V I S U A L I Z Z A D I S C U S S I O N E |
Biuso |
Inserito il - 10/11/2007 : 15:58:50
Natura/Cultura, ambiente/geni, educazione/dna, sono alcune delle opposizioni che si fronteggiano nel tentativo di comprendere le radici e i modi dell’agire di ciascun essere umano. Ma si tratta di dualismi che vanno oltrepassati perché le fonti del nostro agire sono tante, complesse e tutte incidono sul risultato. È quanto emerge anche nell’articolo dedicato a Genetica e comportamento. Probabilmente, ha ragione Hillman quando propone di porsi oltre le reciproche ed escludenti assolutizzazioni dell’ereditarietà e dell’ambiente poiché si ha come «l’impressione che debba esserci qualcos’altro, al di là dell’educazione e dell’eventuale ereditarietà, una qualche lacuna nella loro anima, o addirittura una mancanza di anima» (Il codice dell’anima, Adelphi 2006, pag. 286). Questa radice dell’umano, delle sue vicende, della sua necessità, è definita da Hillman con l’espressione «ghianda». Una parola dalle risonanze ancestrali, immersa nella potenza dell’albero antico e più forte –la quercia-, intrisa di fecondità –il glande-, significante un nucleo originario e potentissimo che nessun ostacolo né scelta né condizionamento esterno possono intaccare: «noi nasciamo con un carattere; che è dato; che è un dono» (Ivi, 22), questo daimon non ci abbandona mai, esso consiste non in ciò che facciamo ma nel modo con cui agiamo in ogni circostanza, incontro, situazione, decisione, angoscia e gaudio della nostra esistenza. Tale il significato dell’affermazione di Eraclito per la quale «ethos anthropoi daimon».
Il fatto che siamo costituiti da una varietà di strutture –innate e acquisite- è mostrato anche da un’esperienza apparentemente banale ma in realtà molto significativa: un trasloco. L’ansia, la preoccupazione, la tristezza che si provano nel cambiare abitazione non è data soltanto dalla fatica e dal disordine (o dalla spesa…) ma dall’essere la casa «una sorta di “pelle psichica” che serve a proteggerci. È proprio la necessità di rinunciare almeno temporaneamente a questa pelle, per vivere in un luogo che non è –ancora- a nostra misura, a creare disagio e inquietudine» (M&C, 41).
La nostra vera e paradossalmente costante dimora è in realtà il tempo. Il caso clinico della signora J., che aspetta ogni sera il rientro del marito pur sapendo perfettamente che è morto da anni, è dovuto a una lesione del talamo -organo che funziona come un cronometro che dà ordine ai ricordi- e dei lobi frontali: «basandosi su meccanismi ritmici a livello dei neuroni talamici, un’area corticale frontale valuta il tempo che passa: utilizzando le competenze spaziali del lobo parietale, il lobo frontale classifica i ricordi secondo un ordine cronologico, dando alla memoria quell’idea di continuità che la caratterizza» (57).
Tra gli altri articoli di questo numero, è per noi ovviamente interessante il dialogo sulla felicità tra il fisiologo Vittorio Gallese (quello dei neuroni specchio) e la filosofa Roberta De Monticelli, i quali cercano di gettare un ponte tra i saperi andando al di là dei riduzionismi scientisti e dei pregiudizi teoretici verso le scienze. Gallese si pronuncia contro «la metafisica dello “scatolino”» e cioè la ricerca dei diversi gruppi di neuroni che da soli spiegherebbero ogni cosa, dal carattere alla storia di ciascuno, dalla timidezza al senso per gli affari, dal linguaggio all’amore…una metafisica che avrebbe «viziato molta parte delle neuroscienze del Novecento e pure un filone del programma dell’intelligenza artificiale» (74). I due studiosi concordano anche sulla centralità del Corpo. «Il paradigma logocentrico e cartesiano del cognitivismo classico –afferma Gallese recuperando la terminologia di Jacques Derrida- si rifiuta di vedere l’importanza della presenza corporea, della dimensione pragmatica dell’esistenza, in cui il soggetto è costitutivamente intersoggettivo. Siamo ancora in pochi a dire queste cose» (74). Lo scienziato conclude osservando che «tutti fanno filosofia, anche chi fa scienza. c’è chi lo fa in modo consapevole e chi no. Nel momento in cui iniziamo a parlare di intersoggettività, empatia, emozioni, libero arbitrio, bisogna mettersi d’accordo su che senso dare a questi termini. Su queste tematiche la fenomenologia può dire cose interessanti anche per un neuroscienziato. È imprescindibile un rapporto con la filosofia, perché queste domande devono essere formulate in modo corretto per presumere di avere risposte corrette» (75).
agb «È il possesso culturale del mondo che dà la felicità» (Pasolini)
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