p. 8), capace quindi di coniugare i risultati delle scienze del corpo con lo sguardo fenomenologico sul soggetto, sul mondo, sul tempo vissuto.

Questa eccellente Tesi di laurea riesce a dar conto di tali tematiche e in particolare della dimensione epistemologica della prospettiva di Varela, una dimensione alla quale lo studioso teneva particolarmente. E lo fa attraverso una analisi accurata della struttura embodied della mente –oggetto del capitolo centrale, più complesso e più ricco del lavoro. Capitolo preceduto da una introduzione generale e molto chiara ai concetti di sistema, di autopoiesi, di enazione, di emergenza e seguito da una sintesi delle teorie del mentale che ha lo scopo di marcare l’originalità e le fecondità della prospettiva che Varela ha sintetizzato col termine di Neurofenomenologia. Una definizione che esprime con efficacia il tentativo di oltrepassare ogni dicotomia fra soggetto e oggetto, io e mondo, interiorità e natura, superare quindi ogni dualismo senza però cadere nelle forme più semplicistiche e pregiudiziali di eliminativismo.

Pintagro segue il percorso di Varela con competenza e con evidente partecipazione arrivando alla conclusione che la mente emerge come una proprietà legata all’insieme dei neuroni, delle sinapsi, dei collegamenti fisici e chimici dell’intero sistema nervoso, senza che però essa si possa collocare in nessuno dei punti materiali della realtà fisica, per la ragione semplice ma fondamentale che la dimensione neuronale diventa mentale solo mediante la costante relazione che l’intero corpo intrattiene –tramite le sue strutture sensorie e motorie- con l’ambiente fisico, sociale, culturale nel quale esso è immerso. Ed è per questo che la conoscenza può essere definita come «l’azione dell’organismo nel mondo» (p. 34). Al di là dei riduzionismi e dei dualismi –spiegazioni opposte ma accomunate dalla incapacità di render davvero conto del mentale- Pintagro propone, sulla scorta di Varela, una propria definizione della mente come «eterea concretezza» (pagg. 4-5), proposta che mi è sembrata suggestiva ma anche efficace.


agb
Sono figlio della Terra e del Cielo stellato
(Lamina orfica di Hipponion)

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